Lettera sull'articolo "100 di questi giorni!"

27/06/17

Egregio Direttore, non di consueto, anzi raramente prendo “carta e penna”, per vergare un paio di sentimenti che mi escono dal profondo, anzi rigurgitano, nel leggere l’ottimo articolo del Vs corrispondente (leggi).

Il bravissimo Sig. Troncone, ad un certo punto cita il caso di un tizio che chiede e ottiene informazioni sulla manifestazione da un sottufficiale di servizio (non ho dubbi circa la gentilezza e il garbo con il quale si impegna in questo compito), spiegando a chi fosse dedicata questa commemorazione: ovvero, ai 100 anni dei reparti da caccia che hanno garantito e garantiscono la difesa aerea del nostro territorio.

E’ alla risposta del tizio che mi sale la pressione sanguigna, quando dice che "lui non si sentiva per niente difeso".

Vede, aldilà del rispetto che porto da sempre per le idee altrui, ancorché necessitino comunque di una buona educazione, ho pensato fulmineamente a mio padre.

Sì, mio padre Ugo, lo vedo lì, vecchio e stanco, nella sua casa di campagna, ancora mentalmente a posto, fermo nelle sue idee… e nei suoi antichi pensieri.

Sa Direttore, quando parlo con lui della Regia, gli vengono gli occhi lucidi; ancora adesso. È un patimento per me riuscire a tirargli fuori qualcosa, qualche scampolo di quei fotogrammi in bianco e nero per noi, ma così vividi per lui, misti all’orrore per un ragazzo giovanissimo, strappato dai banchi di scuola e proiettato in un teatro di guerra. Ha perso praticamente tutti i suoi compagni, e Dio sa come questi in guerra diventino più che fratelli. Uno dopo l’altro, caduti come foglie dagli alberi, strappate da un vento violento e senza pietà alcuna.

Era un Ufficiale Pilota della Regia Aeronautica Militare, ed ha combattuto con gente del calibro di Adriano Visconti. Poca roba. Quanto avrebbe bisogno questa nazione di gente di questo calibro per sentirsi ancora tale, quanto. Eppure, essendosi trovati dalla parte sbagliata nel momento sbagliato, il fato volle che venissero dimenticati.

Mio padre non era un fascista, e non lo è tutt’ora. Era un uomo con saldi principi però, e il suo giuramento lo ha suggellato con il sangue. Dovette aderire dopo l’8 settembre ’43 perché arrestarono suo padre (mio nonno).

Solo recentemente seppi che si opposero fermamente alla sostituzione delle loro mostrine con quelle volute dei fasci littori. Risposero: combattiamo, ma abbiamo un solo giuramento.

Nel giusto o nello sbagliato che fossero, avevano vent’anni, e morirono, morirono quasi tutti nei peggiori dei modi. Cavalieri alati che non tornarono dalle loro madri.

E’ da non credersi, ma a Brescia Ghedi e a Treviso, se non erro, lo stormo era composto da 256 piloti e rimasero in una manciata: “al mattino, facendo colazione, ci guardavamo negli occhi, e pensavamo – sarai tu il prossimo o sarò io? “

Mio padre è come uno scrigno chiuso, e l’ho sempre rispettato, pur volendo ardentemente come tutti i figli, sapere di più.

Però mi perdoni, ma sento di voler rispondere anch’io a questo ignoto “tizio”: io, figlio di un vecchio Pilota dell’Aeronautica Militare, mi sento difeso eccome da questa Gente.

Ora a colori, così come ieri in bianco e nero, so che fanno il loro semplice e puro dovere, e oggi come ieri difendono una bandiera, un concetto, un’ideale di popolo, anche se, purtroppo, persino le istituzioni stesse lo vanno perdendo nel loro intimo. Mio padre, dopo un volo seguendo le stelle e la costa italiana, ha fatto “un salto” in Africa su un bimotore, senza scalo, andata e ritorno nel buio. Ma Piacenza non ha potuto dare luce alla pista se non per 3 secondi, perché Milano era sotto i bombardamenti alleati. L’anno mancata per pochi metri, e si sono capottati in un canale di irrigazione. Il puntatore è morto e mio padre è rimasto ferito.

Tornò comunque a combattere. Per cosa mi domando io? Per le madri a casa? Per gli amici? Per i confini di un’Italia che oggi sembra svanire in un miraggio evanescente?

Questo paese è pieno di “tizi” che, ne sono certo, guarderebbero ancora mio padre dicendo “non mi sento per niente difeso”.

Il silenzio di mio padre, come di ogni Pilota dell’Aeronautica Militare, seppellisce più di ogni altra filosofia la vostra incomprensione.

E sono orgoglioso di questo suo silenzio e di ciò che esso contiene.

Paolo Arpe

(foto: Aeronautica Militare)