Maldive: spiagge e nuova guerra fredda

(di Gino Lanzara)
25/02/22

In un momento in cui i panorami ucraini popolano scene che preludono a sviluppi ancora più tragici ed imprevedibili, può sembrare incongruo figurarsi le calde sabbie maldiviane, comunque insidiate da innalzamenti delle maree e da esigenze abitative che hanno costretto alla realizzazione dell’isola artificiale di Hulhumalé. Del resto, parafrasando un vecchio adagio, se non c’è pace tra gli ulivi perché dovrebbe esserci tra i palmizi?

Nel blu oceanico di 1.190 isole appannaggio ludico per pochi eletti, si erge (parola grossa) il più piccolo paese asiatico sia per estensione che per popolazione, quest’ultima concentrata soprattutto a Malé, una delle città a più alta densità abitativa del mondo, dove spicca il China-Maldive Friendship Bridge, del valore di non meno di 200 milioni di dollari in larga parte finanziati da Pechino, un costosissimo ponte preconizzato già dal 2008 dal presidente Maumoon Abdul Gayoom e realizzato successivamente dal fratellastro Abdulla Yameen, la cui ascesa ha favorito sia l’apertura dell’ambasciata cinese nel 2014 sia la visita del presidente Xi Jinping, a testimonianza della rilevanza maldiviana nel contesto della BRI, annunciata da Xi Jinping nel 2013 durante un discorso agli studenti della Nazarbayev University di Astana, in Kazakistan.

Del resto, se dopo il ‘45 si è avvertita l’opportuna necessità di un Piano Marshall con cui ottenere un pieno controllo politico e culturale, oggi è necessario creare un’adeguata struttura logistica; se il Piano Marshall nasceva con lo scopo di creare future generazioni di acquirenti, la BRI incarna un progetto teso a controllare, in un’area monitorabile, tutti gli Stati che disporranno in un futuro prossimo di una classe media numerosa, secondo un’espansione che consideri le economie di scala complessive. Non a caso, secondo quanto riportato dal Financial Times, l’UE e l’India intendono dare corpo e continuità ad un progetto congiunto globale di investimenti, concepito in antagonismo con la Nuova Via della Seta.

L’espansione cinese alle Maldive, che ha permesso l’ampliamento del locale aeroporto per la modica somma di 800 milioni di USD, ha scosso la vicina India che, temendo di perdere il controllo di un’area tradizionalmente considerata nella sua sfera di influenza, ha intrapreso una serrata competizione infrastrutturale; dalle vette himalayane solo per soldati, agli arenili solo per pochi eletti, il passo della contesa è stato brevissimo.

Sotto la leadership dell’ex presidente Abdulla Yameen, al potere dal 2013, ed alla cui dipartita politica Malè è rientrata nel Commonwealth, le Maldive hanno optato per un avvicinamento a Pechino che, pur nell’elargire centinaia di milioni di dollari per lo sviluppo dell’arcipelago, non ha considerato le alterne fortune della politica elettiva. Quel che è certo è che, se da un lato la decadenza di Yameen, sostituito da Solih, ha permesso il riavvicinamento politico all’India, dall’altro ha lasciato sul tappeto un debito verso Pechino oscillante tra 1,5 e 31 miliardi di dollari, costituiti anche dal rimborso di garanzie sovrane concesse a favore di privati; un importo peraltro aleatorio, viste le difficoltà incontrate perfino per la sua quantificazione. Rimane comunque il fatto che, secondo l’Observer Research Foundation, think tank di Nuova Delhi, le Maldive sono ancora fondamentali per l’India che, al contrario di Pechino, sta tuttavia incontrando difficoltà nel controllo degli aspetti securitari di un’area complessa, in cui riecheggiano gli accadimenti hymalaiani.

Le dimensioni spaziali e demografiche delle Maldive non devono, tuttavia, trarre in inganno, vista la loro estensione su una porzione di acque strategicamente rilevanti. Secondo alcune stime, metà del commercio estero dell'India, compreso l'80% delle sue importazioni di energia, transita lungo le rotte attigue alle Maldive; le stesse importazioni cinesi di greggio da MO e Africa – circa il 62% delle importazioni totali – sfruttano queste rotte.

L’ascesa al potere di Yameen nel 2013 dopo un’elezione discussa, ha visto l’allontanamento maldiviano da Delhi, optando per un corteggiamento degli investimenti del Dragone nel contesto della BRI, cosa che ha reso Malè un collegamento di rilievo sulla Via della Seta Marittima2. Le vicende politiche di Yameen, il presidente che ha fatto circondare dalle forze di sicurezza Parlamento e Corte Suprema, prima condannato per riciclaggio di denaro e corruzione, poi da ultimo scagionato e tornato nell’agone politico, si intrecciano con le conseguenze pandemiche che, bloccando il turismo, hanno messo a dura prova l’economia maldiviana, con una contrazione del PIL non inferiore al 19,5%, e con una stima del FMI per cui le Maldive rimangono ad alto rischio di sofferenza del debito, guarda caso acceso verso la Cina.

A fronte dei tentativi di rinegoziazione del debito, rimangono comunque in vita i debiti contratti dalle società sotto garanzia statale, cosa che induce a timori per un possibile default sovrano che, già a livello di timore, ha innescato la necessità di riprendere i contatti politico finanziari con Nuova Delhi, che ha programmato finanziamenti e prestiti agevolati3 ad hoc per sostenere il Greater Malé Connectivity Project4, cui va associato un nuovo ponte di collegamento tra Malé ed altre isole dell’area, lungo quasi 7 km ed anche più costoso di quello cinese (500 milioni di usd).

In questo contesto va ricordata la contrazione pandemica del PIL indiano, un aspetto che ai fini della valutazione politica interna indiana riveste la sua importanza; va anche rammentata la diversa concettualizzazione della trasparenza nelle gare di appalto, sostituita da un’accentuata nebulosità quando istruite dalla Cina che non lascia voce in capitolo ai maldiviani e che di certo non intende mollare la presa.

In senso finanziario, vista l’entità delle partite di debito/credito, si può affermare che l’anima delle Maldive sia divisa in due. Ed anche di più, visto che Malè sta approcciando paesi come gli USA ed il Giappone5.

L’eden maldiviano è tra l’incudine indiana ed il martello cinese, dove il Dragone è visto da Nuova Delhi come un antagonista sistemico ed esistenziale paragonabile al Pakistan, e dove il contenimento riveste un ruolo essenziale per non rimanere tagliati fuori da SLOC che, provenendo dalla Cina, condizionano l’import indiano grazie a fili di perle sapientemente disposti. Maldive, Seychelles e Mauritius, soprattutto nell’immaginario di chi può permettersi solo panino ombrellone e cabina (quando va bene), sono di fatto nei cieli concentrici paradisiaci; eppure, ospitano ben 32 strutture abilitate alla sorveglianza radar gestite dalle FA indiane.

Non sarà un nuovo filo di perle, tuttavia potrebbe interpretarsi come una parziale compensazione oceanica che ha la sua rilevanza in funzione sia dei contrasti confinari nel Kashmir nella contea di Hotan della regione dello Xinjiang rivendicata dall’India, e nell’Arunachal Pradesh rivendicata dalla Cina, sia di difficoltà che Nuova Delhi potrebbe creare nella gestione del 5G sul proprio territorio, tali da giustificare sanzioni economiche da parte di Pechino.

Come si pone la Cina nella contesa con l’India? Invocando una difficile non interferenza a geometria variabile che l’ex presidente Nasheed ha stigmatizzato come l’anticamera del caos, in cui si inserirebbero con un ruolo ordinatore prima gli USA, e poi l’India, con la sua visione di SAGAR6.

Proprio Washington, dopo un iniziale interesse dell’attuale amministrazione indirizzato su Afghanistan, India e Pakistan, ha curato interessi condivisi ed attenzioni verso Malè, che continua ad essere percepita come paradiso turistico, punto critico delle vulnerabilità climatiche, attrazione del terrorismo internazionale, polo di scontro delle rivalità sino indiane.

I problemi sono solo a Malè? Non sembra, viste le proteste inscenate nel novembre scorso a Honiara, capitale delle Isole Salomone, motivate da difficoltà economiche e dal convincimento popolare della svendita del Paese agli interessi cinesi; i manifestanti, provenienti dall’isola di Malaita, la più popolosa, hanno accusato il premier Manasseh Sogavare di aver percepito tangenti per sfavorire Taipei in favore di Pechino. Insomma, film già visto, con la rabbia popolare concentrata nel quartiere di Chinatown.

Partiamo dal centro dello stagno: Malè, più o meno consapevole interprete dei desideri di più potenze, è un punto nodale di passaggio, ma è soprattutto il simbolo di una scontro di volontà che, Ucraina purtroppo insegna, non è detto che non sfocino in aperto conflitto.

Chi può garantire un mancato intervento cinese a fronte di ipotetiche operazioni indiane su territorio maldiviano? Nessuno, visto che Pechino ha peraltro mostrato comprensione per l’invasione ucraina che, in spregio al diritto, potrebbe giustificare anche a Taiwan la pretestuosa affermazione della ricerca di una profondità strategica atta a garantire sicurezza.

Nelle Maldive, attualmente, un’escalation non conviene a nessuno, e questo è l’unico punto valido di uno scenario che, malgrado spiagge dorate e vip abbronzati, mostra una preoccupante instabilità da guerra fredda.

1 Somma stimata dall'ex presidente Nasheed, leader del Partito Democratico; una somma pari a più della metà del PIL maldiviano, e contestata dai funzionari cinesi

2 Nel 2016 la Cina ha acquisito di fatto il porto del Pireo che, per il 67% risulta di proprietà di Cosco Shipping, direttamente controllata dal governo cinese. Anche in Italia, dove i porti sono gestiti da enti pubblici non economici, la Cina ha comunque investito attraverso le società che gestiscono i porti.

3 Il supporto consiste in una sovvenzione di 100 milioni di USD ed un prestito agevolato di $ 400 milioni di USD, con un tasso di interesse dell'1,75%, ed un periodo di credito di 20 anni.

4 New Delhi ha programmato la costruzione di un nuovo ospedale oncologico, di uno stadio di cricket, di un porto, avviando anche la formazione dei dipendenti pubblici maldiviani, ed implementando i servizi delle navi mercantili

5 Da ricordare il Free and Open Indo-Pacific Strategy (Foip), progetto curato da USA e Giappone per contrastare la BRI

6 Sicurezza e crescita per tutti nella regione

Foto: Xinhua / web