Egitto, l'astro nascente dell'energia

(di Gino Lanzara)
14/11/18

La crisi energetica egiziana potrebbe avere un termine (gennaio 2019), stando a quanto riportato dalle fonti che seguono l’estrazione di gas dai giacimenti scoperti nelle acque territoriali.

L’Egitto, forte della sua posizione strategica a cavallo di Suez e quale ponte tra Asia ed Africa, come molti altri, è un Paese ricco di forza lavoro ma non (fino ai nostri giorni) di risorse naturali; ha dato vita ad una liberalizzazione economica priva tuttavia di riforme politiche a sostegno, aspetto questo che ha generato clientelismo, impossibilità di rafforzare il settore privato, creazione di posti di lavoro scarsamente produttivi ed a basso reddito, ed il difficile assorbimento di giovani più istruiti nel settore pubblico, senza contare il fatto di dover comunque rendere conto al FMI degli investimenti e del piano di rientro per i prestiti ricevuti. Una situazione che fa comprendere le ricorrenti esplosioni di rabbia popolare, vista la situazione occupazionale, la bilancia dei pagamenti e la politica dei sussidi adottata.

L’Egitto ha vissuto l’esperienza politica post Mubarak fino a giungere al presidente Al Sisi passando per la Fratellanza musulmana del deposto presidente Morsi. Gli eventi politico sociali hanno però nel contempo fatto da sponda alla scoperta di estesi giacimenti di gas naturale – Zohr, Atoll e, presumibilmente, Noor - nelle acque territoriali. Data la rilevanza dei giacimenti e la loro collocazione geografica, è stato inevitabile per l’Egitto auspicare l’assunzione di una postura economico politica d’area che giustificasse la sua trasformazione in un hub regionale del gas, un settore energetico che vede l’affiorare di interessi a tutti i livelli, d’area e globali. Noor, in particolare, qualora confermato, potrebbe rivelarsi una risorsa di tale portata da far ritenere l’Egitto in grado di poter soddisfare il proprio fabbisogno energetico interno - creando anche economie di scala -, almeno in una prospettiva temporale di medio termine, vista l’espansione demografica che, in futuro, potrebbe rendere difficile la soddisfazione del fabbisogno. Le risorse off shore conferiscono dunque all’Egitto centralità strategica e resilienza, anche alla luce della dimensione competitiva dei giacimenti, frammentati geograficamente, troppo grandi per i mercati domestici, e bisognosi di infrastrutture di trasporto in grado di solcare acque spesso oggetto di contesa.

L’entusiasmo acceso per le scoperte è stato tuttavia frenato dalle difficoltà di una realtà geoeconomica complessa, dove l’opzione egiziana ha mutato il quadro che si era delineato a seguito del peggioramento delle relazioni turco israeliane, e della sfiducia israeliana nutrita verso le autorità di Nicosia non in grado di garantire adeguata sicurezza agli impianti di liquefazione; Zohr non presenta problemi commerciali o politici, soddisfa al momento la domanda interna egiziana, uno dei punti fondamentali della politica di Al Sisi, può aprire le porte dell’Egitto al futuro, consentendo di utilizzare i terminali di Idku e Damietta quali punti utili all’esportazione di gas in tutta la regione.

L’Egitto potrebbe dunque proporsi quale valido esportatore contribuendo a variare gli equilibri regionali, primo fra tutti quello con Israele che prevedeva di fornire gas alla società egiziana Dolphinus Holdings per 15 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni, e di incassare il rimborso di debiti pregressi su Israeli Electric Corporation. In chiave “hub”, va inoltre considerato che il gas estratto dai giacimenti Leviathan (di fronte ad Israele) e soprattutto Calipso (di fronte a Cipro), dovrà necessariamente transitare per l’Egitto prima di raggiungere i suoi potenziali acquirenti. Se Zohr, al 60% in mani ENI, è riuscito a scuotere il Mediterraneo orientale, Noor avrebbe la possibilità di propiziare nuovi accordi, alimentando tuttavia allo stesso tempo la tensione in un’area interessata alle manovre delle grandi potenze, come ricordato dalla vicenda Saipem 12000 del febbraio scorso, dove la diplomazia turca delle cannoniere ha reso manifesti i timori del presidente Erdogan per una sempre più probabile esclusione dal business economico politico del Bacino del Levante e da un’integrazione nei mercati dell’energia. Ma se la rendita Turca sta nella posizione strategica, che fa del Paese anatolico un naturale punto di intersezione delle reti di gasdotti tra Medio Oriente ed Europa e dunque un hub in potenza, le decisioni del suo presidente allontanano ulteriormente Israele per spingerlo verso l’Egitto, e tagliano fuori Ankara dalla ricchezza delle nuove rotte per vincolarla alle forniture russe.

Condizionando l’evoluzione degli sviluppi infrastrutturali ad una soluzione della questione di Cipro, ed offrendo alla russa Gazprom una via per il gasdotto TurkStream (di imminente inaugurazione), i turchi hanno ridotto l’interesse commerciale della loro rotta per il gas israeliano. Il ruolo egiziano quale hub gasifero si incastra dunque nel gioco di alleanze maturate post primavere arabe del 2011 e, politicamente, grazie al network di accordi esistenti, agevola il contenimento dell’ascesa della Fratellanza Musulmana, l’utile chiave di accesso all’area per le ambizioni Turche e Qatarine, le più frustrate dall’Egittocentricità energetica del levante mediterraneo.

Gli accordi stretti con Israele hanno inevitabilmente suscitato critiche, alimentate dalla convinzione di poter raggiungere, senza alcun supporto esterno, l’autosufficienza energetica, ma senza ancora approfondire quale via utilizzare per permettere l’export del prodotto egiziano. L’aspetto strategico dell’accordo risiede nel fatto che qualsiasi danno da parte di Hezbollah e Hamas, influenzerà le forniture destinate a Giordania ed Autorità Palestinese, mentre la sua preservazione lo renderà un elemento fondamentale in termini di cooperazione e sicurezza per gli equilibri di potere in Medio Oriente, con un occhio rivolto alla presenza iraniana. L’Egitto potrebbe dunque davvero proporsi quale attore mediterraneo indispensabile per le future esigenze energetiche; questo anche alla luce del suo possibile prossimo accesso all’Opec, e per l’interesse mostrato dall’UE con la proposta di partenariato strategico, un ultimo tentativo europeo per non rimanere ai margini della competizione per il gas.

Lo sviluppo egiziano riveste importanza anche per i ruoli che USA e Russia intenderanno assumere. L’intento americano, forte di rapporti stretti e frequenti, è stato quello di agevolare una sorta di pace economica in grado di rinsaldare gli accordi tra gli Stati costieri, senza però valutare l’impatto che il trasporto del gas avrebbe causato, privilegiando la sponda egiziana piuttosto che quella turca; attualmente, l’atteggiamento politico di Washington rafforza il convincimento di un suo disimpegno dall’area.

La Russia, con cui le relazioni si sono rinsaldate, si presenta invece in veste proattiva; con l’Egitto ha stretto accordi per la realizzazione di una centrale nucleare e Rosneft ha acquisito da ENI il 30% di Zohr; gli intenti sono chiari, e si indirizzano sia ad ingenerare in Europa dei dubbi sulla politica sanzionatoria USA, sia a rendere vani i tentativi occidentali di diversificare l’approvvigionamento di gas; non da ultimo va rimarcato l’affacciarsi sul Mediterraneo di imprese russe (Rosatom e Novatek), altrimenti limitate in patria da Gazprom, e l’avvicinamento alle leadership arabe, in funzione della postura americana, meno prevedibile del passato e volta al Pacifico.

Per il momento Al Sisi guarda al futuro, prepara una logistica di tutto rispetto con la realizzazione di una raffineria da oltre 4 miliardi di dollari vicino Il Cairo, attrezza il Canale di Suez con ulteriori depositi di rifornimento, e politicamente si pone all’attenzione dei maggiori attori geopolitici d’area quale referente affidabile e, soprattutto, solvente, con una politica estera di più ampio respiro meno appiattita sulle posizioni dei maggiori creditori (Arabia Saudita), e meno condizionata dai più stretti vicini (Israele, Libia).

(foto: Presidenza del Consiglio dei Ministri / Energy Egypt / web / Cremlino)