La Sciarada del dittatore: gli interessi di Lukashenko dietro la crisi dei migranti

(di David Rossi)
19/11/21

“Io lavoro solo per me stesso” così, fra risa e grugniti, dice a un certo punto il protagonista del film di animazione giapponese Porco Rosso. Ecco, anche Alexander “Sasha” Lukashenko potrebbe dire lo stesso, in relazione alla crisi dei migranti fra Bielorussia e Polonia.

Possiamo, infatti, sgombrare subito il campo dai due principali attori non protagonisti di tutta la vicenda, che da più parti si è tentato di portare al centro della scena, facendo solo il gioco del satrapo di Minsk: Mosca e Varsavia non sono il partner segreto di Sasha in tutta questa storia. Non lo sono perché non vogliono esserlo, dato che conoscono chi dà le carte e quale posta c’è in palio. E sanno bene che non è la loro partita.

Ma andiamo per ordine. La crisi nasce da una bizzarra quanto spregiudicata campagna marketing con cui il regime bielorusso ha fatto incetta di poveri cristi in giro per il mondo: Iraq, Africa, Afghanistan…

Li ha fatti affluire nella “Russia Bianca” con la promessa di agevolarne l’ingresso legale nell’Unione Europea: l’intera operazione è stata messa in piedi perché a nessun clandestino sano di mente è mai passato per l’anticamera del cervello l’idea di attraversare le steppe dell’Est Europa per arrivare in Germania, Paesi bassi, ecc.

Una volta costituita una “legione” di potenziali richiedenti asilo li ha portati alla frontiera orientale dell’Unione europea, sul modello di quanto da anni la Turchia di Erdogan va facendo nel Sud-Est dell’UE, e li ha fatti spingere con la forza a reclamare l’ingresso nel Paese di Bengodi, avendo davanti le guardie di frontiera e il filo spinato polacchi e alle spalle i fucili dei Bielorussi.

A questo punto è avvenuta un’intesa di amorosi sensi fra due partner quanto mai diversi: da una parte, l’omofobo, truculento e tirannico Sasha; dall’altra i liberal e le anime belle occidentali, a cui la Polonia, cattolica, antiabortista e non gay-friendly, sta sulle scatole da molti anni. Così, l’orco slavo e la principessa liberal hanno partorito una campagna stampa con i bambini al freddo, le mamme che allattano nella neve e i padri disperati, cannoneggiati e schiacciati dai cattivi polacchi.

Intanto, la Polonia si è goduta, si far per dire, i flash dei media mondiali, dipinta un po’ come una dittatura catto-reazionaria in combutta con Minsk e un po’ come la vittima dell’ennesimo complotto di Putin. O forse Varsavia era in affari con Sasha, che così le ha servito l’opportunità di ricattare l’Unione europea? Insomma, o accettate come vanno le cose in Polonia o facciamo passare migliaia, forse milioni, di profughi, che tanto non si fermano certamente qui da noi? Falso. Si fermano eccome: come l’Italia e Malta ben sanno, il Paese di prima accoglienza si tiene i richiedenti asilo, punto e basta. A Varsavia non hanno, quindi, mai pensato di puntare una pistola spuntata alle tempie di Bruxelles.

E Mosca? Il dominus della crisi sta forse al Cremlino? Nemmeno lì. Perché in realtà Putin ha messo il naso in questo marasma solo per dire che gli Europei sono ipocriti e che… Lukashenko non si deve permettere di minacciare gli Europei di bloccare il gas russo in transito dalla Bielorussia, perché in definitiva farebbe così un enorme danno proprio alla Federazione russa. Non è che possono bere il gas col tè, se non lo mandano in Europa…

Torniamo, allora, a Minsk. Il despota bianco-russo è l’uomo che ha orchestrato la più grande truffa ai danni di poveri cristi degli ultimi anni, un vero e proprio sequestro di persona di massa. È lui che li ha spinti alla frontiera polacca e che li tiene premuti con la forza contro le transenne. È lui che ha attaccato l’Europa a costo di far danno, anche solo potenzialmente, al Fratello maggiore a Mosca. Insomma, come Porco Rosso, ha lavorato per sé stesso.

Come mai? Per mungere le vacche dei vicini e ottenere soldi dall’Unione europea e più soldi dalla Russia. Lo ha fatto perché ormai nelle vie di Kiev, Riga e Londra si sente parlare con accento bielorusso in quasi tutti gli incubatori di startup: programmatori, inventori, professionisti, tecnici specializzati e il meglio dell’intellighenzia della Bielorussia sono stati costretti a fuggire, non solo a causa delle persecuzioni contro le opposizioni, ma per il clima di intolleranza e repressione che si respira nel Paese. Dove sono rimasti solo operai poco qualificati, agricoltori e pensionati, a cui qualcuno deve pagare lo stipendio. Così, per disperazione, l’ex direttore di una fattoria collettiva sovietica si è dato alla truffa, al rapimento e alla violenza.

Non bastavano gli arresti arbitrari e i dirottamenti aerei. Attenzione: quest’uomo potrebbe rivelare altri talenti malefici…

Concludiamo ancora con Porco Rosso: “Se guadagni dalla guerra, sei feccia. Se non puoi fare soldi con la caccia alle taglie, sei un idiota!”

Foto: Cremlino / presidency of the republic of Turkey