Analisi sull'andamento della guerra in Ucraina: i fronti terrestri

(di Andrea Gaspardo)
13/04/22

Dopo aver parlato accuratamente, nelle due analisi precedenti, delle operazioni di guerra aerea e navale intraprese dai due contendenti, è arrivato ora il momento di fare il punto della situazione anche per quanto riguarda i fronti della guerra terrestre. Stavolta però seguiremo un percorso d'analisi diverso, andando a vedere prima gli sviluppi attorno a Kiev e poi negli altri fronti di guerra.

Come detto precedentemente, i russi avevano iniziato il conflitto attaccando su quattro fronti diversi situati rispettivamente nel Donbass (Primo), nell'Ucraina meridionale (Secondo), nell'Ucraina orientale e nord-orientale da Kharkhov su fino a Chernigov (Terzo) e a nord di Kiev (Quarto).

L'evento più importante al quale abbiamo assistito è stato, dopo il raggiungimento di una serie di punti di massimo avanzamento, un successivo ripiegamento dei russi dalle aree occupante dal Quarto e da gran parte del Terzo Fronte tanto che oggi molte città ucraine tra cui Kiev, Chernigov, Shostka, Konotop, Romny, Lebedny, Sumy e Akhtyrka sono state o liberate (quando erano state occupate) o non sono più sotto assedio. Non solo, il fatto che in queste aree le Forze Armate Russe si siano ritirate entro i confini della Bielorussia e della Russia stessa fa sì che questi grandi ed importanti centri abitati non siano nemmeno più sotto il tiro dell'artiglieria russa, anche se permane la minaccia costituita dai bombardamenti aerei da parte della V-VS così come gli attacchi a mezzo di missili balistici e di quelli da crociera.

L'inizio dello “sganciamento” russo da quelle aree risale all'inizio dell'ultima settimana di marzo per essere poi completato circa dieci giorni dopo, con il primo segnale del cambio di strategia segnalato dal ritiro delle truppe dalla città di Brovary, situata letteralmente alle porte di Kiev.

In tutto il periodo tra il 24 di febbraio e, grosso modo, il 25 di marzo i russi hanno prima cercato di prendere il controllo di Kiev, così come delle altre grandi città del nord e del nord-est dell'Ucraina con una veloce blitzkrieg rispetto alla quale però non si aspettavano una resistenza accanita da parte degli ucraini, e ciò spiega il 90% delle manchevolezze dimostrate dalle Forze di Terra della Federazione Russa in quella prima fase della guerra; dalla scarsa preparazione e motivazione dei soldati, alla pessima gestione della logistica e delle retrovie in generale, ai macroscopici fallimenti nel settore delle comunicazioni da campo che ha pesantemente esposto i russi alla risposta del nemico, ecc...

In una precedente analisi relativa agli eventi delle prime settimane di guerra avevano accennato al fatto che le truppe del Quarto Fronte, proveniente dalla Bielorussia e diretto a Kiev attraverso la cosiddetta “Zona di Esclusione di Chernobyl” avessero fallito nel tentativo di prendere Kiev d'assalto in due diverse occasioni, tra il 24 ed il 27 di febbraio e tra il 5 ed il 10 di marzo.

La massiccia mobilitazione delle forze ucraine, l'insufficiente organizzazione logistica ed il fronte di avanzamento assai stretto sono tutti elementi che hanno contribuito a far fallire le iniziali“spallate” russe negando quella vittoria “facile e veloce” che dominava, almeno inizialmente, nei sogni di Putin. I russi hanno allora cambiato tattica cercando nel corso delle due settimane successive di ottenere il duplice obiettivo di allargare la testa di ponte in territorio nemico puntando ad ovest e, allo stesso tempo, di isolare Kiev portando a compimento una manovra di aggiramento largo in direzione sud-ovest che ad un certo punto avrebbe dovuto prevedibilmente girare verso est e raggiungere il Dnepr.

Dopo accanitissime battaglie, che hanno visto le perdite lievitare da entrambi i lati, entro il 25 di marzo l'avanzata dei russi si è infine fermata una volta raggiunte le seguenti aree:

- a nord-ovest, presso le cittadine di Malyn e Pirizhk, all'incrocio tra la M07/E373 e la T0608;

- a ovest, sulla cittadina di Makarov, situata sulla T1019;

- a sud, sulla cittadina di Bishov, anch'essa situata sulla T1019, in direzione di Fastov;

- a est, sulla cittadina di Yasnogorodka, situata sulla P04;

- a nord-est, sul famigerato quadrilatero compreso tra l'aeroporto Antonov e le cittadine di Gostomel, Bucha ed Irpin.

L'area inscritta entro queste coordinate è stata oggetto di alcuni dei più sanguinosi e brutali combattimenti di tutta la campagna militare, fino ad ora. Gli ucraini hanno impegnato nelle battaglie difensive ben 6 brigate delle loro Forze Armate più unità della Guardia Nazionale e della Difesa Territoriale infliggendo gravi perdite ai nemici ma subendone a loro volta.

Le forze di Kiev hanno tentato più volte di passare all'offensiva ma le concentrazioni delle loro truppe sono state ogni volta individuate dagli UAV tattici russi e poi pesantemente bombardate dall'artiglieria, una volta che gli armati di Mosca hanno cominciato a schierarla in maniera più massiccia, a differenza di quanto avevano fatto nel corso dei primi giorni del conflitto.

Si è venuta quindi a creare una situazione di stallo nella quale entrambe le forze in campo possedevano una credibile capacità nelle operazioni in difesa ma l'erosione delle unità disponibili aveva come effetto la progressiva “caduta verticale” delle loro capacità di produrre azioni offensive. Gli stessi video disponibili a bizzeffe (soprattutto da parte ucraina) in Internet mostrano infatti una netta prevalenza di operazioni di “piccolo cabotaggio” a livello di squadra o al massimo di plotone, indicativo di una necessità di risparmiare le forze in caso di fuoco di ritorno. Del resto, l'area dell'oblast di Kiev oggetto della penetrazione russa, dal confine ucraino-bielorusso a nord fino alla E40 a sud, è caratterizzata dalla presenza di numerose aree boschive quindi si presta in maniera eccellente al mascheramento e all'infiltrazione, come hanno scoperto a loro spese i russi in più di un'occasione.

Visto il contenimento della loro manovra aggirante, i russi, nel quadro di una revisione complessiva delle loro strategie di guerra, hanno progressivamente evacuato la loro testa di ponte nei giorni compresi tra il 25 ed il 31 di marzo con gli ucraini nuovamente in controllo del suddetto territorio nel periodo compreso tra l'1 ed il 3 di aprile.

La ritirata delle forze russe e la riconquista del suddetto territorio da parte delle forze ucraine ha avuto come conseguenza la scoperta dell'esistenza di fosse comuni e indizi di altre gravi violazioni dei diritti umani che le truppe di Mosca avrebbero commesso, soprattutto attorno alle aree di Bucha e Borodyanka.

La presente analisi non ha come scopo quello di analizzare gli eventi di Bucha (cosa che verrà eventualmente fatta separatamente in futuro) tuttavia per dovere di cronaca è doveroso, almeno per il momento, menzionare questi eventi per ricordare una volta ancora che la dimensione della guerra non si esaurisce solamente laddove termina il campo di battaglia ma genera onde d'urto che investono completamente anche la vita dei civili innocenti che hanno la sfortuna di vivere nei paesi oggetto della destabilizzazione.

Nell'area di operazioni del Terzo Fronte abbiamo assistito ad una simile evoluzione della situazione ma in maniera differente a seconda delle aree, trattandosi di un fronte che, dall'area di Kharkov, nell'est, si estendeva fino a Chernigov, nel nord-est. Il punto di massima espansione qui raggiunto dai russi è stata la città di Brovary, raggiunta il 9 di marzo, e da quel momento teatro di aspri combattimenti fino al 1 di aprile. Tuttavia è necessario specificare che in questo fronte l'avanzata delle truppe russe non è stata affatto regolare ed è proceduta, per così dire, “a macchia di leopardo”, prediligendo puntate corazzate lungo i principali assi stradali e cercando di isolare i principali centri abitati per poi bombardarli e ridurli alla sottomissione. In alcuni casi questa strategia ha avuto successo come a Trostianets, Konotop, Shostka, Slavutych ed in altri centri.

Ben altro è stato invece il risultato a Kharkov, Sumy, Chernigov, Akhtyrka ed in altre città piccole e grandi che sono diventate teatri di violente battaglie urbane o di interminabili assedi. Nelle zone aperte della campagna così come nelle foreste situate nelle porzioni settentrionali degli oblast' di Chernigov e Sumy le unità delle Forze Armate, della Guardia Nazionale e della Difesa Territoriale dell'Ucraina hanno opposto una strenua resistenza cercando dove possibile di ingaggiare i russi in battaglie d'arresto ed in altri casi di adoperare in maniera intelligente e flessibile la guerra di movimento.

A penalizzare maggiormente i russi in questo teatro di guerra è stata la pessima impostazione strategica iniziale dettata quasi sicuramente dalle direttive politiche. Un'analisi delle mappe geografiche con evidenziate le linee d'avanzamento fa comprendere immediatamente che quello a cui i generale moscoviti era stato detto di prepararsi doveva essere niente più di uno show di forza caratterizzato da una rapida penetrazione senza incontrare grande resistenza. Va da sé che, applicando rigidamente le direttive ricevute ed organizzando di conseguenza una linea di rifornimento adatta a questo tipo di operazione, l'intero palco è franato alla prima resistenza decisa opposta dagli ucraini. Peggio, nonostante il piano iniziale si fosse dimostrato molto presto fallace, i generali russi a capo delle operazioni in quella determinata area, come i generali Andrey Aleksandrovich Sukhovetsky e Vitaly Petrovich Gerasimov (entrambi morti nei combattimenti) hanno commesso ulteriori errori decidendo di agire “con la logica dell'ariete” e perseguendo ciecamente gli obiettivi originariamente prefissati invece di reimpostare una nuova strategia alla luce della nuova situazione venutasi a creare sul campo.

Lanciando in avanti tutte le loro forze verso Kiev e le altre principali città senza curarsi di proteggere i fianchi delle loro unità di punta, adoperando i carri armati e gli altri mezzi corazzati senza la contestuale protezione da parte della fanteria (elemento essenziale di qualsiasi strategia di guerra “ad armi combinate”!), lasciandosi deliberatamente alle spalle l'artiglieria perché “appesantisce le forze in avanzamento”, i generali moscoviti hanno finito per cacciarsi in una serie di enormi trappole dato che le grandi città e le sacche di resistenza che si sono lasciati alle spalle non hanno affatto capitolato come avevano sperato ma anzi hanno opposto una spiritata resistenza contrattaccando ogni qual volta ce ne fosse l'opportunità con il risultato di devastare letteralmente le linee di rifornimento delle armate russe e fare ulteriormente lievitare le perdite sia di uomini che di mezzi.

Le truppe russe appartenenti al Terzo Fronte si sono quindi trovate per oltre un mese in una situazione difficilissima, per non dire insostenibile fino a che il Quartier Generale delle Forze Armate a preso la decisione, contestualmente a quanto stava avvenendo a nord di Kiev, di ritirarle gradualmente abbandonando tutto il territorio conquistato fino ai confini della Russia e della Bielorussia, con l'unica eccezione rappresentata dalle forze impegnate nel settore della città di Kharkov le quali sono invece rimaste al loro posto e che hanno visto riconfigurata completamente la loro missione, ora diventata di appoggio alle operazioni degli altri due fronti di guerra. Il che ci porta ora ad analizzare le operazioni del Primo Fronte, quello del Donbass, e del Secondo Fronte, quello meridionale, ora diventati la vera area di spinta per le future operazioni militari in terra d'Ucraina.

Al termine dell'analisi relativa alla seconda settimana di guerra in Ucraina avevamo lasciato il comandante in capo del Secondo Fronte, Mikhail Stepanovich Zusko alle prese con la sovraesposizione delle scarne forze che all'inizio dell'offensiva erano state assegnate al suo comando. A seconda delle fonti a nostra disposizione, all'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, Zusko aveva a disposizione tra i 12.000 ed i 17.000 uomini; ciò fa supporre che al principio del tutto, alla sua forza fosse stato affidato un ruolo “ausiliario”, probabilmente di semplice appoggio all'avanzata delle forze assegnate al “Primo Fronte” in Donbass. Rispetto agli altri comandanti russi impegnati nelle operazioni militari in Ucraina, Zusko poteva però giovarsi di alcuni vantaggi:

- primo: egli è ucraino, quindi conosce bene la sua gente e sa cosa aspettarsi da essa, nel bene e nel male. È sicuro quindi che da subito egli abbia preparato le truppe a sua disposizione per una guerra vera e non per un semplice “show di forza” come abbiamo visto in altri fronti;

- secondo: egli ha una notevole esperienza bellica che lo ha portato ad attraversare tutti i conflitti della Federazione Russa fino ad oggi, in particolare proprio quello del Donbass, dove ha potuto apprezzare la crescita in tutti i sensi delle Forze Armate Ucraine negli ultimi 8 anni;

- terzo: il fatto che il comando che egli presiede, nella penisola della Crimea, sia di fatto un comando autonomo che gli garantisce un notevole grado di libertà d'azione;

- quarto: avere a disposizione uno staff di ufficiali competenti con vasta esperienza operativa nel conflitto in Siria;

- quinto: il fatto che le forze assegnate al Secondo Fronte all'inizio dell'offensiva fossero baste su parte della 58a armata, la “sua armata”, dato che proprio di essa Zusko è stato comandante prima di essere assegnato al comando del fronte meridionale della Guerra Russo-Ucraina. Questo è un punto molto importante perché ha creato un legame forte tra il comandante e i suoi soldati, e come tutti sanno, i soldati combattono meglio in guerra se condotti da un generale del quale si fidano, specie se competente.

Riprendendo la narrazione dove l'avevamo lasciata a suo tempo, sul lato occidentale del fronte sotto la sua responsabilità, Zusko ha raggruppato le sue forze respinte nei loro tentativi di assalto a Voznesensk e Krivoy Rog e, cogliendo tutti di sorpresa, ha colpito nuovamente, questa volta le forze ucraine presenti nel distretto di Skadovsk, nella parte sud-occidentale dell'oblast' di Kherson, che erano rimaste lì intrappolate dalla sua avanzata fulminea dei primi giorni.

Gli ucraini sono stati colpiti duramente ma non completamente sgominati tanto che hanno successivamente lanciato diversi contrattacchi recuperando le posizioni perdute. Zusko allora ha riportato le sue truppe verso nord-ovest, oltre Kherson, ha lanciato un nuovo attacco nell'area di Nykolayev, sempre teatro di una violenta battaglia, e, proseguendo nuovamente in direzione di Voznesensk, ha cercato di creare una testa di ponte oltre il fiume Bug all'altezza di Doroshivka.

Fallito questo tentativo a causa della pronta reazione delle forze ucraine poste a difesa dell'area di Odessa, il generale ha lasciato nell'area una parte delle sue truppe e ha riportato il resto nella zona del distretto di Skadovsk dove ha sgominato le restanti truppe ucraine presenti nell'area e conquistando definitivamente questa importante penisola.

Successivamente Zusko ha riorganizzato nuovamente le sue forze inviandone una parte nuovamente all'assalto di Nykolayev e un'altra su due colonne in direzione di Krivoy Rog e Nikopol', venendo fermate rispettivamente all'altezza di Noviy Bug e Zelenodolsk. Questi attacchi hanno coinciso con la massima penetrazione realizzata fino ad ora da parte delle forze del Secondo Fronte nella parte occidentale della loro zona di competenza.

Dopo le prime settimane di sconfitte, ed approfittando anche del contemporaneo contenimento delle puntate offensive del Quarto e del Terzo Fronte, nonché del rinvio sine die del progettato sbarco ad Odessa, gli ucraini sono riusciti a rafforzare le loro provate forze situate nel sud del paese e a lanciare una serie di contrattacchi che hanno fatto ripiegare i russi.

Zusko è stato costretto a ritirare le sue forze da ciascuna delle tre aree di avanzamento che aveva guadagnato: dalla periferia di Voznesensk, da quella di Noviy Bug e da Zelenodolsk. Nel corso del ripiegamento egli ha pure abbandonato l'assedio di Nykolayev e ha ritirato in buon ordine i suoi uomini fino a Kherson ed il basso corso del Dnepr. Qui le sue forze si sono trincerate ed hanno assorbito l'offensiva ucraina grazie al terreno favorevole, all'appoggio dell'aviazione e di un massiccio schieramento d'artiglieria.

È stato nel corso di questa fase dei combattimenti che Zusko ha inoltre dovuto lamentare la perdita del suo collega e sottoposto generale Yakov Vladimirovich Razantsev, ucciso dal fuoco dell'artiglieria ucraina mentre organizzava la difesa di alcuni capisaldi lungo la sponda occidentale del Dnepr. In ogni caso, dopo questa battuta d'arresto alcune cose sono cambiate per Zusko che, finalmente, ha ottenuto i rinforzi dei quali aveva disperatamente bisogno nella forma del resto della “sua” 58a armata che non era ancora stato assegnato alle operazioni militari e della 49a armata, unità “pesante” con una buona dotazione di carri armati ed altri mezzi corazzati che è andata a presidiare proprio le linee attorno a Kherson.

Dopo aver ottenuto questi rinforzi (in realtà gli unici rinforzi ottenuti sino ad ora dalle forze russe dall'inizio di questa guerra in generale) Zusko ha razionalizzato sia la disposizione che le missioni delle sue forze optando per inviare l'intera 58a armata a est per appoggiare le operazioni del Primo Fronte mentre la 49a armata è stata concentrata sulla riva sinistra del basso corso del Dnepr. Così facendo, e dopo aver neutralizzato una dopo l'altra tutte le puntate offensive degli ucraini, Zusko è partito nuovamente all'attacco, sul lato ovest come sul lato est della sua area di responsabilità operativa.

A ovest e nord-ovest, gli uomini della 49a armata hanno riconquistato la quasi totalità della parte nord-occidentale dell'oblast' di Kherson, che precedentemente avevano occupato ed abbandonato per ben due volte, così come l'area di Snigirevka, situata nell'oblast' di Nykolaev prima di fermarsi e stabilire delle nuove posizioni difensive.

A est del Dnepr invece la 58a armata ha investito le posizioni ucraine situate nella parte centrale ed orientale dell'oblast' di Zaporozhye e, nonostante abbia subito violenti contrattacchi da parte delle forze ucraine, è riuscita a stabilizzare una nuova linea del fronte che da Vasilevka (situata sul Dnepr) arriva fino alle linee di fronte del Donbass, passando per Orechov, Gulyaipolye, Velika Novoselka e Ugledar, quest'ultima teatro di feroci combattimenti anche in questi giorni.

A conclusione della disamina delle operazioni sui fronti terrestri, passiamo ora a spendere alcune parole sulle operazioni relative al Primo Fronte, quello del Donbass. Qui la pressione da parte dei russi e dei “donbassiani” sui difensori della cosiddetta “Linea Zelensky” continua ad essere forte ma, gli sviluppi veramente importanti sono avvenuti sulla “ali” dello schieramento. Coordinando le loro puntate offensive con le forze del Secondo e del Terzo Fronte, le Forze Unificate della Novorossiya da un lato si sono congiunte con le forze russe operanti nell'area di Kharkhov ed hanno preso il controllo di quasi tutto l'oblast' di Lugansk e dall'altro hanno ormai fatto fronte unico con la 58a armata di Zusko e stanno assediando la città di Mariupol.

Per la verità i combattimenti nell'area di Mariupol erano già iniziati il 24 di febbraio, tuttavia è dal 18 di marzo che la morsa sulla città è diventata irreversibile. All'inizio della battaglia sembrava che la città (che in tempo di pace contava oltre 431.000 abitanti) fosse difesa da almeno 14.000 uomini (che adesso dovrebbero essere stati ridotti per lo meno della metà) appartenenti ad alcune delle migliori unità delle Forze Armate e della Guardia Nazionale dell'Ucraina come la 10a brigata da Assalto da Montagna, la 56a brigata Motorizzata, la 36a brigata della Fanteria di Marina ed il famigerato reggimento Azov.

Oggi, nonostante un assedio prolungato che dura da settimane e che ha provocato la distruzione del 90% della città, Mariupol resiste ancora e si è guadagnata la nomea di “Seconda Vukovar” dal nome della famosa città croata divenuta, assieme a Dubrovnik e Sarajevo, città simbolo delle guerre che portarono alla disintegrazione della Yugoslavia. In ogni caso, alla luce della disperata situazione strategica dei difensori e della sproporzione delle forze in campo, la caduta dell'ultimo centro di resistenza ucraino sulle coste del Mare d'Azov pare solamente una questione di tempo.

(Continua)

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