I giovani soldati della Classe 1899: i nostri eroi di allora. Mentre oggi c’è chi fugge dalle guerre...

(di Marco Valerio Verni)
23/07/18

I giovani soldati della Classe 1899 hanno avuto il battesimo del fuoco. Il loro contegno è stato magnifico e sul fiume che in questo momento sbarra al nemico le vie della Patria, in un superbo contrattacco, unito il loro ardente entusiasmo all'esperienza dei compagni più anziani, hanno trionfato. Alcuni battaglioni austriaci che avevano osato varcare il Piave sono stati annientati: 1.200 prigionieri catturati, alcuni cannoni presi dal nemico sono stati riconquistati e riportati sulle posizioni che i corpi degli artiglieri, eroicamente caduti in una disperata difesa, segnavano ancora.

In quest'ora, suprema di dovere e di onore nella quale le armate con fede salda e cuore sicuro arginano sul fiume e sui monti l'ira nemica, facendo echeggiare quel grido “Viva l'Italia” che è sempre stato squillo di vittoria, io voglio che l'Esercito sappia che i nostri giovani fratelli della Classe 1899 hanno mostrato d'essere degni del retaggio di gloria che su loro discende. (Zona di guerra, 18 novembre 1917 - Il Capo di S.M. dell'Esercito A. Diaz)

Così recitava l’Encomio emanato dal Comando supremo militare del Regio Esercito italiano che, citato sul Bollettino Militare del 22 novembre 1917, venne commutato in una Croce al Valor Militare nel 1923, per effetto del Regio Decreto del 9 luglio di quell’anno.

I protagonisti erano i ragazzi del ’99, giovani che, per lo più provenienti dai ceti più umili della popolazione, appena diciottenni (e con un addestramento molto improvvisato, a causa dell’urgenza con la quale dovettero essere precettati e, quindi utilizzati, in quei mesi drammatici di guerra, in cui tutto sembrava perduto) furono inviati sul fronte nord-orientale, all’indomani della disfatta di Caporetto e che risultarono decisivi in importanti battaglie, tra cui quella “d’arresto”, combattutasi tra il Trentino ed il Veneto il 10 novembre 1917, quella del “solstizio”, svoltasi a metà giugno del 1918 e, da ultimo, quella “di Vittorio Veneto”, che ebbe luogo fra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918.

È anche a questi giovanissimi eroi che il mio pensiero si rivolge, quando oggi si celebrano migliaia di giovani che scappano (dicono) da guerre. E penso al sangue che i nostri avi hanno versato, in tante occasioni, per consegnarci quello che è - o che dovrebbe essere - uno Stato democratico, oggi troppo spesso martoriato e - mi perdonerà chi non sia dello stesso avviso - messo in serio pericolo proprio da alcune politiche migratorie che, dalla loro genesi (che, non scordiamolo, nasce da una vera e propria tratta di esseri umani) alla loro successiva gestione, lasciano, eufemisticamente parlando, molto a desiderare.

Il nuovo corso inaugurato dal neo-formato governo spero che possa preso portare l’Unione Europea o, perché no, le Nazioni Unite, che, all’occorrenza, in passato, hanno anche interpretato - o permesso che si interpretasse - “ad hoc” la propria Carta, per giustificare interventi militari, con le diverse qualificazioni giuridiche del caso, ad intervenire sulla spinosa - ed ormai non più procrastinabile questione - in maniera seria e coerente anche con quelli che sono i valori di solidarietà che, troppo spesso sbandierati a parole, vengono molte volte traditi nei fatti.

In tale contesto, ci sarebbe da dire pure sulle organizzazioni umanitarie, sulla gestione dei fondi destinati all’accoglienza, sui processi di integrazione, sul singolare istituto della protezione umanitaria, e su altro.

Ci si potrebbe perfino domandare perché, ad oggi, la Corte Penale internazionale (della quale, proprio lo scorso 18 Luglio, si è celebrato il ventennale dell’adozione del relativo Statuto) non abbia agito concretamente per indagare ed arrestare i diversi criminali coinvolti (cosa che, nonostante la Libia non risulti tra gli Stati ad essa aderenti, potrebbe comunque compiere su mandato del Consiglio di Sicurezza di quelle Nazioni Unite sopra richiamate), risultando, ad oggi depositato un semplice fascicolo investigativo che, più che sulle cause di questo vero e proprio traffico di esseri umani (con l’enorme indotto economico da esso derivante) sembra vada ad indagarne gli effetti (in primis, la presunta condotta da parte della Guardia costiera libica che, come scritto dallo stesso segretario generale António Guterres – nel corso dei salvataggi e/o delle intercettazione in mare sarebbe spericolata e violenta, ed i centri di detenzione per migranti che operano in Libia): quella stessa Corte che - per inciso - nel contesto geo-politico del tempo (in cui la faceva da padrone la Francia di Sarkozy), venne investita nel 2011, proprio dal Consiglio dell’ONU, dell’eventuale incriminazione di Gheddafi per presunti crimini contro l’umanità.

Ma qui, quel che si voleva ricordare, è una generazione di eroi italiani che “…ieri fanciulli e…oggi così grandi!”, come ebbe a scrivere di loro Gabriele D’Annunzio, difesero con la loro vita i valori del nostro popolo, garantendone la sopravvivenza contro l’invasore.

Certo, oggi tutto è cambiato e, per tornare a quanto accennato sopra, ed al netto di altre considerazioni, le guerre in Africa, laddove effettivamente esistenti, hanno matrici e conseguenze differenti: ma la sostanza poco dovrebbe cambiare, dal momento che, salvi i bambini, le donne e gli anziani (che ogni nazione civile dovrebbe accogliere e proteggere, come è giusto che sia: vedasi, a tal riguardo, quanto qui già scritto in un articolo), il ventenne o il trentenne, al contrario, dovrebbero forse rimanere nella loro terra a combattere - ed eventualmente morire - per quei diritti che, oggi negati, potrebbero domani essere riconosciuti in testi costituzionali, e permettere alle generazioni future di condurre la propria esistenza nei loro Paesi d’origine.

Proprio come fecero i nostri avi in tante occasioni e - per quel che è il tributo che qui oggi si vuol in particolare riconoscere - i giovani del 1899 di cui, lo stesso generale Diaz disse: “Li ho visti i ragazzi del ’99. Andavano in prima linea cantando. Li ho visti tornare in esigua schiera. Cantavano ancora”.

(foto: EUNAVFOR MED /web)