Quei morti non li ha ammazzati il coronavirus. Un’altra strage all’italiana

(di David Rossi)
15/04/20

Esiste una seconda epidemia, parallela alla pandemia da COVID-19, che ha fatto oltre la metà, in alcune regioni d’Italia e d’Europa oltre i due terzi delle vittime semplicisticamente attribuite al solo coronavirus. Si è insidiata soprattutto nelle caserme, nelle RSA1, nelle case di riposo, nei centri di riabilitazione e sulle grandi navi, facilitando la diffusione del più noto COVID-19, ma poi assestando il colpo di grazia ai pazienti più fragili e risultando quindi più devastante del COVID-19 stesso, che ormai l’OMS stima dieci volte più letale dei virus influenzali comuni.

Nessun esame autoptico la riesce a rilevare, questa seconda epidemia. Nessun virologo né epidemiologo ha approntato studi né ha rilasciato interviste su di essa.

Esiste una strategia del silenzio, dovuta al fatto che questo secondo virus è persino più furtivo e nascosto del coronavirus, il quale per quasi tutto l’inverno è andato a spasso per l’Europa e gli Stati Uniti, confondendosi con l’influenza stagionale e facendosi scudo della stupidità dei governanti e dei loro consiglieri. Questo secondo virus ha trovato, sembra di capire, degli anticorpi naturali in pochi Paesi, soprattutto a Taiwan, quest’ultima condannata alla damnatio dall’OMS per compiacere quei galantuomini che guidano la Cina comunista e sponsorizzano la stessa OMS a suon di donazioni milionarie.

Proprio la Cina, viceversa, è ascoltatissima da tutti i governi occidentali, a partire da quello italiano: un po’ come se nella primavera 1986 Craxi, la Thatcher, Kohl e Reagan si fossero fatti dare indicazioni dal Cremlino su come gestire l’emergenza della nube radioattiva scaturita a Chernobyl.

Ma torniamo al nostro secondo virus: i laboratori di Difesa Online lo hanno di recente decodificato. Adesso, possiamo annunciarlo al mondo: signore e signori, da due mesi e mezzo, circolava indisturbato nelle cancellerie nazionali e locali, nei ministeri e negli assessorati, nelle organizzazioni assistenziali e nelle strutture militari. Noi, lo abbiamo tracciato e isolato e ne proponiamo la fotografia a favore dei lettori e della comunità scientifica. A onore del fatto che ha circolato liberamente prima di tutto nella regione Lombardia, per poi aggredire anche Madrid, Parigi, Bruxelles e New York, lo chiameremo… Regionella. Si compone di una catena di quattro aminoacidi così composta:

  • Mancanza o carenza di pianificazione sistemica preventiva e coerentemente applicata per le emergenze biomediche2;

  • Mancanza di scorte strategiche e di una supply chain per le emergenze suddette3;

  • Mancanza di leadership e di una catena di comando in ambito sanitario a fronte, in molti Paesi come il nostro, di una gestione delegata a livello regionale e poco come affronta un’emergenza nazionale e globale;

  • Incapacità di intelligence, di raccolta dati e informazioni, di loro elaborazione, di previsione di scenari a livello locale e nazionale, senza farsi influenzare da scelte politiche di cortissimo respiro.

Il nostro laboratorio ha ricevuto da Berna, in Svizzera, dei campioni di anticorpi contro il virus della Regionella, prodotti in loco: dal 2018 il direttorio federale elvetico aveva predisposto un piano per gestire una pandemia in Svizzera. Se cliccate sul link, potrete leggere questo report molto dettagliato, di ben 128 pagine, che affronta tutte, ma proprio tutte le sfide di una pandemia, compresi gli aspetti etici e politici, l’assistenza medica e le misure di separazione, la creazione di stock di materiali sanitari e la gestione della crisi economica. Sarà un caso che un territorio paragonabile per popolazione ed economia a quello lombardo, colpito in modo massivo dal COVID-19, con un sistema sanitario pubblico-privato come quello lombardo, con una tradizione di autonomia locale analoga, abbia un rapporto morti-per-milione-di-abitanti ben nove volte inferiore4? Non è un caso che il rapporto si apra con un tremendo monito di Benjamin Franklin: se fallisci nella pianificazione, pianifichi un fallimento. E in effetti, il fallimento l’abbiamo pianificato bene.

In Italia sono in corso indagini delle Forze dell’ordine, quindi preferiamo non puntare il dito contro nessuno: lo stanno facendo già altri media, non meno autorevoli di Difesa Online. Tuttavia, ci pare che, al di là della metafora della “Regionella”, si stiano mettendo in croce interi Paesi (Italia, Spagna, Francia ecc.) per una pandemia gravissima, capace di mettere alla prova il sistema sanitario forse il doppio di quanto fecero l’Asiatica nel 1957 e la Hong Kong nel 1968, entrambe cause di forme di polmonite atipica, ma pur sempre… non la sola causa delle stragi di cui leggiamo ogni giorno.

Ministeri e Protezione civile si guardano bene, in buona fede pensiamo, dal dare ai media nazionali dei dati dettagliati per province o per comuni, a indicare quanti sono i morti negli ospizi e quanti negli ospedali e a casa. Tuttavia, siamo riusciti a raccogliere statistiche interessanti in relazione alle province e ai comuni del Nord Italia più colpiti dai lutti. Ebbene, ci troviamo di fronte a situazioni incredibili, in cui le morti da COVID-19 accadono in veri e propri formicai impazziti, gestiti da personale sanitario lasciato senza istruzioni, con indicazioni dai governi locali a dir poco fuori contesto se non folli. Insomma, veri e propri casi di Regionella.

Il risultato? Si può ragionevolmente sostenere che fra il 50% e due terzi dei morti positivi al COVID-19 lo avevano contratto in quanto ospiti in RSA, centri di riabilitazione, case di riposo ecc. Per non parlare di monasteri, caserme, navi della marina, navi da crociera ecc. Prendiamo due piccoli centri del Nord Italia, identificandoli con le prime due lettere dei loro nomi: CH di 19.000 abitanti e CO con 8.600 anime. La storia sarebbe la stessa in quasi tutti gli altri, ci soffermiamo sui 45 e 36 morti positivi al coronavirus registrati in queste due piccole località fino al giorno 8 aprile. Ebbene, un’enorme parte dei decessi, rispettivamente 30 e 24, cioè DUE TERZI sono avvenuti in RSA. Signori, questi non sono morti perché era giunta la loro ora o perché il COVID-19 non lascia scampo: sono stati sterminati da ignoranza, disorganizzazione, inefficienza, carenze organizzative gravissime.

Stiamo esagerando? Se non credete a Difesa Online, leggete che cosa pubblica il Corrierone5:

Passate tre settimane dall’inizio dell’epidemia, da metà marzo, le bare iniziano ad accumularsi nelle camere mortuarie, nelle palestre, nelle cappelle, fino a sfociare in problemi di "smaltimento": al Trivulzio muoiono oltre 70 anziani a marzo e più di 80 ad aprile; al Don Gnocchi, 87 a marzo e anche più nei 15 giorni successivi; a Mediglia, quasi 70 cadaveri su 150 ospiti; al Corvetto, tra 400 ospiti, i decessi arrivano al 25 per cento. Un’onda che ancora non si ferma. Infermiere del reparto "cure intermedie" al Don Gnocchi, due giorni fa: "In due giorni sono morti due pazienti, in tutto qui se ne saranno andati una decina. Molti sono stati dimessi. Andrà a finire che chiuderanno anche noi". Un medico del "Montini": "C’è un via vai di carri funebri che fa spavento".

Persino i sindacati sono allarmati: dopo tutto, medici e infermieri non sono meno a rischio dei pazienti:

Nelle case di riposo della Bergamasca…, alcune strutture hanno ricevuto la visita dei carabinieri del Nas dopo alcune segnalazioni…. Secondo le stime, sono 1500 i decessi avvenuti nelle 65 Rsa della provincia… pari al 25% degli ospiti.

Per capirsi, a credere a queste cifre, il 2% dei morti di COVID-19 nel mondo è avvenuto nelle case di cura di due province italiane…

Questo vuol dire che se avessero gestito al meglio questa fase - leggete nel rapporto di Berna cosa avrebbero dovuto fare - probabilmente la mortalità dell’Italia sarebbe a livello di quella della Germania o della stessa Svizzera. La differenza qualcuno ce l’ha sulla coscienza: e non è certo il destino. Proprio questo massacro ci ha costretti a un locking-down gestito spesso dagli stessi ambienti in cui la Regionella dilaga incontrollata.

Vogliamo parlare della gestione dell’emergenza nelle caserme? Nelle navi della Marina militare? Sì, facciamolo. Vi lascio la e-mail: geopolitica@difesaonline.it per raccogliere le vostre testimonianze sull’emergenza COVID-19 nelle strutture militari, negli ospizi e non solo. Raccontateci, al di là di metafora, tutti i casi di cui siete stati testimoni di mancanza di una gestione sistemica dell’emergenza. Garantiremo l’anonimato a tutti, indicando solo il nome proprio. Scriveteci entro e non oltre venerdì 24 aprile.

1 Residenze sanitarie assistenziali.

2 Pensate se i terroristi islamici avessero fatto un attacco con armi biologiche…

3 Sono l’unico che pensava che i governi avessero da parte una scorta strategica di mascherine e guanti?

4 Oltre 1.100 morti per ogni milione di abitanti in Lombardia, 136 in Svizzera…