Falkland: un conflitto dimenticato

14/06/21

Quasi 40 anni fa, nel 1982, per poco più di dieci settimane, i giornali del mondo si concentrarono su un conflitto scoppiato dall’altra parte del mondo, per il possesso di una serie di isole, scarsamente popolate, a centinaia di miglia ad Est dell’estremità meridionale del cono sud del Sud America. Storicamente si collocò in uno degli ultimi respiri di un “Impero britannico” ormai in dissoluzione ed indebolito internamente da una profonda crisi economica.

In quel periodo complesso iniziò un conflitto dall’altra parte del mondo, una guerra, in realtà mai dichiarata, che durò 74 giorni; all’epoca mi trovavo negli Stati Uniti, a contatto con ufficiali di molti Paesi: dal sud est asiatico, all’Europa. Ricordo che ciò che colpì tutti fu il crescendo della situazione, cosa che può sembrare oggi piuttosto insignificante, e la posizione degli Stati Uniti, storici alleati del Regno Unito, che sotto il presidente Reagan, rimasero a lungo neutrali, rifiutandosi di sostenere l’Argentina o il Regno Unito nella disputa. Reagan chiamò il primo ministro Margaret Thatcher a tarda sera e le disse “The best chance for peace was before complete Argentine humiliation. As the UK now has the upper hand militarily it should strike a deal now.”

Tutti aspettavano con curiosità che cosa avrebbe fatto l’Inghilterra, a fronte di quella sfida improbabile dall’altra parte del mondo. Un intervento militare che lo stesso governo argentino riteneva poco probabile, considerando le 8.000 miglia di distanza che dividevano geograficamente i due avversari.

D’altronde si trattava di un gruppo di isole sperdute, abitate da una comunità di appena 1.800 persone, per la maggior parte di origine britannica, per lo più allevatori di pecore, che sebbene avessero espresso il desiderio di restare sotto la corona britannica, lavoravano per ditte locali.

Per l’Argentina il rischio di un conflitto era quindi un’ipotesi remota e non costo efficace per la Gran Bretagna. Dall’altra parte il capo del Governo Margaret Thatcher era una conservatrice, non certo molto malleabile e con un rapporto non felice con la regina Elisabetta II.

Dopo la rottura delle relazioni diplomatiche, la tensione aumentò fino al 19 marzo, quando 40 operai che lavoravano nel recupero di rifiuti di metallo argentini, sbarcarono da una nave logistica della marina argentina, la ARA Bahia Buen Suceso nella Georgia del Sud e piantarono la bandiera argentina. Questo atto provocò le immediate proteste del Governo britannico.

Pochi giorni dopo, il 2 aprile, il generale Leopoldo Galtieri, capo della giunta militare argentina, ordinò l’Operazione Rosario che prevedeva una serie di azioni crescenti per acquisire la sovranità e il pieno controllo argentino sulle isole Malvine, la Georgia del Sud e le isole Sandwich meridionali. L’operazione ebbe successo con un minimo spargimento di sangue: vi fu infatti una sola vittima e cinque feriti. Le Malvine furono conquistate in poco più di 11 ore.

La diplomazia internazionale si divise tra quelli che ritenevano l’Argentina in diritto di riprendere il controllo delle isole da un’ex potenza coloniale, il Regno Unito, che cercava di mantenere una colonia distante sottraendola a un potere locale, ed altri che sostenevano il diritto del Regno Unito a difendersi da un’aggressione operata da una dittatura militare.

L’ONU reiterò fino all’ultimo la richiesta di una soluzione pacifica con la risoluzione 505 del 26 maggio 1982. Ma non ebbe seguito. La Iron Lady, nonostante tutto, convinse il Parlamento con il pugno di ferro ad intraprendere una missione oltremare, inviando una task force marittima composta da velivoli e navi da guerra. Stava per iniziare l’Operazione Corporate.

La sua frase “We will win … whatever will cost” passò alla storia.

Interessante notare che nel 1981 la Strategic Defence Review del governo Thatcher aveva previsto una notevole riduzione delle capacità belliche della Royal Navy. Ad esempio, la ormai vetusta portaerei HMS Hermes sarebbe dovuta essere radiata nel 1982, ma la necessità di intervenire alle Falkland, fece cambiare i piani delle dismissioni delle unità navali e la trattenne in servizio, anche oltre l’esigenza, fino a quando fu venduta all’India nel 1987 (INS Viraat).

Una Flotta inviata dall’altra parte del mondo
La task force era centrata sulle portaerei HMS Hermes e HMS Invincible comandate dall’ammiraglio John “Sandy” Woodward, supportate dalle numerose navi d’altura, che comprendevano diverse fregate Type 12, Type 21 e Type 22, e cacciatorpediniere Type 42.

La componente anfibia, necessaria per lo sbarco sulle isole, comprendeva, oltre alle navi HMS Fearless e HMS Intrepid, il mercantile Atlantic Conveyor con un carico di elicotteri e materiale per piste di atterraggio di fortuna. Inoltre, le navi da sbarco RFA Sir Galahad e la RFA Sir Tristram, che in seguito verrà gravemente danneggiata dalle bombe argentine.

Complessivamente parliamo di 127 unità maggiori, di cui 43 della Royal Navy (tra cui, oltre alle 2 portaerei, 5 sottomarini a propulsione nucleare, un sottomarino convenzionale, 8 cacciatorpediniere e 15 fregate), 22 della Royal Fleet Auxiliary (10 delle quali petroliere/rifornitori di squadra), e 62 mercantili militarizzati (tra cui due navi da crociera, otto traghetti Ro.Ro, quattro grandi portacontainer, sette mercantili, quindi petroliere).

Le forze terrestri imbarcate comprendevano la 3ª brigata Commando dei Royal Marines rinforzata da due battaglioni paracadutisti del parachute regiment e la 5ª brigata di fanteria costituita da reparti dei Welsh Guard, Scots Guard e Gurka.

Va sottolineato che, per mantenere il naviglio neutrale al di fuori della zona durante la guerra, il Regno Unito dichiarò un'”area di esclusione totale” nel raggio di 200 miglia nautiche intorno alle Falkland, prima ancora di dare inizio all’operazione.

Tra i fatti più clamorosi e controversi della campagna delle Falkland, ci fu l’affondamento dell’incrociatore argentino ARA General Belgrano, silurato dal sottomarino nucleare HMS Conqueror; la morte di 323 membri dell’equipaggio, rese l’incidente la più grande perdita di vite umane della guerra. L’HMS Conqueror, lanciò tre siluri Mk. 8 (siluri antiquati della seconda guerra mondiale ma ancora letali); due esplosero alle 16:01 del 2 maggio contro il Belgrano, allagando due sale caldaie e facendo saltare un deposito munizioni a prua della torre I; il terzo siluro colpì il caccia di scorta ARA Hipolito Bouchard, provocando però solo alcuni danni allo scafo.

Questo evento colpì nel cuore la Marina argentina che, vista la scarsa capacità ed efficacia antisommergibili delle sue navi, non partecipò ad alcun’operazione per tutto il prosieguo del conflitto, mentre le sue unità aeree continuarono gli attacchi dalle basi terrestri. L’unico in operazione, ll sommergibile ARA Santa Fe, nel corso della riconquista da parte degli Inglesi della Georgia Australe, venne rilevato e immediatamente attaccato con cariche di profondità e missili AS. 12 da due elicotteri Westland Wasp decollati dalla HMS Endurance. Gravemente colpito, per i gravi danni riportati, fu portato in secca dall’equipaggio sulla punta King Edward dell’isola Georgia Australe. 

Due giorni dopo l’affondamento del ARA General Belgrano, l’aviazione di marina argentina affondò a sua volta il cacciatorpediniere HMS Sheffield, della classe Type 42, con due aerei Super Étendard armati con missili Exocet AM39.

L’HMS Sheffield era posizionato in posizione avanzata, insieme al HMS Glasgow ed un’altra Type 42, l’HMS Coventry. L’inchiesta seguente, condotta dalla Royal Navy, identificò l’inadeguatezza del sistema di difesa antiaerea, il breakdown del sistema di Damage Control e la sottovalutazione dei rischi di incendio, legata anche ai materiali di bordo che avevano generato densi fumi, ostacolando le operazioni di sicurezza delle squadre anti incendio.

Altro evento di rilievo fu l’attacco al HMS Glasgow. lI Glasgow si trovava in avanscoperta (come nave picchetto radar) insieme alla fregata HMS Brilliant, quando venne attaccato da quattro A-4 Skyhawk armati con bombe da 500 kg; il sistema Sea Dart della Glasgow si inceppò durante il lancio di una salva di missili (a causa delle incrostazioni dovute all’azione dell’acqua marina); dei 4 Skyhawk due vennero abbattuti durante l’avvicinamento ed un terzo si schiantò in mare per evitare i missili Sea Wolf della fregata, mentre il quarto sorvolò a bassa quota il Glasgow e sganciò la bomba (che però mancò il bersaglio passando sopra gli alberi della nave di una decina di metri). Immediatamente venne rilevata una seconda ondata di altri quattro A-4 che puntarono contro le due navi, tra l’altro senza sapere che il sistema Sea Dart del Glasgow era ancora fuori uso.

Durante queste varie fasi, il confronto aereo divenne sempre più serrato, ma in sostanza a senso unico, visto che i Sea Harrier inglesi, soprannominati dagli argentini la muerte negra, a causa della loro pitturazione scura, si dimostrarono superiori nell’affrontare gli aerei argentini.

Il 23 maggio 1982, mentre l’HMS Antelope si trovava all’imbocco della baia di San Carlos in missione di protezione antiaerea di una testa di ponte sbarcata due giorni prima, fu attaccata dagli Skyhawk della Fuerza Aérea Argentina. Due bombe da 500 kg, lanciate dai piloti argentini, colpirono la nave britannica ma senza esplodere. Fu spostata in acque più sicure, e degli artificieri salirono a bordo per tentare il disinnesco delle due bombe ma, durante queste manovre, una delle bombe detonò.

La nave fu squarciata dalla linea di galleggiamento al fumaiolo e l’esplosione innescò degli incendi che dalle sale macchine si diffusero rapidamente al resto della nave. Fu dato l’abbandona nave e poco dopo i depositi munizioni iniziarono ad esplodere. Dopo una lunga agonia, l’HMS Antelope si spezzò in due ed affondò.

Alla fine i commando britannici effettuarono uno sbarco anfibio sulle isole di San Carlos e a Goose Green, e quindi l’assalto finale a Port Stanley. Dopo alcune settimane di pesanti combattimenti ed ulteriori vittime, gli Argentini si arresero il 14 giugno 1982.

In totale, 649 militari argentini, 255 soldati britannici e tre isolani delle Falkland morirono nel corso di questa guerra del secolo scorso, voglio ricordare mai dichiarata.

Conclusioni

Riepilogando, nonostante la guerra delle Falkland iniziò in un momento di profonde difficoltà economiche, il successo ottenuto, quasi un ultimo colpo di coda di un Impero ormai in declino, ripristinò la popolarità del Governo Thatcher.

L’invasione dei territori da parte degli Argentini permise al governo britannico di spostare l’attenzione verso la politica estera, richiamando la Nazione al senso di patriottismo. Nonostante le difficoltà della Royal Navy, una task force fu assemblata con notevole velocità ed efficienza ed inviata ad operare a 13.000 km di distanza. La ripresa del controllo delle isole fu indubbiamente un trionfo personale della “signora di ferro”, trasformando la sensazione generale di profondo fallimento politico del suo Governo (con cui la crisi era iniziata) in un clamoroso e travolgente successo che oscurò, per la prima volta nella storia, la figura della regina.

In estrema sintesi la “guerra” delle Falkland fu soprattutto un grande successo politico, che ripristinò la popolarità del Governo, nonostante la situazione economica interna non fosse affatto migliorata. In particolare, la disoccupazione in Gran Bretagna non diminuì nemmeno dopo la guerra, raggiungendo i 3 milioni nei cinque anni successivi, ma la vittoria sembrò far dimenticare la profonda crisi interna. Il Regno Unito si avviava a breve a concludere quel processo di decolonizzazione irreversibile incominciato dopo la seconda guerra mondiale.

Nel 1983, il British Nationality Act 1981 ribattezzò le poche colonie della Corona rimaste come Territori dipendenti britannici, e, nel 2002, furono ribattezzate British overseas territory. La Gran Bretagna mantiene oggi a sovranità su 14 territori al di fuori delle isole britanniche e, fra di essi, abbiamo le Falkland che, nel referendum del 2013, hanno nuovamente espresso la preferenza a restare sotto la Corona. 

Andrea Mucedola

Un particolare ringraziamento al professor Giorgio Bendoni, Senior Lecturer Economy & Finance presso l’Università di Portsmouth

Fonti
The Falklands War, Paul Eddy, Magnus Linklater, Peter Gillman, Andre Deutsch, 1982 
I 75 giorni delle Falkland, Carlo De Risio, estratti Milano, Mursia, 1983
The Media and the Falklands Campaign, Valerie Adams, Londra, Macmillan Press, 1986
Argentine Airpower in the Falklands War: An Operational View, James Corum, in Air and Space Power Journal, Federal Information and News Dispatch, Inc., 20 agosto 2002.
La guerra delle Falkland, Duncan Anderson, RBA Italia/Osprey Publishing, 2010, ISSN 2039-1161 
Da Lissa alle Falkland. Storia e politica dell’eta contemporanea, Alberto Santoni, estratti Milano, 1987
La guerra delle Falkland, Alfredo Brauzzi, 1982 www.centrostudimilitari.it
Margaret Thatcher and the Falklands (telegraph.co.uk)
wikipedia

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