20 luglio 1969: "The Eagle has landed!"

(di Matteo Acciaccarelli)
20/07/17

Erano le 20:18 UTC del 20 luglio 1969, quando Neil Armstrong, comandante della missione Apollo 11, mise per la prima volta i piedi sul terreno lunare pronunciando la famosa frase: “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”. Era il coronamento di un sogno, che sembrava utopia, e di molte missioni e studi fatti dalla NASA per battere sul tempo i sovietici nella corsa allo spazio. La guerra fredda era all’apice del suo calore e, mentre sulla Terra gli Stati Uniti erano impegnati nella disastrosa guerra in Vietnam e l’URSS aveva da poco ritirato i propri missili dall’isola di Cuba, lo spazio era il vero terreno di scontro “diretto” tra i due blocchi.

Dal 4 ottobre 1957, giorno in cui l’URSS riuscì a portare nello spazio il primo satellite, lo Sputnik 1, al 20 luglio 1969 gli avvenimenti che hanno caratterizzato la “corsa allo spazio” si sono susseguiti in maniera rapida. Con lo Sputnik 2, nello stesso 1957, venne mandato in orbita il primo essere vivente nello spazio dai sovietici, ovvero la cagnolina Laika, poi nel 1960, sempre dall’Unione Sovietica, vennero inviati e fatti rientrare sulla terra altri due cani. Gli Stati Uniti non stavano a guardare e, mentre Gagarin diventava il primo uomo ad andare nello spazio, il programma spaziale continuava a marciare a tappe serrate, tant’è che nel 1961 anche la NASA inviò il suo primo uomo nello spazio, ovvero John Glenn che orbitò per tre volte intorno alla terra prima del rientro. L’Unione Sovietica, però, sembrava in netto vantaggio nella “corsa allo spazio”, vantaggio che venne confermato nel momento in cui l’agenzia spaziale sovietica inviò prima un equipaggio di tre uomini in orbita e poi quando riuscirono, il 18 marzo 1965, con Leonov ad effettuare la prima “passeggiata” spaziale.

Tutti questi studi sull’uomo nello spazio, però, erano finalizzati a due obiettivi, uno legato all’altro, ovvero: arrivare per primi sulla Luna e, di conseguenza, dimostrare la propria supremazia sulla controparte. La Luna, il satellite naturale che ha sempre colpito l’essere umano era l’obiettivo “finale”. Proprio per questo la NASA mise a punto la missione Apollo, concepita durante la presidenza Eisenhower e confermata nel suo ruolo finale dal presidente Kennedy.

Arrivare prima sulla Luna significava dotarsi del miglior vettore possibile e, a questo scopo, venne chiamato a dirigere lo sviluppo missilistico Wernher von Braun, l’ingegnere tedesco che aveva costruito il proto missile intercontinentale, ovvero la V-2 tedesca. La nomina di von Braun fu un colpo di genio da parte dell’amministrazione statunitense perché agli studi recenti sui missili e sui razzi si poteva aggiungere un uomo di grande esperienza e lungimiranza: aveva sempre sognato di raggiungere lo spazio con uno dei suoi vettori. Le sue grandi speranze si iniziarono a tramutare in realtà quando ottenne dal Pentagono la possibilità di sviluppare ulteriormente il programma Saturn. Grazie agli studi e - soprattutto - alla sua inventiva von Braun, naturalmente con il suo staff, sviluppò il vettore che sarebbe passato alla storia come quello che portò l’uomo sulla Luna: il Saturn V (foto).

Prima di arrivare al Saturn V, però, la missione Apollo effettuò moltissimi studi sia di propulsione sia di capacità e caratteristiche di altri vettori di studio. Questi test andarono avanti dal 1961 sino al 1968, anno in cui con la missione Apollo 7 a bordo di un Saturn IB volarono nello spazio i primi tre astronauti del programma stesso. Era l’ultima missione degli obsoleti Saturn IB, perché nel frattempo lo sviluppo ed i test sul Saturn V erano giunti al termine: il vettore spaziale che avrebbe portato l’uomo sulla Luna era pronto. Si trattava di un gigantesco razzo spaziale multistadio (ben 3, nda) a propellente liquido e per portare fuori dall’orbita terrestre le 2.000 tonnellate di peso del razzo era stato dotato di 5 motori F-1, capaci (ognuno!) di una spinta pari a circa 690348 kg. Una potenza impressionante, per quello che era a tutti gli effetti un razzo impressionante. Alla straordinaria bellezza e capacità del Saturn V, rispondeva altrettanto bene il Modulo Lunare Apollo (LEM, Lunar Excursion Module), il quale venne testato nelle due missioni Apollo 9 e Apollo 10, la prima svolta nell’orbita terreste e la seconda nell’orbita lunare. Tutto ciò serviva per i test finali del LEM, test che vennero svolti alla perfezione sia dagli equipaggi sia dal Modulo Lunare.

L’obiettivo che si erano prefissati alla NASA era vicino. Il 16 luglio 1969 al John F. Kennedy Space Center di Cape Canaveral, vengono imbarcati sul Saturn V, destinato alla missione Apollo 11, i tre astronauti i cui nomi rimarranno nella storia della “corsa allo spazio”: Neil Armstrong, Michael Collins, Buzz Aldrin rispettivamente comandante, pilota del modulo di comando e pilota del LEM.

Il lancio del Saturn V fu "all’americana", migliaia le persone intorno alla base e milioni incollate ai televisori ad ammirare la potenza del vettore costruito dal genio di von Braun. In Italia venne raccontato da Tito Stagno nell’edizione straordinaria del TG1 che in apertura disse: “Dovremmo esserci abituati ormai, ma questa volta è diversa l’atmosfera, diversa l’emozione e diversa l’impresa che sta per cominciare”. Una missione impensabile, il coronamento del sogno dell’uomo, arrivare sulla Luna e rivedendo quei video il tempo prima del lancio sembravano non passare mai, alla fine arrivarono le 13.32 UTC e l’Apollo 11 partì verso la sua meta.

4 giorni, e torniamo a quel famosissimo 20 luglio, il LEM venne sganciato dal modulo di comando nell’orbita lunare, Armstrong ed Aldrin scesero verso la superficie lunare e, mentre dall’Italia sempre Stagno gridava: “Ha toccato! Ha toccato!” (in realtà con leggero anticipo sull’effettivo allunaggio, nda), Armstrong comunicò a Houston: “Houston, qui Base della Tranquillità. L’Eagle (il nome in codice del LEM) è atterrato”. Erano le 20.17 UTC, le 22.17 in Italia, e l’uomo era arrivato per la prima volta sulla Luna.

Dopo Apollo 11 furono altre cinque le missioni che si conclusero con l’allunaggio, e sarebbero state sei se non fosse stato per l’incidente, non fatale, dell’Apollo 13.

Il 20 luglio 1969 resterà però per sempre nella memoria dell’umanità, ad avvalorare sempre più la frase di Armstrong, così come ci resteranno tutti gli uomini che hanno permesso all’uomo di arrivare a camminare sulla Luna.

(foto: NASA / web)