L’andamento della guerra in Ucraina secondo Mark Galeotti

(di David Rossi)
03/06/22

Tutto il mondo conosce la così detta “Dottrina Gerasimov” grazie a Mark Galeotti, uno dei massimi esperti mondiali della Russia. Ovunque, come lui stesso ha scritto su Foreign Policy nel 2018, “troverai studiosi, esperti e politici che parlano della minaccia che la 'dottrina Gerasimov' - dal nome del capo di stato maggiore russo - rappresenta per l'Occidente”. Non importa che cosa sia: se un nuovo modo di fare la guerra, una teoria ampliata della guerra moderna o una nuova visione della guerra totale… Il fatto è che “c'è un piccolo problema”: la dottrina Gerasimov, semplicemente, “non esiste. E più a lungo facciamo finta che esista davvero, più a lungo fraintendiamo la sfida – reale, ma diversa – che la Russia ha lanciato al mondo intero”.

Partiamo da Mark Galeotti e dal suo pensiero sulla guerra di aggressione russa all’Ucraina, ripreso di recente dal Telegraph, per capire dove vada il decisore ultimo e più in alto della politica Russia, Vladimir Putin. Secondo la testimonianza di “un funzionario di medio rango che ha già portato la sua famiglia fuori dalla Russia: Tutti sanno che questa guerra è una catastrofe, tranne l'unico uomo che potrebbe porvi fine”. Indovinate di chi si parla? Già, proprio il moderno zar, il quale “isolato nella sua cerchia di amici e yes-men, nel disperato tentativo di salvare la sua eredità (N.d.R. storica e politica) e incurante del danno che sta facendo alla Russia e al popolo russo… non è più disposto a fare concessioni. Sembra che ci vorranno più perdite sul campo di battaglia, più miseria e rabbia in casa, più malcontento all'interno dell'élite prima ancora che si renda conto che dovrà fare marcia indietro”.

Ma che cosa sta scrivendo l’autore di questo pezzo? È proprio in questi giorni, chiosa Galeotti, che “Vladimir Putin deve sentirsi un po' compiaciuto. Dopo mesi di brutte notizie, i suoi eserciti stanno avanzando nel Donbass e persino Boris Johnson ammette che stanno facendo progressi graduali, lenti, ma – temo – palpabili. Anche i prezzi globali di cibo ed energia stanno aumentando non solo grazie alle sanzioni occidentali, ma anche al blocco russo del Mar Nero e alla chiusura degli oleodotti internazionali. E Henry Kissinger, un diplomatico famoso per il suo senso della realpolitik, ha suggerito a Mosca di mantenere alcune delle sue conquiste come prezzo della pace”. Galeotti come chi scrive si sorprende di chi si sorprende: “Qualsiasi giubilo da parte del Cremlino sarebbe fuori luogo: la Russia sta ancora perdendo e, perversamente, alcuni successi a breve termine in realtà lasciano Putin in una situazione peggiore a lungo termine”. Spieghiamoci meglio.

Galeotti non nega che il Cremlino punti a conquistare tutta la regione orientale del Donbass, ma “è probabile che i suoi generali siano più pragmatici e vogliono solo stabilire una linea del fronte difendibile e mantenerla. Dopotutto, la loro offensiva sarà presto esaurita e non ci sono prove che Mosca possa radunare gli uomini e il materiale necessari per una nuova a breve”. Spiacenti, la Russia di Putin e del ministro della difesa Shoigu non ha milioni di truppe da lanciare all’infinito con mezzi sempre nuovi e moderni: realisticamente, “la speranza dei generali è quella di sfruttare il vantaggio del difensore per tenere a bada gli ucraini, qualunque cosa l'Occidente dia loro”.

Signore e signori, è il paradosso del successo (effimero) sul campo di battaglia: chi non lo capisce, pensa forse che Napoleone abbia vinto occupando Mosca. Sono proprio gli avanzamenti nell’Ucraina orientale a mettere in crisi la macchina da guerra di Putin, perché comportano “linee più lunghe per difendersi dall'inevitabile contrattacco ucraino” ora che “l'esercito russo è semplicemente a corto di uomini. Significa anche più territorio in cui dovranno sorvegliare una popolazione locale arrabbiata che già si rivolge al sabotaggio e alla guerriglia. Dato che la Guardia Nazionale, il servizio di sicurezza interna militarizzato della Russia, è già stata messa in servizio come soldati in prima linea, questo è un ulteriore onere per una forza sovraccarica”.

Resta la carta della guerra totale: e se Putin dichiarasse che questa “operazione militare speciale” è in realtà una guerra? Potrebbe così mobilitare le riserve, senza dubbio ma “non c'è modo che i militari possano assorbire più di 100.000-150.000 soldati” scarsamente addestrati e dotati di armi più vetuste. Ma solo con queste ulteriori truppe queste tante nuove truppe i generali del Cremlino potrebbero sperare di avere “un impatto sul campo di battaglia” e in definitiva tentare “un'altra offensiva”, dopo che la “grande offensiva” partita in aprile è servita solo a guadagnare pochi chilometri di territorio bruciato dalle artiglierie. Non che la cosa sarebbe immediata: “ci vorrebbero forse tre mesi per prepararli alla battaglia e ci sarebbe potenzialmente un enorme contraccolpo presso l’opinione pubblica. Quindi Putin vacilla, i riservisti si preoccupano, i generali fumano e il tempo stringe per preparare un'altra offensiva prima che l'autunno renda le operazioni più difficili”.

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