Gli ultimi giorni di El Alamein

(di Tiziano Ciocchetti)
04/11/21

Nei primi giorni di novembre del 1942 ha inizio l’attacco decisivo delle forze britanniche contro l’ormai disastrato fronte italo-tedesco in Nordafrica. Nel settore settentrionale, la divisione Littorio, dopo diversi giorni di accanita resistenza, era ridotta a pochi elementi.

Il giorno 2 novembre erano rimaste solo due compagnie di bersaglieri e alcuni carri M.14/41 a difendere la zona di Tell el Aqqaqir.

Lo stesso giorno, la divisione Trento venne investita da un pesante attacco nemico, venendo pressoché annientata. Stessa sorte subirono il 65° e il 66° battaglione della divisione Trieste.

Dopo 10 giorni di strenua resistenza, le forze italo-tedesche non erano più in grado di opporsi all’avanzata nemica. Tutte le riserve erano state impiegate nel tentativo, vano, di arginare l’immensa superiorità, di materiali e uomini, messa in campo dal Maresciallo Montgomery.

La situazione, invece, nel settore centro-meridionale del fronte appariva meno critica.

Le divisioni Folgore, Pavia, Bologna, Brescia e Ariete ricevettero l’ordine di sganciarsi dai combattimenti e ripiegare su nuove posizioni, dietro la seconda fascia di campi minati.

Quindi, il giorno 3 di novembre, le forze italo-tedesche erano trincerate nelle nuove posizioni, pronte a ricevere l’urto “corazzato” delle forze del Commonwealth.

Da sottolineare come, nel solo settore del Xo corpo d’armata italiano fossero schierati quasi 900 pezzi d’artiglieria da 88mm (25 libre) e che i britannici potevano contare sul massiccio appoggio aereo (in special modo i bombardieri B-24 Liberator - nella foto una catena di assemblaggio) offerto dagli americani.

Nella guerra nel deserto, la schiacciante superiorità in artiglieria, corazzati e aerei è stata determinante per stroncare la resistenza delle forze dell’Asse.

Nella storiografia ufficiale si parla della Battaglia di El Alamein (in realtà divisibile in tre distinte fasi) come del momento di svolta – assieme a Stalingrado - della Seconda Guerra Mondiale.

Il vero punto di svolta fu l’entrata, massiccia, nel conflitto degli Stati Uniti d’America.

Già nel 1941 ai britannici erano giunti i carri pesanti M-3 Grant (versione inglese del carro Lee), nel 1942 Washington cominciò a inviare altri ingenti quantitativi di armamenti ed equipaggiamenti nel Mediterraneo (la portaerei Ranger) e all’8ᵃ armata in Nordafrica.

Tuttavia l’ordine, per le esauste forze italo-tedesche, era di resistere a oltranza!

Contro i carri pesanti Sherman e Grant (da 29/30 tonnellate) gli italiani potevano opporre solo il pezzo da 47/32 da 47 mm, arma c/c standard del Regio Esercito. Tale pezzo era anche l’armamento principale dei carri M.13/40 (ultima foto) e M.14/41 che equipaggiavano le divisioni corazzate italiane in Nordafrica. Confrontato con gli altri cannoni della stessa categoria, il pezzo italiano (di derivazione austriaca) era quello che aveva la velocità iniziale (V₀) più bassa (630 m/sec.). Per fare un paragone, il britannico Ordnance Q.F. da 57 mm (foto) vantava una velocità di bocca di 900 m/sec.

Potendo contare solo su munizionamento a energia cinetica, il 47/32 era del tutto inefficace (a meno che non si riuscisse a colpire i carri nemici a brevissima distanza e lateralmente) nei confronti dei corazzati americani che equipaggiavano l’8ᵃ armata britannica.

L’unica minaccia seria poteva essere portata dai semoventi equipaggiati con pezzo da 75/18 mm. Potendo disporre di proiettili a carica cava – in grado di perforare 150 mm di acciaio omogeneo – il pezzo da 75/18 mm era in grado di penetrare anche le corazze frontali dei carri pesanti Grant e Sherman.

Il 4 novembre, nella zona tra Deir el Murra e Bir al Abd, tutti e tre i battaglioni che componevano il 132° rgt carri e circa una ventina di semoventi 75/18 del 132° rgt artiglieria della divisione Ariete, tenuta in riserva nel corso dell’offensiva nemica, affrontarono la 7ᵃ divisone corazzata inglese.

Gli italiani avevano predisposto una linea difensiva anticarro per limitare la spinta offensiva nemica: fu del tutto inutile. I carri americani Sherman e Grant avevano cannoni da 75 mm con canne lunghe 40 calibri. Si fermarono a circa 1,5 km dalle linee italiane e cominciarono a bersagliare i carri dell’Ariete. Da quella distanza i cannoni italiani erano del tutto inefficaci, per non essere annientati i carristi italiani dovevano avanzare e poter quindi utilizzare il proprio armamento. Nonostante l’inferiorità numerica e qualitativa, i carristi italiani riuscirono a infliggere pesanti perdite agli inglesi. Grazie a coraggiosi e disperati assalti vennero distrutti numerosi carri nemici. Nel pomeriggio i superstiti dell’Ariete cominciarono a ripiegare, il 13° btg carri si immolò per consentirne il ripiegamento.

Alle ore 15,30 del 4 novembre 1942 venne inviato l’ultimo messaggio radio della divisione Ariete al Comando di Rommel: "carri armati nemici fatta irruzione a sud dell’Ariete, con ciò Ariete accerchiata. Trovasi a circa 5 km nord-est Bir el-Abd. Carri Ariete combattono".

I pochissimi carri rimasti continuarono a combattere per coprire la ritirata delle forze italo-tedesche verso la Tunisia.

L’Africa era ormai persa per sempre!

Foto: web