La furbata di Erdogan per tentare di conquistare il mar Mediterraneo

(di Marco Valerio Verni)
16/12/19

Ancora una volta Erdogan, il presidente turco, è finito, nei giorni scorsi, al centro della polemica internazionale: questa volta, per aver siglato, sul finire del novembre scorso, un memorandum of understanding con il governo di accordo nazionale libico, per l’istituzione di una z.e.e.- zona economica esclusiva.

E, se la vogliamo dire tutta, c’è finito a ben vedere, dal momento che, ove tale “intesa” fosse effettiva, sarebbe destinata a cambiare lo scacchiere geo-politico del mediterraneo.

Ad oggi, il testo del suddetto memorandum, in realtà, ancora non è chiaro nel suo preciso contenuto, sebbene lo stesso, a quanto dichiarato proprio dal presidente turco, sia stato inviato alle Nazioni Unite.

Quel che appare certo è, però, che lo stesso, per le ragioni che, qui di seguito, verranno esposte, sia stato siglato in violazione di alcune norme, tanto di diritto internazionale, quanto di diritto interno libico, nonostante il contrario avviso della stessa Turchia, il cui portavoce del Ministero degli Esteri, Hami Aksoy, abbia dichiarato che “L’accordo tra il governo della Libia e Ankara è in linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”.

Andiamo con ordine.

Quello che si conosce degli accordi

La Turchia ha parlato sia di un accordo sulla gestione economica delle acque che circondano il confine sud-est dell’Europa (l’istituzione di una ZEE, zona economica esclusiva, ma non è chiaro quale sia l’area marittima interessata dalla nuova "delimitazione delle giurisdizioni marittime", né dove si incontrerebbero le acque turche e quelle libiche) sia di un’intesa per ampliare la cooperazione militare per la sicurezza tra le due parti, al fine - a suo dire - di stabilizzare l’intera regione.

Non a caso, proprio da questo punto di vista, il presidente Erdoğan avrebbe ribadito al ministro dell’Interno libico Fathi Bashaga il sostegno del suo Paese al Governo di Accordo Nazionale di al-Sarraj (“Se la Libia ce lo chiedesse, saremmo pronti a mandare tutte le truppe di cui ci fosse bisogno”) contro le milizie anti-islamiste di Haftar che, proprio nei giorni scorsi, con il supporto di alcuni contractor russi, avrebbero intensificato la loro offensiva militare, al punto che, secondo il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale del governo di Tobruk, la caduta di Tripoli sarebbe solo questione di ore.

A seguito di tale intesa, la Grecia avrebbe espulso, lo scorso 6 dicembre, l’ambasciatore turco, con relative proteste di Ankara.

L’Unione Europea, dal canto suo, ha condannato l’accordo, così come le Nazioni Unite, e la marina militare italiana avrebbe inviato la fregata Federico Martinengo nel mar Mediterraneo orientale, “nell’ambito - ben inteso - delle attività di Diplomazia Navale, peculiarità della Marina Militare, svolte nel settore della cooperazione internazionale e del dialogo tra i Paesi dell’area, con cui l’Italia intrattiene importanti rapporti politico-diplomatici, economici e industriali” ha concluso il comunicato della Marina”, come si legge in una nota ufficiale.

Sullo sfondo, diversi e sostanziosi interessi legati ad alcuni giacimenti di gas - alcuni di recente e promettente scoperta - compresi nelle diverse aree interessate.

Ma cosa è una z.e.e.?

In base all’art. 55 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare ("United Nations Convention on the Law of the Sea", "UNCLOS"), la zona economica esclusiva (Z.E.E.)1 è un'area del mare, adiacente le acque territoriali, in cui uno Stato costiero gode di “a) diritti sovrani sia ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, sia ai fini di altre attività connesse con l’esplorazione e lo sfruttamento economico della zona, quali la produzione di energia derivata dall’acqua, dalle correnti e dai venti; b) giurisdizione conformemente alle pertinenti disposizioni della presente Convenzione, in materia di: i) installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture, ii) ricerca scientifica marina, iii) protezione e preservazione dell’ambiente marino, c) altri diritti e doveri previsti dalla presente Convenzione.

Da notare che “Nell’esercitare i propri diritti e assolvere i propri doveri nella zona economica esclusiva conformemente alla presente Convenzione, lo Stato costiero tiene in debito conto i diritti e doveri degli altri Stati, e agisce in modo coerente con la presente Convenzione”.

Essa (art. 57) può estendersi fino a 200 miglia dalle linee di base2 (baseline) dalle quali viene misurata l'entità delle acque territoriali (territorial waters) e, perché diventi effettiva, deve essere proclamata formalmente nei confronti della comunità internazionale.

Perché la Turchia e la Libia avrebbero preferito stipulare un Memorandum of Understanding?

Generalmente, nella prassi internazionale si sceglie di utilizzare questo strumento per tre motivi: 1) il primo di essi, è che uno dei suoi vantaggi rispetto ad, esempio, ad un trattato, è che il suo testo possa essere mantenuto riservato. Proprio tale caratteristica, nel caso di specie, ha consentito di inviarlo “a cose fatte” alle Nazioni Unite, potendo così tenere all’oscuro gli altri Stati potenzialmente interessati (principalmente, quelli ricordati prima, oltre lo stesso Parlamento di Tobruk) che avrebbero potuto avanzare doglianze nella fase della sua stesura, creando evidente ostacolo; 2) in secondo luogo, in molti Stati, esso può essere messo in atto senza bisogno di ratifiche; 3) un “MoU” è più facilmente modificabile e adattabile tra le parti interessate, rispetto ad un trattato che, al contrario, può richiedere un lungo processo di negoziazione.

Di contro, un simile strumento non ha natura di un vero e proprio accordo in senso giuridico (essendo essa generalmente esclusa da quanto risulta dal testo o dalle dichiarazioni di coloro che lo sottoscrivono), quanto piuttosto assume importanza sotto il profilo della sua valenza politica3.

Ebbene, venendo alla Z.e.e., proprio per gli interessi e le finalità ad essa sottesi, più sopra richiamati, è certamente l’accordo (inteso questa volta in senso prettamente giuridico), lo strumento attraverso il quale si dovrebbe procedere alla sua delimitazione (come stabilito anche da costante giurisprudenza della Corte Internazionale di Giustizia).

Idem per il diritto interno libico, in considerazione del fatto che esso sarebbe dovuto essere approvato dal Parlamento, a maggior ragione se unito ad intese di altra natura, quale la cooperazione con altre forze armate (turche, in questo caso) sul proprio territorio.

Invece, proprio secondo quanto denunciato dallo stesso Parlamento libico (Libyan House of Representatives), per aggirare la ratifica di Tobruk, il duo al-Sarraj - Erdogan avrebbe formalmente denominato “memorandum” quel che invece è un vero e proprio accordo, avente ad oggetto interessi vitali del paese in questione (tra cui la sua sovranità militare ed energetica).

Di certo, se la questione fosse esattamente in questi termini (il condizionale rimane d’obbligo, stante la non conoscenza del testo ufficiale), è chiaro che saremmo in presenza di una violazione del diritto, almeno sotto tre profili:

  1. il primo di essi, già accennato, ed afferente al diritto interno libico, dal momento che, accordi di questo tipo, semmai, e sempre fatti salvi precisi limiti, di cui più oltre, si sarebbero dovuti perseguire attraverso un vero e proprio agreement che, di conseguenza, avrebbe reso necessaria la ratifica parlamentare secondo quanto previsto, tra l’altro, dall’articolo 17 della “Constitutional Declaration” di quello Stato4.

  2. Sotto altro profilo, invece, suscita perplessità la stessa delimitazione della ZEE in questione, dal momento che le acque del mar libico non confinano direttamente con quelle turche (e viceversa, naturalmente): tra di esse, infatti, si inserirebbero quelle di altri Stati (Grecia, in primis, ma anche, più in generale, quelle di Cipro, della Repubblica Araba, della Siria, dell’Egitto e del Libano, i cui rispettivi confini marittimi, pure essi stabiliti secondo la UNCLOS5, in molti casi, si sovrappongono.

Convenzione che - si badi - non è stata firmata dalla Turchia nè, tantomeno, ratificata, probabilmente, proprio per la sua difficoltà a costituire una zona economica esclusiva, sia per motivi politici (è annoso il contenzioso con la Grecia, ad esempio, prima richiamata, ma anche con Cipro ed Egitto, la definizione della cui zona economia esclusiva è sempre stata considerata una minaccia da Ankara), sia geografici (i confini di mare territoriale che condivide con altri Stati, già menzionati, a differenza della Libia che, al contrario, può estendere i diritti in questione per le 200 miglia nautiche su richiamate, senza incontrare limiti di sorta).

Eppure, tale Convenzione, con le sue statuizioni, è - o dovrebbe essere - comunque vincolante, per quanto riguarda l’istituto in questione (zona economica esclusiva, per l’appunto) essendo esso, ormai, di diritto consuetudinario e, quindi, valevole erga omnes, a prescindere cioè che uno Stato abbia o meno firmato la suddetta (quindi, anche nei confronti della Turchia e della Libia stessa, sebbene quest’ultima abbia, di fatto, nonostante il riconoscimento formale da parte delle Nazioni Unite, problemi legati al riconoscimento della sua soggettività internazionale).

  1. Da ultimo, ma di sicuro non per importanza, tale memorandum violerebbe diversi principi dell’accordo politico adottato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riguardante proprio l’istituzione del governo di accordo nazionale libico, tra cui quello della salvaguardia dell’integrità, della sovranità e dell’indipendenza del territorio, del pieno controllo dei confini internazionali e del rifiuto di qualsiasi interferenza estera sugli affari interni. Oltre che, naturalmente, quello - fondamentale - del rispetto della Dichiarazione Costituzionale già richiamata.

Certamente, la situazione che si sta sviluppando nel Mediterraneo orientale è alquanto preoccupante e, di sicuro, non mancheranno ulteriori sviluppi, nei giorni a venire.

Quel che è auspicabile è che, chi di dovere - Nazioni Unite ed Unione Europea in primis, ma anche l’Italia - decidano, finalmente, di intraprendere una politica meno timida e più incisiva, specialmente dopo il sostanziale fallimento - perché di questo si è trattato - dell’operazione Eunavfor Med Sophia (che, lo si ricorda, prevedeva, tra l’altro, il contrasto a terra e nelle acque territoriali libiche del traffico di esseri umani - alias immigrazione incontrollata -), sacrificata, evidentemente, ad un tentativo di mantenere determinati equilibri che però, al dunque, sono comunque saltati.

Perché, quel che pure non si può più sottacere, è che sia la Turchia che la Libia hanno spesso usato l’immigrazione incontrollata come arma di ricatto, sia nei confronti dell’Europa che, in particolare, dell’Italia. E non c’è motivo di dubitare che, anche in questo caso, non torneranno a farlo.

1 Oltre alla zona economica esclusiva, tra le altre aree identificate dall'UNCLOS, utili a comprendere la tematica, sono:

  1. Le acque interne, ossia lo spazio di mare all'interno della linea di base. In quest'area vigono in maniera vincolante le leggi dello Stato costiero che regola l'uso delle risorse e il passaggio delle navi.

  2. Le acque territoriali, ossia lo spazio che va dalla linea di base alle 12 miglia nautiche. In quest'area vigono comunque le leggi dello Stato costiero ma ogni imbarcazione ha diritto al cosiddetto passaggio inoffensivo.

  3. La zona contigua (art. 33), che si estende dal mare territoriale non oltre le 24 miglia nautiche dalla linea di base. In quest'area lo Stato costiero può sia punire le violazioni commesse all'interno del proprio territorio o mare territoriale, sia prevenire le violazioni alle proprie leggi o regolamenti in materia fiscale, doganale, sanitaria e di immigrazione.

  4. La piattaforma continentale, che è considerata come il naturale prolungamento del territorio di uno Stato, il quale può quindi sfruttarne le risorse minerarie o comunque non-viventi in maniera esclusiva. Essa può superare le 200 miglia nautiche ma non eccedere le 350, o può essere calcolata misurando 100 miglia nautiche dall'isobata dei 2.500 metri.

2 La Convenzione pone i limiti delle varie aree marine identificate, misurate in maniera chiara e definita a partire dalla cosiddetta linea di base. La linea di base, detta così in quanto base di partenza per la definizione delle acque interne e delle acque internazionali, si definisce una linea spezzata che unisce i punti notevoli della costa, mantenendosi generalmente in acque basse, ma laddove la costa sia particolarmente frastagliata o in casi in cui delle isole sono molto vicine alla costa, la linea di base può tagliare e comprendere ampi tratti di mare.

3 D’altronde, non mancano i casi in cui, addirittura, in alcuni accordi di tal fatta si sia addirittura dichiarato espressamente, da parte degli Stati contraenti, di non costituire essi un accordo internazionale. Cfr. Benedetto Conforti, Manuale di diritto internazionale, XI edizione (Editoriale Scientifica), pag. 81.

4The Interim National Transitional Council is the supreme power in the State of Libya and shall undertake the works of the supreme sovereignty including legislation and laying down the general policy of the State. The National Transitional Council shall be deemed as the sole legitimate representative of the Libyan people and it shall derive its legitimacy from the Revolution of February 17th. The National Transitional Council shall be entrusted to guarantee the national unity, the safety of the national territory, to embody and promote values and morals, to ensure the safety of citizens and residents, to ratify international agreements and to establish the bases of a civil constitutional democratic state”.

5 Infatti, oltre alla zona economica esclusiva, la suddetta Convenzione riconosce agli Stati diversi diritti, tra cui quello di “fissare la larghezza del proprio mare territoriale fino a un limite massimo di 12 miglia marine, misurate a partire dalle linee di base determinate conformemente alla presente Convenzione” (art. 3).

Foto: Türk Silahlı Kuvvetleri / presidency of the republic of Turkey