La crisi di Cuba riscritta dai lettori di Difesa Online

(di David Rossi)
12/08/19

Ad agosto la Formula Uno riposa, il campionato di calcio comincia a fine mese, persino le chiacchiere da bar sul clima che cambia lasciano il tempo al riposo, allo svago e alla noia. Di solito, in questo mese sono avvenute grandi crisi: dall’invasione della Cecoslovacchia (1968) al colpo di stato a Mosca (1991), dal patto Molotov-Ribbentrop (1938) all’invasione irachena del Kuwait (1990), fino al bisticcio tra le comari Di Maio e Salvini.

Con un po’ di creatività e tanta faccia tosta, diamo la possibilità ai lettori di disegnare il corso della Storia a modo loro. Oggi, parliamo (con licenza poetica) della crisi di Cuba, immaginando che l’URSS di Chruščëv intenda forzare il blocco americano…

   

Sergio Pession: un eroe sconosciuto

Lo Studio Ovale ora è vuoto per allontanare dalla testa una babilonia di voci e idee. Ed in un momento come questo, la mente, dovrebbe essere quanto mai lucida. Chruščëv è un gangster, non un capo di stato, e l’unica lingua che capiscono questi figuri, è la forza.

La democrazia, che ha reso grande questo paese è ora divenuta un ostaggio di quel bullo sovietico? Cosa costringe a fare un indeciso JFK? Scegliere fra l’uso della forza e la diplomazia. Vigore e nucleare nel primo, o debolezza e pace nel secondo. No. Chruščëv va considerato alla stregua di un sequestratore che punta la pistola alla tempia di un ostaggio ed avanza richieste e pretese.

Se trattiamo oggi con i delinquenti, altri ne arriveranno dopo. Quindi non possiamo accettare ulteriori provocazioni, soprattutto dopo i messaggi personali carichi di menzogne. Ma non possiamo neppure sparare all’ostaggio… oppure sì?

JFK, nel silenzio dello Studio Ovale prende una decisione definitiva, nella speranza che gli Usa al momento siano davvero in vantaggio sull’URSS in ambito missilistico, ma l’integrità morale degli Usa di fronte al mondo non avrebbe dovuto essere messa in discussione. Da lì gli eventi prendono una piega differente.

Trasferimento in gran segreto dell’entourage presidenziale in locazione sicura segreta, mentre giornalisti accreditati avrebbero dovuto continuare ad inscenare interviste nello Studio Ovale. Un aereo di linea statunitense con diplomatico governativo sarebbe di lì a poco, stato dirottato verso Cuba da presunti agenti segreti Russi. Cuba smentirà e abbatterà l’apparecchio, scatenando sgomento in tutto il mondo. Armamento delle testate in Turchia, e ritardo di quelle in Italia per pressioni del Vaticano.

B52 pronti al decollo e carichi di ordigni nucleari vengono allertati a livello globale. La quarantena su Cuba si rinomina in “Quarantena Attiva”, un ridicolo, ma efficace stratagemma per legittimare l’ingaggio delle navi russe.

Il sottomarino sovietico di scorta B-59 classe Foxtrot, privo di ordini da Mosca e sotto attacco da parte della portaerei USS Randolph e cacciatorpediniere di scorta, si appresta alla disperata reazione. Il capitano Savitsky e l’ufficiale politico sono già pronti al lancio del siluro nucleare contro la flotta statunitense, ma il secondo in comando Vasilij Arkhipov si oppone strenuamente all’atto che avrebbe innescato la III Guerra Mondiale, nonostante per quanto ne sapevano, poteva già essere iniziata. Arkhipov sta per convincere il capitano a ritirare l’ordine di attacco, ma l’ufficiale politico ordina l’arresto del secondo per tradimento. Ne scaturisce un violento scontro fra i membri dell’equipaggio fedeli al loro “eroe di guerra” Arkhipov e chi esegue gli ordini del politico.

Nel frattempo, un cacciatorpediniere statunitense colpisce il B-59; la testata armata detona spazzando via buona parte della flotta Usa e mettendo fuori uso le strumentazioni della USS Randolph. È il segnale che la Guerra Mondiale è iniziata ed ai bombardieri B52 viene ordinato il First Strike, ma a sorpresa, giunge il messaggio da Chruščëv: la flotta avrebbe invertito la rotta e i missili a Cuba sarebbero stati disarmati e smantellati.

Mentre a Cuba, fra personale russo e forze cubane, si diffonde caos e violenza, gli Usa svelano finalmente il grande bluff sovietico dimostrando al mondo intero di essere l’unica vera superpotenza nucleare. Con l’URSS sull’orlo di una nuova guerra interna, il dominio Usa si farà meno mediatico e velato e decisamente più palese.

Gli alleati diventeranno vassalli e senza il nemico di sempre, che ne sarà del paladino del mondo? Sicuramente sarà un mondo più sinistro anche solo per l’assenza nel firmamento di un eroe dimenticato, “un tizio di nome Vasilij Aleksandrovič Archipov” e di un Kennedy oscuro che avrebbe ricevuto a Dallas, meno applausi per la vittoria in Vietnam, ma anche meno proiettili.

   

David Rossi: una partita a tre

Venerdì 26 ottobre 1962…

A Mosca il ministro degli esteri Andrei Gromyko sta facendo colazione con Vladimir Semichastny, presidente del Comitato per la sicurezza dello stato (KGB). Nessuno dei due ha grande appetito: mandano giù di mala voglia delle piccole frittelle a base di ricotta acida con poca composta di frutta.

Membro dell’inner circle del Politburo, Gromiko lascia cadere la forchetta che cadendo emette un suono fastidioso: “Com’è possibile che il primo segretario del partito, Nikita Sergeevic Chruščëv, non abbia ricevuto dal KGB queste informazioni certissime, a suo dire, del fatto che gli Americani sono rimasti indietro nella produzione di armamenti nucleari a causa, sempre a suo dire, di una serie di incidenti provocati dai…nostri? Soprattutto, com’è possibile che i nostri agenti abbiano compiuti azioni di cui né lei né il suo predecessore e mentore Nikolayevich Shelepin eravate a conoscenza?”

Semichastny scosse la testa, poi sospirò: “Potrebbero essere agenti legati a Pavlovich Beria, che così vogliono vendicarsi per averli eliminati, alcuni anche fisicamente, nemmeno otto anni fa… Oggi, ti posso assicurare, che nessuno di loro è più in servizio. Almeno, non per noi…”

Gromyko riprese la parola: “Ma, poi, come avrebbero raggiunto Sergeevic e come ne avrebbero guadagnato la fiducia?”

  

Nello studio ovale i fratelli John e Robert Kennedy stavano, proprio in quelle ore, discutendo animatamente davanti a due birre calde irlandesi.

“Hai spento i registratori?”

“Bob, non ti fidi di me?”

“Non mi fido della mia ombra. Specie pensando al gran tiro mancino che stiamo tirando…”

“Il vecchio Joe sa il fatto suo, anche se è muto e semiparalizzato…”

“Già, il babbo però non ci deve mettere la faccia davanti alla Storia. Se tutto andrà come deve andare, il merito sarà nostro…”

“Così, per un quarto di secolo tutti i presidenti saranno dei Kennedy…”

“Questa sua maledetta ambizione! Ma ti rendi conto che se dovesse andar male…”

“Non andrà male, fidati. Abbiamo fornito 16 milioni di tonnellate di materiali per salvare il culo a quei comunisti… e poi ci hanno fatto la guerra su scala globale. Ma per fortuna ci siamo fatti degli amici all’epoca della rotta artica e del corridoio persiano…”

“Chiamali amici! Sono tutti ex stalinisti incazzati a morte per la fine che ha fatto il loro idolo…”

“Stalinisti? Scherzi? Si sono convertiti presto: hanno fatto il processo a quel gran porco di Beria proprio per allontanare i sospetti…”

“Ora però ci hanno portato sull’orlo della Terza guerra mondiale. E se fosse tutto un piano del KGB per…”

“Per cosa? Per farsi annientare? Tra poco, darò l’ordine di inviare i nostri B52 per sganciare in alcune zone del Mar glaciale artico, a largo di Vladivostok e del Mar Caspio una pioggia di fuoco. Sai che sermoni ispirati farà papa Giovanni XXIII a Roma?”

“Tu bestemmi… E scherzi davvero col fuoco!”

“Ti sbagli. Mi stanno servendo su un piatto d’argento la giustificazione per una prova di forza unica nella Storia: i sovietici vedranno cadere ai limiti del loro territorio più missili balistici intercontinentali di quanti ne possiedano: nel giro di pochi giorni, toglieranno di mezzo il loro gruppo dirigente e ci chiederanno la pace, anche perché noi gli faremo credere di aver sparato una piccola parte del nostro arsenale strategico… Anzi, a pensarci bene secondo me faranno proprio la pelle a Chruščëv!”

“Ma se quei ragazzi a Cuba non facessero il loro dovere e…”

“I missili a Cuba non sono armati. Castro era un nostro uomo e tornerà a esserlo”

“Non ne sarei tanto sicuro, di Castro. Ma sui missili forse hai ragione…”

   

Poco lontano da sochi, in una Dacia immersa nella nebbia dell’inizio dell’inverno russo, Georgy Zhukov sorbisce lentamente il tè conversando con la moglie Galina. Scorre tra le mani le medaglie d’oro di Eroe dell’Unione sovietica e osserva una foto del ventesimo congresso del PCUS che ha ritagliato da un giornale.

“Gosha, non sono solo tua moglie ma anche un medico. Penso che questa storia non farà affatto bene alla salute del tuo cuore e che…”

“Taci! Se le voci che mi arrivano sono esatte, presto sarò chiamato a una missione importante per il Paese quanto la Grande guerra patriottica. Non si tratterà solo di assumerne la guida: anzi, se troverò qualcuno capace e onesto, ne farò a meno…”

Chino sulle sue memorie, non smette di parlare con un altro interlocutore, seduto con lui e la moglie: “E pensare che quei bravi patrioti per accreditarsi con gli Americani e fare il nostro gioco si sono persino finti ex stalinisti. Chissà come rimarrà di stucco il presidente Kennedy quando scoprirà che la sua prova di forza è servita solo a togliere di mezzo in un colpo solo Chruščëv, quei parassiti del partito e un buon terzo dell’arsenale strategico degli Yankee!”

Seduto nell’ombra, l’altro uomo lo ascolta, sbucciando pazientemente una mela con un coltello dalla lama poco affilata. A un certo punto, alza il coltello e vibra dei colpi nell’aria: “Ecco la nostra strategia: piazzare missili balistici di medio raggio a Cuba. Non poteva essere che l’idea di un imbecille come Chruščëv. Una lama che non taglia la mela, cioè la sicurezza degli Americani. Saranno loro stessi a mozzare la testa a Sergeevic…al partito… e a tagliare per noi militari la prima fetta della mela…”

“Spiegami un po’: ha creduto al tuo rapporto sullo stato degli armamenti strategici negli Stati Uniti e a Cuba? Alla storia dei nostri agenti infiltrati…?”

“Sì. È stato più difficile convincere Semichastny e Shelepin a tenerci il sacco…”

“Siamo certi che gli Americani non colpiranno il territorio sovietico?”

“Sì. Loro adorano gli spettacoli: in fondo, per loro anche le due bombe atomiche sul Giappone furono uno show per convincere il Sol Levante ad arrendersi. Tanto e vero che non ne avevano pronte altre e se i Giapponesi non avessero chiesto la resa… sarebbero stati nei guai! Spero solo che usino più di un terzo dell’arsenale disponibile…”

Galina, premurosamente, versa dell’altro tè al marito e poi si rivolge all’ospite: “Maresciallo Malinovski, che cosa posso offrirle?” “Beh, se crede in Dio, una preghiera per la Russia. Se non ci crede, lo stesso!

   

Elio Di Croce: il rumore della vittoria

Brutto periodo per il presidente. Poco tempo fa Marilyn Monroe era morta ed era stato estenuante lo sforzo per tacitare le voci maligne, più o meno fondate, sulla loro relazione. Ora, ancora Cuba, dopo la figuraccia della baia dei Porci. Le foto della CIA mostravano un dispiegamento di rampe di lancio e ora un convoglio navale , con missili a bordo si avvicinava. Si era pensato di bombardare l’isola. Mc Cone, Le May e Taylor erano su questa linea, mentre O'Donnell, Mc Namara e Robert erano contro. Hoover, dal " Bureau ", spalleggiava i falchi e bramava d'ingabbiare tutti i cineasti, attori , scrittori e artisti simpatizzanti dei rossi che in un momento come questo potevano fare opera di disfattismo. Sapeva chi erano e per alcuni aveva le prove; per gli altri… le avrebbe fatte fare. Si era invece deciso il blocco navale, meno pericoloso, ma era un tampone.

E se le navi russe e soprattutto i sottomarini forzano il blocco sparando, come ci si comporta? Le May ha mandato venticinque B-58 in Inghilterra: da lì a Mosca è breve. Il NORAD è in DEFCON 2 e assicura che abbatteranno ogni bombardiere nemico con tutto quello che hanno, anche a sputi se necessario. Il problema sono i missili: troppo veloci, irraggiungibili. La CIA riferisce che sono pochi e imprecisi, ma dopo lo Sputnik e Gagarin come esserne sicuri? 

Giunge la notizia di un U2 colpito, a questo punto non si può più restare con le mani in mano. Tutti i ricognitori tattici sono mandati apertamente sopra l'isola e la Navy piazza i suoi battelli tra questa e il convoglio in arrivo: un avvertimento.

Non basta. I Neptune in volo avvertono che i russi non si fermano affatto. 

Servono idee.

Un Marine annuncia la richiesta d'udienza di due ufficiali del comando aerotattico, il maggiore Olds e il capitano Boyd. Le May sbraita: "Non voglio tra i piedi due fantaccini volanti! Passino il tempo a tirare bombe sui barattoli, come nelle fiere di paese".

"GENERALE!" - replica Robert esasperato. - "Sentiamo l'idea, magari funziona" - aggiunge Mc Namara. L'idea è un "bombardamento sonoro": mandare tutti gli aerei supersonici a sorvolare a bassa quota il convoglio e l'isola volando oltre Mach1. Le onde d'urto provocherebbero danni ai mezzi e ... ai timpani. Si spera che lo choc conseguente possa avere l'esito sperato . "OK, proviamo anche questa" - dice Taylor - "chiamiamola Operazione Thunderstorm" .

Al calar della notte, F8, F101, Vigilante e F105 decollano tutti assieme, disarmati e col carburante strettamente necessario, così da filare il più veloce possibile. L'effetto dei ripetuti passaggi supersonici è sconvolgente. Sulle navi del convoglio antenne e fumaioli si sfasciano, molti uomini urlano dal dolore coprendosi le orecchie.

Non si riesce più a navigare regolarmente. Alcuni battelli si scontrano. Diversi missili si sganciano e sprofondano. Al sorgere del sole la "musica" continua e i capitani russi, sbigottiti, aprono la formazione , disperdendosi. I comandanti dei sommergibili sono disorientati. I Neptune e i destroyers fanno esplodere in acqua uno sciame di cariche di profondità un miglio davanti a loro. A Cuba diversi MiG sono sfasciati a terra, schiacciati dalle onde d'urto. È fatta, i sovietici invertono la rotta. Grazie a due fantaccini volanti.

Foto: web