Ali italiane nei conflitti del dopoguerra: gli MB339 eritrei nella guerra di confine con l’Etiopia

(di Manuele Serventi Merlo)
08/11/18

L’MB-339 fu da subito un buon successo commerciale per la sua casa produttrice Aermacchi. Fin dall’entrata in servizio avvenuta nel 1979, infatti, il velivolo, pur non eguagliando il successo ottenuto con il precedente MB-326, ottenne diversi ordini esteri per equipaggiare molteplici forze aeree medio/piccole bisognose di velivoli moderni.

Le cause di questo stato di cose sono da addebitarsi, sicuramente, a molteplici fattori. Ma, anzitutto, vanno collegate alla grande flessibilità d’impiego della cellula dell’MB-339 e al suo relativo basso costo d’acquisto e di manutenzione ideale per aviazioni militari afflitte da croniche carenze finanziarie e d’esperienza operativa.

Ben esemplificativa di tale stato di cose è la vicenda del “Macchino 3°” con le insegne argentine durante il conflitto con la Gran Bretagna per il possesso delle isole Falkland/Malvinas nel 1982 già trattata su queste pagine di Difesa Online (v.articolo).

Proprio le buone prove fornite dall’MB-339 nel conflitto anglo-argentino stimolarono altre aeronautiche militari ad acquisire il piccolo velivolo italiano per le proprie esigenze operative negli anni seguenti.

Fra queste, risalta per la sua particolarità soprattutto l’Eritrea. Piccolo Stato del Corno d’Africa affacciato sul Mar Rosso, quella che era stata una ex colonia italiana per quasi tutta la prima metà del ‘900, successivamente, divenne una regione dell’Etiopia per diversi anni fino a quando riuscì ad ottenere l’indipendenza nel 1991 dopo diversi anni di dura guerra civile con i vari governi centrali succedutisi ad Addis Abeba.

Nonostante l’Eritrea avesse conseguito l’indipendenza tanto agognata a caro prezzo, le tensioni con la vicina Etiopia non si sopirono affatto.

Anzi, rimasero sul tappeto diverse questioni cruciali fra i due Paesi. Quello più importante riguardava l’esatta definizione dei confini fra i due Stati.

Dato che il problema dell’esatta definizione dei confini fra Etiopia ed Eritrea non riusciva ad essere risolto per via diplomatica, i due Paesi cercarono di prepararsi come poterono all’inevitabile confronto militare che ne sarebbe seguito con le scarse risorse economiche a disposizione.

Da questo punto di vista, l’Eritrea partiva da una situazione veramente drammatica. Radunati i pochi piloti di nazionalità eritrea già appartenenti all’ETAF (Ethiopian Air force), i vertici della neocostituita Aeronautica Militare eritrea (ErAF) necessitavano, però, anche di velivoli con i quali equipaggiare alla meglio i primi raccogliticci equipaggi.

A parte qualche vecchio MIG-21 ex etiope abbandonato dai vecchi proprietari sull’aeroporto della capitale Asmara all’epoca dell’indipendenza, infatti, altro materiale volante non era praticamente disponibile.

Si dovette per forza di cose, quindi, rivolgersi all’estero. Fu così che nel 1996 l’Eritrea acquisì dall’Aermacchi sei MB-339 nella versione CE da attacco leggero, motorizzati Viper 680-43, con i quali venne attrezzato un apposito reparto operativo l’anno successivo.

Giusto il tempo per partecipare attivamente da protagonisti alla guerra che si sarebbe da lì a poco combattuta con l’Etiopia nel 1998.

Il conflitto per il possesso delle aree di confine deflagrò, infatti, definitivamente nella primavera del 1998 dopo svariati duelli di artiglieria fra i due contendenti e sconfinamenti di pattuglie con conseguenti scontri a fuoco a distanza ravvicinata molto intensi.

Iniziava così una guerra che vide gli MB-339 con le insegne eritree coinvolti fin dalle prime battute iniziali nell’appoggio tattico alle proprie truppe sul terreno e, più raramente, al di fuori del proprio ruolo originario, come velivolo da interdizione.

Missioni che i velivoli italiani compirono impiegando prevalentemente bombe cluster modello BL755 e razzi contenuti, probabilmente, in razziere TB-100-4 di fabbricazione francese.

Armamenti che gli MB-339 eritrei utilizzarono fin dai primi giorni di guerra contro gli etiopi andando a bombardare nel pomeriggio del 5 giugno almeno due volte la città di Macallè, capoluogo della provincia del Tigrai.

L’azione, secondo report etiopi, causò un’autentica strage in quanto venne colpita una scuola (foto). Il bilancio finale sarebbe stato di 44 civili uccisi, dei quali almeno 12 bambini, ed un centinaio di feriti più o meno gravi a causa degli ordigni impiegati.

Per quanto successo a Macallè gli etiopi lanciarono a loro volta diversi raids contro la capitale eritrea Asmara ed il suo aeroporto.

Nel frattempo, tuttavia, l’azione dei velivoli italiani non si esauriva affatto. Anzi, già il giorno dopo, il 6 giugno, venivano impiegati costantemente a supporto delle truppe sul terreno per respingere gli attacchi terrestri dell’esercito nemico nelle regioni di confine di Badme e di Tsorona.

Proprio in una di queste missioni di appoggio tattico un MB-339 venne colpito ed abbattuto dalla contraerea avversaria, costringendo così il suo pilota ad eiettarsi. Verrà recuperato poco dopo da un elicottero Mi-8 amico.

Neppure questo evento, però, fermò l’impiego dei Macchi eritrei.

Quando il 9 giugno gli etiopi attaccarono ed occuparono la città di confine di Zalambessa in forze, furono di nuovo gli MB-339 a dare manforte alle truppe eritree amiche presenti nel teatro degli scontri per il successivo contrattacco decisivo che ricacciò indietro gli attaccanti.

Ancora il ​​giorno successivo i Macchi eritrei furono impegnati nei combattimenti, questa volta attorno alla località di Erde Mattios colpendo, secondo gli etiopi, anche l'ospedale locale causando così la morte di circa 30 persone.

Nonostante le tante ore di combattimento volate, tuttavia, l’esercito etiope aveva ancora la volontà e forze sufficienti per lanciare altre offensive al fine di conquistare le aree di confine contese più importanti.

La mattina del 12 giugno, pertanto, due Mi-8 eritrei apparvero a bassa quota sopra la base principale dell'esercito etiopico di Adigrat lanciando diversi ordigni provocando danni considerevoli. Ma un paio d'ore più tardi continuavano il lavoro gli onnipresenti MB-339 che lanciavano altri attacchi nell’area considerata. Attacchi che provocavano, secondo fonti etiopiche, quattro persone morte e altre 30 ferite.

Giunti a questo punto del conflitto, tuttavia, pareva evidente agli eritrei che, per quanto fossero efficaci e di facile impiego, gli MB-339 non potevano assolvere tutti i compiti possibili efficacemente.

In particolare, risultava evidente la quasi assoluta inidoneità dei Macchi per le missioni aria-aria. Missioni importanti per contrastare efficacemente le puntate dell’avversario etiope non solo con la propria raffazzonata antiaerea.

Il governo di Asmara, allora, quasi in contemporanea con quello di Addis Abeba, prese la decisione di acquisire caccia russi MIG-29 facendoli operare con equipaggi mercenari russi ed ucraini.

Si apriva una nuova fase della guerra aerea fra Eritrea ed Etiopia. Ma volendo prendere a prestito una riuscita formula narrativa, questa è un’altra storia...

(foto: web)