Se il fumo degli incendi delle foreste canadesi è riuscito ad arrivare fin sulle più alte quote delle regioni settentrionali, le scintille dei moti californiani hanno rinfocolato, idealmente, le braci già ardenti del nord Europa. Mentre i Paesi scandinavi già da tempo si trovano costretti alle prese con le conseguenze dei fenomeni migratori dai paesi mediorientali e con un’insorgente e violenta criminalità, anche l’arcipelago britannico deve considerare con attenzione gli eventi ed i loro risvolti.

Quanto sta accadendo nella città nordirlandese di Ballymena, piccolo centro di provincia reso problematico da povertà e marginalizzazione, si ricollega ai fenomeni migratori cui il Regno Unito è stato interessato negli ultimi anni; fenomeni così intensi da aver indotto il governo laburista inglese a riconsiderare termini e modalità della concessione della cittadinanza britannica, per la quale non sembrano più sufficienti i precedenti 5 anni, addirittura richiedendo la conoscenza più approfondita della lingua, aspetto questo spesso trascurato e che porta a domandarsi quale sia stata la preparazione dei neo sudditi.

Politicamente il passo indietro è ancor più rilevante sotto due aspetti: il primo, più accademico ma non meno importante, che dà ragione (postuma) a Giovanni Sartori che, in un’integrazione troppo spinta e poco meditata, scorgeva un multiculturalismo radicale che allontanava dalla creazione di società condivise; il secondo, che vede un governo di centrosinistra impegnato a realizzare politiche di destra, proprio ora che la destra populista, alle recenti elezioni amministrative, ha segnato uno score non indifferente, che non lascia presagire nulla di buono per le prossime consultazioni elettorali.

Insomma, le migrazioni stanno cominciando a creare più di un’apprensione, malgrado i ricorsi storici alle dichiarazioni di Reagan, che esaltava la spinta propulsiva di un fenomeno che, in altri tempi, ha reso grandi gli Stati Uniti, per giungere alle estremizzazioni di Samuel Huntington, con il suo Clash of civilizations.

I moti di Ballymena, città collocata peraltro in una regione caratterizzata da lunghi trascorsi di violenze collegate a gruppi paramilitari, malgrado siano stati ufficialmente ricondotti al tentato stupro di una ragazza adolescente alla presumibile opera di figli di migranti romeni, sembrano dunque più legati ad un più generale sentimento avverso alle migrazioni piuttosto che all’aumento della criminalità nell’ambito delle comunità straniere. È bastato dunque davvero poco per far degenerare manifestazioni nate con intenti relativamente pacifici. L’epilogo è stato scontato, con manifestanti a volto coperto che lanciavano molotov contro la polizia e si lanciavano contro le abitazioni occupate da famiglie straniere.

Anche se i media inglesi non vi hanno dato importanza, i post circolati sui social hanno connotato gli avvenimenti in chiave anti migrante, una vox populi che non andrebbe trascurata. I bilanci degli scontri riportano di feriti tra le forze dell’ordine e di alcuni arresti.

La destra protestante unionista con Jim Allister, pur condannando l’accaduto, non ha mancato di alimentare le fiamme addebitando le responsabilità non solo ai migranti ma anche alla confinante Dublino, colpevole di permettere l’infiltrazione di clandestini verso l’Ulster.

Inevitabile rammentare quanto accaduto poco meno di un anno fa, a seguito dell’accoltellamento di bambine ad opera del figlio di rifugiati ruandesi, avvenimenti che, già allora, non avevano mancato di scuotere anche Belfast.

Ecco che la politica di Sir Keir Starmer, in termini di riacquisizione di un maggior controllo delle frontiere, trova una sua più logica collocazione, specie laddove si propone di ridurre l’immigrazione legale rafforzando le procedure interessanti visti di lavoro, di studio, di ricongiungimenti familiari.

Ecco che il passaggio da 5 a 10 anni di permanenza sul suolo britannico per richiedere la cittadinanza acquista un senso concreto, fatta eccezione per le frange più acculturate ed in possesso di capacità lavorative di pregio, come medici ed infermieri, naturali e ricercatissimi benvenuti.

Se Starmer ora incoraggia le imprese ad investire sui giovani inglesi e non su manovalanza straniera peraltro sottopagata, o l’animo laburista è riemerso di prepotenza, oppure il timore del populista Farage ha davvero fatto breccia. Del resto l’esecutivo ha comunque tentato di ridurre il saldo dell’immigrazione netta, che tra il 2023 ed il 2024 ammontava ad oltre 700.000 unità in più. 

Che piaccia o meno, al netto delle considerazioni di carattere politico che, ad esempio in California vedono una costante contrapposizione ideologica anti Trump, anche nel vecchio continente è probabilmente giunto il momento di considerare con attenzione e senza demagogia, un fenomeno politico e sociale che, se intimorisce quando esplode a Ballymena, deve far riflettere quando coinvolge popolarissime banlieue naturalmente incontenibili.

Fotogramma: RAI

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