41 anni dal primo volo del Tornado italiano

(di Andrea Troncone)
07/12/16

Poche settimane fa, celebrando i 60 anni del 311 Gruppo di Pratica di Mare (noto a tutti come Reparto Sperimentale Volo), abbiamo potuto ammirare la splendida livrea commemorativa del “Tornado” che si è reso protagonista dell’evento (foto apertura).

A dire il vero, la presentazione del “Tornado” è sempre uno dei momenti più coinvogenti di qualsiasi “airshow” in cui partecipi “la Sperimentale” e non solo per il fragore dei suoi motori.

A vederlo volare in quel modo, non dimostra certo gli anni che ha e non solo nelle manifestazioni aeree.

A me fa letteralmente impazzire quando arriva in volo lento “sporco” (come si dice in gergo quando ci si presenta in configurazione di atterraggio, con carrello e flaps estesi) paralleo al pubblico, che saluta con un difficilissimo “tonneau a botte” salvo poi spalancare tutta la sua spinta propulsiva per accelerare e “ripulirsi” per iniziare il suo show.

Idem dicasi quando conclude l’esibizione arriva frontalmente ad una velocità che differisce da quella del suono per meno di uno starnuto e si spara su in verticale, “a candela” sfondando il cuore dei presenti in pieno post-bruciatore! Semplicemente stupendo!

Certo, non sarà stato sventolato sul set di certi film americani di propaganda (lo fu in parte in “Blue Tornado”, un film che nessuno si è filato se non fosse per la presenza di Patsy Kensit), ma vederlo volare dal vivo e in quel modo giustifica da solo il viaggio per l’airshow.

Tuttavia, quando si parla di un mezzo militare occorre mettere un attimo da parte il cuore ed accendere il cervello.

Nelle missioni di guerra, il “Tornado” ha dimostrato di essere ancor oggi un sistema d’arma efficace e rispettabile.

Certo, per ottenere questo livello di efficacia richiede da sempre ingenti risorse economiche e a così tanti anni dal suo progetto richiede anche un impegno elevatissimo a qualunque livello per rimanere al pari di velivoli più recenti.

Piloti e navigatori devono ricevere un addestramento specifico estremamente articolato, perché è un velivolo in grado di svolgere molteplici ruoli, tutti di prima linea e sempre con prestazioni di tutto rispetto.

Gli specialisti della manutenzione devono affrontare interventi complessi su impianti sofisticati e soggetti stress inimmaginabili.

I contribuenti (anche se non lo sanno perché gli opinionisti tuttologi sono un invenzione più recente di quando il Tornado faceva notizia come novità) pagano veramente cifre enormi per addestrare ogni singolo professionista che operi, a qualunque livello, sul “Tornado”.

Tutti quindi abbiamo il nostro “bel da fare” per permettere quello che i nostri occhi vedono negli airshow e più ancora per quello che i telegiornali, non raccontano.

Già, perché i telegiornali hanno dato più notizia del triste incidente di Ascoli (notizie di questo genere fanno parecchia “audience”, ed in questo caso ancor di più per tutta una serie di motivi), mentre ben poco hanno detto e dicono dell’eccellenza professionale richiesta ad ogni livello affinchè il “Tornado” esista e costituisca ancora oggi una robusta componente della nostra difesa aerea. Forse la principale, per alcuni ruoli, e che è indispensabile per un Paese occidentale e appartenente ad un’alleanza internazionale sempre molto esposta.

Molti sanno che il Panavia PA-200 “Tornado” è figlio di uno sviluppo congiunto di Regno Unito, Germania (anzi, Germania Ovest, dal momento che a quei tempi la Germania non era unita) e Italia.

Insieme a loro, che se ne dotarono nelle varie versioni IDS, ADV e ECR, è stato acquistato anche dall’Arabia Saudita.

L’Italia ebbe un ruolo molto importante nel suo sviluppo, sia per il motore Turbo Union RB-199, sia per il progetto del dispositivo di rotazione delle semiali a geometria variabile ed altri elementi importanti. Proprio questi due dettagli tecnici già da soli rappresentano una “punta di diamante” per sforzo di eccellenza tecnologica e si distinguono da qualsiasi altro dettaglio, eccezion fatta per il Terrain Following Radar che permetteva di volare seguendo il profilo del terreno a 30m da terra per rendersi poco visibile ai radar e alla contraerea nemica. Anche a velocità supersonica.

Infatti la geometria variabile dell’ala (comandata manualmente sulla versione IDS e divenuta automatica sull’ADV) per la prima volta prevedeva piloni subalari in grado di mantenere il parallelismo con la fusoliera nonostante la variazione dell’angolo di “freccia” alare. Era la prima volta che si riusciva a realizzare una simile soluzione, una sfida ingegneristica davvero complessa e cruciale che fa la differenza, perchè permette il trasporto di un considerevole carico operativo, superiore a qualsiasi altro velivolo con ala a geometria variabile contemporaneo al “Tornado”.

In generale, comunque, quell’ala è riuscita davvero bene, ed è ricca di soluzioni d’élite, come il flaps fowler a doppia fessura, gli “slats” sulle semiali mobili e il flaps sul bordi di attacco della radice fissa.

Particolarità quasi unica del motore, invece, è la presenza degli inversori di spinta, certamente più efficaci dei paracadute frenanti su una macchina da oltre 25 tonnellate e in grado di permettere un rischieramento più rapido dopo l’atterraggio e freni alle ruote meno pesanti e sollecitati.

Sono soluzioni tecniche già presenti sull’F111, ma le dimensioni minori del Tornado ne fanno un velivolo infinitamente più agile e manovriero e che in virtù di questo si dimostra più efficace pur permettendo impieghi simili.

Anche il carrello risultò particolarmente robusto, perché nelle specifiche di capitolato iniziale si ipotizzava anche l’impiego (mai sperimentato) su portaerei.

Tutte queste soluzioni richiesero parecchia sperimentazione, ed ancor oggi, a 41 anni esatti dal primo volo di sperimentazione, i collaudatori della Sperimentale ce ne dimostrano l’efficacia, facendoci sempre emozionare, senza farci pensare a ciò non possiamo vedere ma che riesce ancora a fare nel “teatro operativo”…

41 anni esatti, dicevo… Si, perché esattamente il 5 dicembre del 1975, il collaudatore sperimentatore Egidio Nappi portava in volo il primo prototipo italiano decollando dall’aeroporto di Torino Caselle, dove fu fabbricato.

Qui le immagini di quell’evento storico. Un evento storico per l’Aeronutica Militare, ma anche storico per l’industria e la ricerca tecnologica nazionale e a cui dobbiamo veramente molto.

Peccato che quel primo esemplare, con una livrea a mio avviso ancor più bella di quella commemorativa di cui abbiamo detto, non sia più visibile a Vigna di Valle, dove “riposava” nell’hangar principale, e dove andavo spesso a vederlo un buon quarto di secolo fa…!

Ci penso spesso, sia perché diventare pilota di “Tornado” sarebbe stato il mio sogno di ragazzo, sia perché ogni settimana, quando vado nel roseto del cimitero monumentale di Torino, vedo il suo collaudatore di quel primo volo di 41 anni fa, che riposa casualmente vicino ai miei cari, e penso sempre che mai scelta fu più adeguata che ricordarLo con una Sua immagine di quei tempi, sorridente e in tuta da volo arancione, unico monumento gradito per Uomini di tale levatura e modestia.

(foto: autore / Aeronautica Militare / web)