Operazione Orchard: l’attacco israeliano al reattore nucleare siriano

(di Tiziano Ciocchetti)
15/04/22

La notte del 6 settembre 2007, 3 squadroni della IAF, l’Aviazione Militare israeliana, hanno distrutto il sito nucleare di Al Kibar, nella regione di Deir ez-Zor, in Siria.

Allorquando l’attuale presidente siriano, Bashar al-Assad, prese il posto del defunto padre alla guida del Paese, il Mossad cominciò a registrare la presenza di dirigenti statali nord-coreani in Siria, avvalorando l’ipotesi che Damasco volesse sviluppare tecnologie nucleari. Inoltre, nel 2004, anche il Dipartimento di Stato americano segnalò ai vertici politici israeliani una fitta rete di comunicazione tra la Siria e la Corea del Nord, rete poi tracciata dall’Unità 8200 (reparto SIGINT dei Servizi Segreti di Israele).

Nell’estate del 2007, un distaccamento del Sayeret Matkal (unità militare di forze speciali delle Forze di Difesa Israeliane, ndr) ha effettuato una incursione nel sito di Al Kibar per raccogliere prove sull’attività nucleare in essere. Attività che effettivamente risultava esserci.

A questo punto il premier Olmert chiese all’Amministrazione Bush di colpire il sito, tuttavia tale richiesta venne rifiutata in quanto secondo gli americani non sussistevano prove sufficienti a stabilire che il sito venisse utilizzato per sperimentare armi nucleari.

Nonostante il diniego degli americani, il governo Olmert decise che Israele doveva agire per conto proprio al fine di bloccare una proliferazione di armamenti nucleari in Medio Oriente.

Lo strike effettuato dallo Stato ebraico, come di consuetudine, è stato un mix di capacità di intelligence, inserzione di distaccamenti di special forces (ad ulteriore testimonianza di come le operazioni speciali sono joint by nature), EW e superiorità aerea.

Lo stesso ministro della Difesa israeliano Barak (già capo di stato maggiore delle IDF) ha coordinato l’operazione. D’altronde, essendo l’obiettivo di livello strategico-politico viene monitorato proprio dai massimi vertici dell’organizzazione politico-militare. Inoltre, proprio per l’importanza dell’obiettivo e per la conseguente sensibilità dello stesso non esistono intermediari tra chi assegna la missione e chi è incaricato della pianificazione ed esecuzione dell’attacco.

In tutto sono stati impiegati 10 cacciabombardieri F-15I, 6 caccia F-16I (foto) in qualità di scorta e un numero imprecisato di velivoli ELINT (probabilmente Boeing 707 AEW&C, G550 CAEW, B200).

La notte precedente il bombardamento, viene inserito (utilizzando un elicottero) un distaccamento dell’unità Shaldag, forze speciali dell’Aeronautica, con lo scopo di avvicinarsi all’obiettivo e “illuminarlo”. Successivamente, le piattaforme aeree per la EW, hanno il compito di “oscurare” i radar siriani, impedendogli di rilevare i caccia con la stella di david nello spazio aereo siriano. Una volta sopraggiunti gli F-15I hanno lanciato bombe a guida laser – probabilmente delle GBU-27 – contro il sito distruggendolo. Terminata la missione, i caccia israeliani sono rientrati alla base sorvolando lo spazio aereo turco. Gli incursori dello Shaldag sono stati poi esfiltrati.

Secondo quanto riportato da WikiLeaks, la Siria subito dopo l’attacco avrebbe messo in stato di allerta le batterie missilistiche, gli SCUD-C armati con testata chimica (gas nervino), ma la paura di una rappresaglia con armi nucleari di Israele ha bloccato ogni possibile reazione.

Da segnalare che le ripercussioni politiche furono minime.

Molti analisti ritengono che, presto o tardi, anche l’Iran subirà un massiccio attacco da parte di Israele, finalizzato a interrompere il suo programma nucleare. Tuttavia, ciò sarebbe estremamente complicato in quanto il programma di arricchimento dell’uranio, portato avanti da Teheran, è a uno stadio avanzato e le centrifughe adibite a tale attività sono dislocate in vari siti del Paese, protetti da una combinazione di sistemi superficie-aria (bolle A2/AD). In pratica, nonostante gli attacchi cyber e l’eliminazione di scienziati nucleari iraniani, lo Stato ebraico non potrà bloccare l’acquisizione, da parte di Teheran, di armamenti nucleari.

A meno che, dopo il conflitto in corso in Ucraina, il prossimo teatro di guerra sarà nell’antica Persia.

Foto: Israeli Air Force