Il ministero della Propaganda: passano i ministri, rimane il vizio...

(di Andrea Cucco)
10/06/19

Da troppi anni si millanta la ricerca di una “cultura della Difesa” e poi ci si lava le mani. Troppo impegnativo e al di sopra delle proprie capacità? Forse. Più probabile che sia troppo alieno in Italia mantenere coerenza tra pensiero, parola e azione.

Durante l’amministrazione Pinotti si è vietato - salvo limitatissime e fidate eccezioni - ogni contatto con l’Aeronautica Militare che coinvolgesse il miglior caccia “omnirole” di 5a generazione in servizio (v.articolo) e si è taciuto sul “risparmio” derivante dal primo taglio agli F35: persi 4-5 miliardi e oltre 40 velivoli (v.articolo)! Troppo rognoso rispondere con coraggio su un programma dolosamente sputtanato?

Si sono poi quasi azzerati gli embedding dei giornalisti al seguito dei nostri militari nei teatri operativi (v.articolo). Troppo fastidioso rischiare polemiche ma anche avere informazioni preziose?

Il portale del ministero della difesa è stato infine utilizzato come una pagina elettorale dedicata al ministro, non alle Forze Armate!

In prossimità delle consultazioni divenne uno stucchevole cartello di propaganda. Tale abuso è stato denunciato da questo giornale (v.articolo). Il ministro Pinotti, alla fine, non fu eletto nel suo collegio “blindato” al primo turno.

Il ministro del cambiamento

Con l’arrivo del ministro 5 Stelle Elisabetta Trenta l’entusiasmo fu ampio e sincero. Anche io - contro le serie e argomentate perplessità della redazione - ho accolto con favore la novità, in fondo “dopo la Pinotti... sarebbe andato bene anche Bin Laden!” - amavo scherzare (esagerando) in privato.

Nei primi mesi, dopo l’insediamento della Trenta abbiamo portato a conoscenza i veti su F-35 ed embedding. Eravamo convinti che, dopo il precedente ministro, nulla sarebbe potuto andare peggio per la stampa.

Dalla Pinotti alla brace...

Nell’arco di un anno il consenso ottenuto tra il personale in divisa dal ministro Trenta si è pressoché azzerato. Le ragioni sono molte, tuttavia possono essere sintetizzate: troppo comodo per un politico - soprattutto se nemmeno "autonomo" - lavorare in un ministero costantemente ossequioso.

Il vergognoso abuso nell’utilizzo delle pagine istituzionali per la propaganda PERSONALE è cambiato? Sì, è peggiorato.

Basta osservare cosa era la pagina del ministero della Difesa durante la campagna elettorale della Pinotti (metà destra) e a settimane dalla disfatta pentastellata (metà sinistra) per comprendere che non c'è mai limite al peggio...

Il cambiamento è comunque arrivato! Prima per ogni notizia si infilava una foto sola del ministro, ora si raddoppia: profilo destro e sinistro in un singolo box. Ancora una volta "Mandrake über Alles" (v.articolo)!

E poi a chi serve quell'articolo sul boom dei social della Difesa (nell'immagine con punto interrogativo)? Un ministero a guida 5 Stelle che ha azzerato il consenso del Movimento, soprattutto a causa di sovraesposizione mediatica e arroganza nella gestione della Comunicazione, crede che potrà salvarsi da una resa dei conti (anche interna)?

All’iniziale emorragia di consensi nei sondaggi del Movimento 5 Stelle si è poi risposto (in casa Trenta) con sparate del tipo: “Militari italiani via dall’Afghanistan!”, fatte seguire da poco credibili arrampicate sugli specchi... “Non ho mai annunciato il ritiro dall'Afghanistan, ma una fase di pianificazione che prevedesse anche ritiro. Il ritiro non potrei mai deciderlo io, lo decide il Parlamento”. Qualcuno ha ricordato al ministro che in quel Paese e per le relative missioni sono morti soldati?

O quella “INCLUSIONE tema della parata del 2 giugno!”, per poi tardivamente fare un poco credibile dietro-front: “Il concetto di inclusione significa considerare come parte integrante della Difesa tutti i militari, anche quelli che si sono ammalati in servizio e solo ora si sta puntando a ridurre al minimo i fattori di rischio. Nessuno deve rimanere indietro, avremo con noi anche i rappresentanti delle vittime del dovere ed i caduti per la Patria. Inclusione vuol dire che parteciperanno per la prima volta anche i civili della Difesa e la riserva selezionata”. Prima la parata militare era all’insegna dell’”esclusione”?

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’ennesima (sigh!) Mandrakata, quella del presidente del consiglio che – d’accordo con il ministro della difesa – ha deciso di rinunciare all’acquisto di 5 fucili per sostenere iniziative di pace. E aggiungendo che alla replica dell’Amministrazione della Difesa “Cosa faranno 5 soldati senza fucile?” ha risposto “vorrà dire che andranno nelle retrovie a parlare di pace!” (v.video). Qualsiasi ministro della difesa si sarebbe ribellato ad una simile infelice uscita, alla luce del numero dei caduti in servizio per la pace!!!

A meno che Di Maio non voglia trasferire l'azzeramento del consenso a livello nazionale dovrà lui per primo intervenire laddove si è andati peggio della media nazionale. A questo punto il primo ministero su cui lavorare sarà proprio quello della Difesa. Non potrà rimanere a guardare nemmeno l'altro vice-premier Salvini: dopo la vittoria alle elezioni la responsabilità - anche della Difesa - passa a lui, nel bene e nel male.

Il ministero della Difesa ha in fondo recentemente aggravato un semplice handicap: non voler comprendere la differenza tra comunicazione (promozione dell’immagine, diciamo pure la “propaganda”) e informazione (raccontare la verità, anche quando scomoda ...o si è commesso un errore).

Immagini: ministero della difesa / ISAF