Esploratori leggeri classe Navigatori

(di Mario Veronesi)
07/11/18

Si trattò degli ultimi esploratori della Regia Marina, si chiudeva così con questa serie di navi, la più numerosa, l’evoluzione di un tipo che aveva avuto origine nel secolo antecedente con l’Esploratore e con il Messaggere. Ebbero nomi di naviganti e non smentirono mai tale qualifica. Finirono uno ad uno, dopo aver lottato strenuamente, colpiti a morte da siluri, bombe di aereo o dal tiro di navi nemiche. Unico sopravvissuto il Da Recco, che ebbe migliore sorte, nonostante avesse navigato di più in guerra. Dal 1938 furono classificati cacciatorpediniere.

I primi esemplari rivelano alcuni difetti di stabilità e robustezza, così che furono apportate modifiche ovviando ai punti critici. Successivamente, eccetto il Da Recco e l’Usodimare, vennero allargati di un metro e dotati di una nuova prora. Anche l’armamento a.a. fu modificato con l’adozione di mitragliere da 37 e 20 mm. A parte i difetti iniziali furono buone unità per caratteristiche e prestazioni, certamente tra i migliori tipi di cacciatorpediniere. Inizialmente le unità potevano imbarcare 54 torpedini Vichers-Elia (Kg. 760 ognuna), oppure 56 torpedini Bollo (Kg. 590 ciascuna). Durante il secondo conflitto mondiale, nel 1941 sulle unità destinate ad effettuare posa di mine, le ferroguide furono allungate. Le unità potevano eventualmente imbarcare torpedini tedesche del tipo ad antenna, fino al numero di 85 e, del tipo antisom, fino al numero di 110.

1) Luca Tarigo (foto apertura), costruito nei cantieri Ansaldo di Genova Sestri. Nel 1927 nei pochi mesi che precedettero il suo affondamento percorse 18.000 miglia, portando a termine trenta missioni di guerra, principalmente convogli rapidi per trasporto truppe sulla rotta Napoli-Palermo-Tripoli. L’ultima missione prese il via da Napoli nella tarda serata del 13 aprile 1941. Il convoglio diretto a Tripoli era formato da quattro piccoli mercantili tedeschi ed una motonave italiana, la scorta comprendeva oltre al Tarigo, i Ct Lampo e Baleno. Dopo due giorni di navigazione, alle due di notte del 16 aprile il convoglio che transitava nelle secche di Kerkenah (golfo di Gabes), fu avvistato di poppa col radar dai Ct inglesi Jervis, Nubian, Mohaws e Janus, e sottoposto ad improvviso ed intenso cannoneggiamento. I piroscafi furono uno ad uno incendiati, Lampo e Baleno furono messi fuori combattimento, mentre il Tarigo attaccava la formazione inglese. Fermo per un’avaria, prima di inabissarsi, riuscì a lanciare l’ultimo siluro, che colpì il cacciatorpediniere Mohaws che affondò a breve distanza.

2) Lanzelotto Maloncello (foto), costruito nei cantieri Ansaldo di Genova Sestri nel 1926. Partecipò allo scontro di Punta Stilo il 9 luglio 1940, ma la necessità di scorta ai convogli lo vedrà impegnato in questo compito. La sua attività in guerra fu lunga e brillante, durante la scorta convogli attaccò più volte i sommergibili nemici. Nel 1942 rimase in arsenale alla Spezia per lavori, nel corso dei quali fu installato a bordo il radar tedesco “Dete”. Rientrato nel gennaio del 1943 operò sulla rotta Trapani-Tunisi, come trasporto veloce di truppe tedesche. L’ultima uscita avvenne il 23 marzo 1943 da Pozzuoli insieme al Camicia Nera e al Pancaldo, riunitosi al mattino con l’Ascari proveniente da Palermo, il gruppo delle quattro unità cariche di truppe germaniche proseguì per Tunisi. Purtroppo alle ore 7,30 del 24 marzo, 28 miglia a nord di Capo Bon, il Maloncello urtò contro una mina, che scoppiò al centro della nave, affondando spezzato in due.

3) Leone Pancaldo, costruito nei cantieri Navali del Tirreno di Riva Trigoso nel 1927. Dopo aver partecipato allo scontro di Punta Stilo, l’unità rientrava insieme alle altre ad Augusta, dove si ormeggiava ad una boa in rada, ma durante un attacco di aerosiluranti inglesi, veniva colpito da siluro nel compartimento caldaie di prora dritta. Invaso dall’acqua affondò sbandando su di un fianco. Essendo affondato in porto, vennero iniziati subito i lavori di recupero che si potrassero per alcuni mesi. Rimorchiato a Genova, venne rimesso in efficienza, e fu imbarcato l’ecogoniometro “Gufo”. Il giorno 30 aprile 1943 era alla sua settima missione, insieme con il Ct Hermes (ex greco, armato dalla marina tedesca), effettuava il trasporto di truppe da Pozzuoli a Tunisi. Attaccato alle 11,30 da circa 30 aerei bombardieri nemici, fu colpito da bombe che distrussero l’apparato motore e provocarono vie d’acqua. Il Pancaldo affondò in un punto vicino a Capo Bon.

4) Antonio da Noli (foto), costruito nei cantieri Navali del Tirreno di Riva Trigoso nel 1927. Quarto esploratore dall’attività prebellica simile a quella delle altre unità. Il Da Noli ebbe in guerra, un’attività lunga e dura, che si concluse tragicamente il giorno dopo l’armistizio. L’8 settembre l’unità si trovava a La Spezia, quando ricevette l’ordine di portarsi a Civitavecchia. Mentre navigava in compagnia del Vivaldi verso quel porto, furono dirottate verso le acque della Sardegna per attaccare il traffico tedesco e congiungersi con le altre unità dirette a Bona. Fra le 16,00 e le 17,00 del 9 settembre, raggiunte le Bocche di Bonifacio, si sviluppò una vivace azione fra i due cacciatorpediniere e varie vedette e motozattere tedesche, alcune delle quali vennero affondate. Intervennero alcune batterie tedesche situate sulla costa, il Da Noli nell’intento di portarsi al largo per sfuggire ai colpi dei tedeschi, urtò contro una mina spezzandosi in due tronconi e affondando rapidamente.

5) Ugolino Vivaldi, costruito nei cantieri Odero di Genova Sestri nel 1927. Alla dichiarazione di guerra si trovava a Taranto, la sua attività in guerra fu tra le più brillanti, operando sin dai primi giorni. Nel luglio del 1940 partecipò allo scontro di Punta Stilo. Il primo agosto 1940 alle ore 23,05 l’unità avvistò il sommergibile inglese Oswald in emersione, aumentata la velocità lo speronò affondandolo. Del sommergibile furono salvati 52 naufraghi su 55. Partecipò alla battaglia di Pantelleria, subendo gravi danni. La nave raggiunse Napoli per urgenti lavori. Dopo brevi missioni nel mar Tirreno, ai primi di settembre del 1943 si trasferì a Genova. L’8 settembre, venne fatto partire per incontrarsi al largo di Spezia col cacciatorpediniere Da Noli e dirigere verso Civitavecchia, ma ricevuto l’ordine di portarsi nelle acque sarde, si diresse verso le Bocche di Bonifacio. Dopo lo scontro con natanti e batterie costiere tedesche, uscì dalla zona battuta dal nemico, dirigendosi verso le Baleari. Purtroppo una bomba di aereo lo colpì e verso le 11,30 del mattino del 10 settembre affondò.

6) Antoniotto Usodimare (foto), costruito nei cantieri Odero di Genova Sestri nel 1927. Ebbe una vita simile a quella delle precedenti unità, sia in pace che in guerra. Purtroppo questa nave nella sua attività si trovò coinvolto in numerose collisioni. Il 10 agosto 1934, venne investito nei pressi dell’isola di Procida, dal piroscafo Pallade. Il 1 febbraio 1941 sulla rotta per Brindisi venne a collisione con il piroscafo Vicinale. L’8 settembre 1942 durante la scorta convoglio partita da Messina, per un errore della motonave Ankara, venne investito verso prora. La serie dei dolorosi incidenti non era finita, l’Usodimare venne affondato da un sommergibile italiano l’Alagi, l’8 settembre 1942 alle ore 21,25 nella zona del Canale di Sicilia.

7) Emanuele Pessagno, costruito nei cantieri navali Riuniti di Ancona nel 1927. Il conflitto lo trovò a Taranto, e partecipò allo scontro di Punta Stilo. Trasferito a Brindisi, venne impiegato per missioni di protezione traffico verso l’Albania. Nel 1941 fu in mare nella sfortunata puntata della Squadra Navale Italiana a sud di Creta, culminata con lo scontro di Guado e di capo Matapan, poi venne adibito alla scorta convogli verso l’Africa settentrionale. Operò fino il 29 maggio 1942, giorno in cui, mentre scortava una nave da Brindisi a Bengasi, fu silurato da un sommergibile nemico. Colpito a prora e al centro, alle 3,30 del mattino affondò in meno di un minuto a circa 70 miglia dal porto cirenaico.

8) Nicoloso da Recco (foto), costruito nei cantieri navali del Quarnaro di Fiume nel 1927. Alla fine del conflitto mondiale, dei dodici esploratori classe “Navigatori” era rimasto il solo a navigare anche dopo il trattato di pace. Necessitavano sempre più unità per la scorta ai convogli libici, il Da Recco, nell’estate del 1941 si trasferì a Palermo, iniziando la nuova intesissima attività nel Canale di Sicilia. Eseguì scorte a convogli, e ad unità isolate, salvataggi di naufraghi di piroscafi affondati, caccia a sommergibili nemici, trasporti rapidi di truppe e di materiali. Al suo attivo l’abbattimento di numerosi aerei nemici. Di base a Taranto, lo sorprese l’armistizio dell’8 settembre. Il giorno dopo, in base alle clausole concordate si trasferì a Malta. Durante il periodo di cobelligeranza fu spesso impiegato per la scorta a convogli alleati o per il trasporto di materiali e personale alle corazzate Vittorio Veneto e Italia, internate nel canale di Suez ai Laghi Amari. Dal 1 marzo 1948 al 30 novembre 1950 fu sede del Comando Dragaggio. Dal primo gennaio 1951 alzò l’insegna di nave ammiraglia della 1° Divisione Navale Siluranti. Il 15 luglio 1954 passò in disarmo in attesa di radiazione.

9) Nicolò Zeno, costruito nei cantieri navali del Quarnaro di Fiume nel 1927. Durante i tre lunghi anni del conflitto effettuò missioni su tutte le rotte del Mediterraneo centrale, dello Ionio e dell’Egeo. Si distinse nella difesa contraerea, nella caccia ai sommergibili, nel salvataggio di naufraghi, nella posa di mine e nel trasporto veloce di truppe. Il 15 marzo 1943 si trasferì a La Spezia per lavori di ripristino. L’8 settembre l’unità non era ancora pronto, impossibilitato a muovere, il 9 settembre 1943, per impedirne la cattura da parte tedesca, fu autoaffondato nel porto della Spezia.

10) Giovanni Da Verazzano (foto), costruito nei cantieri navali del Quarnaro di Fiume nel 1927. Lo scoppio della guerra lo sorprese alla Spezia, mentre si trovava in arsenale per i grandi lavori di allargamento dello scafo. L’unità venne chiamato alla scorta convogli più tardi delle unità gemelle. Il suo primo convoglio per Bengasi partì da Taranto il 29 novembre 1941. Si trasferì a Napoli e da quel porto salpò il 17 ottobre 1942 con altri cinque Ct e tre torpediniere, per scortare in Libia un convoglio di quattro piroscafi. Verso le ore 13 del giorno 19, la formazione fu avvistata da sommergibili nemici, un primo siluro diretto contro il Da Terrazzano fu evitato, ma un secondo colpì lo scafo asportando la poppa con il timone e le eliche. I tentativi di salvare la nave furono inutili, che affondò alle 13,30 a circa 28 miglia da Lampedusa.

11) Alvise Da Mosto, costruito nei cantieri navali del Quarnaro di Fiume nel 1928. Battezzato inizialmente Alvise Ca da Mosto, ebbe rettificato il nome in Alvise Da Mosto nel 1930. Nella primavera del 1941, passò come tutte le altre unità gemelle, alla scorta dei convogli nel Canale di Sicilia e alla posa di sbarramenti torpedini. La sua attività sulle rotte dell’Africa settentrionale fu di breve durata. Dopo alcune missioni portate a termine, il 30 novembre 1941 lasciò Trapani per l’ultima navigazione, scortando la cisterna Mantovani. Il convoglio avvistato verso le 14,00 dell’1 dicembre nei pressi delle secche di Karkenah, venne attaccato da aerei che colpirono e incendiarono la cisterna. Poco prima delle 18,00 mentre il Da Mosto era intento al recupero dei naufraghi, venne attaccato dalle navi inglesi: Aurora, Penelope e Lively. Alle 18,15 colpito in pieno nel deposito munizioni centrale, affondò rapidamente.

12) Antonio Pigafetta, costruito nei cantieri navali del Quarnaro di Fiume nel 1928. Fu l’ultimo dei dodici Navigatori ad entrare in servizio, e allo scoppio delle ostilità si trovava a Taranto. In guerra il Pigafetta fu una delle unità più fortunate ed attive. Svolse ben 213 missioni, percorrendo negli anni dal 1940 al 1943 oltre 70.000 miglia. L’usura di un lungo tempo, sommata ai danni subiti dalla nave, in un bombardamento aereo subito a Tunisi il 26 aprile 1943, costrinse la nave a ritirarsi per sottoporsi ad un lungo un ciclo di lavori, a Fiume. L’8 settembre 1943, all’atto della proclamazione dell’armistizio, l’unità era ancora a metà del ciclo di lavori. Il giorno 10, per evitarne l’utilizzazione da parte dei tedeschi, venne sabotata imbarcando gran parte dei macchinari smontati su di un piroscafo che poi fu affondato in mare aperto. Tuttavia i tedeschi catturarono il cacciatorpediniere, ed in seguito riuscirono a rimetterlo in efficienza con il nome di TA 44. Il 17 febbraio 1945 colpito da bombe di aerei alleati, affondò nel porto di Trieste.