Intervista al sottosegretario Matteo Perego di Cremnago: "sviluppo capacitivo e maggiore efficacia di impiego dello strumento militare"

(di Andrea Cucco)
06/02/23

Sono passati da una settimana i primi 100 giorni del nuovo governo.

Sarà un 2023 in cui si farà ancora finta che non c'è una guerra a 700 chilometri dal nostro confine orientale o finalmente cominceremo ad occuparci - o meglio "preoccuparci" - delle condizioni reali delle nostre Forze Armate?

Abbiamo chiesto a fine 2022 un'intervista al ministro ed ai due sottosegretari. Il primo che riusciamo ad incontrare è Matteo Perego di Cremnago, un uomo che abbiamo avuto modo di apprezzare già negli anni passati in coincidenza di molte iniziative che ha portato a termine con determinazione. Come quando, a poche settimane dall'inizio del conflitto, è partito per l'Ucraina assieme a due associazioni di veterani con un carico di aiuti umanitari (leggi articolo).

Lo intervistiamo sperando che manterrà la stessa temerarietà nel suo attuale ruolo...

Lei sta proseguendo un lavoro iniziato con l'ingresso in parlamento e cinque anni in commissione difesa. Da un anno è anche responsabile nazionale del dipartimento Difesa nel suo partito (Forza Italia). Che significa ora ricoprire il ruolo di sottosegretario?

Significa avere una grande responsabilità istituzionale e politica. Significa dare seguito ad un percorso professionale che dal principio ha trovato il suo spazio nel mondo della difesa, in un ambito strategico e vitale per il sistema-Paese Italia in tutte le sue sfaccettature: industriale, militare, geopolitico, diplomatico, economico. È un privilegio e un onore poter ricoprire questa carica che interpreto al fianco e al servizio delle donne e degli uomini delle nostre Forze Armate che operano in Italia e all’estero con la massima professionalità e dedizione.

Sto dedicando il mio impegno per supportare le decisioni del ministro in merito alla ridefinizione della legislazione cyber che tenga conto delle esigenze della Difesa, non solo, alla semplificazione delle procedure nell’ambito export in particolare in riferimento alla 185 del ‘90, così come sugli adempimenti relativi al programma Eurofighter, alla giustizia militare, alla Marina militare e ai sindacati civili e alle associazioni militari.

Si è battuto - condivisibili o meno - per molti progetti, per i percorsi formativi per i giovani nelle Forze Armate, per l'istituzione della figura del "Soccorritore Militare delle Forze Speciali, per il riconoscimento per queste ultime di maggiori indennità e soprattutto per l’istituzione della figura del "Veterano". Quali sono ora le sue priorità?

Sono tutti argomenti importanti e ce ne sono molti altri legati anche alle deleghe che ho ricevuto.

È sicuramente altrettanto dirimente il rapporto con i sindacati civili e le associazioni militari: vanno ascoltati perché sono le voci del nostro personale per tutti gli aspetti connessi anche al loro benessere.

È assurdo sentire affermazioni di "privilegi" delle Forze Armate Nazionali - ed è tema di attualità televisiva - quando parliamo di persone soggette a continui trasferimenti, con pochi alloggi di servizio, che lavorano spesso lontano dagli affetti e soprattutto che rischiano la vita ogni giorno.

Oltre a questo è opportuno pensare al futuro della Difesa e della Nazione, e pensare a essere pronti ogni volta che scoppia una crisi. È prioritario prevedere le emergenze e monitorare quello che succede ovunque in ogni momento.

Bisogna continuare ad investire sullo strumento militare in ottica multidominio, sviluppando anche le potenzialità del nuovo dominio Underwater (la subacquea) che interseca interessi economici (terre rare sui fondali marini), energetici e sicuritari di un Paese che ha 8.000 km di coste e vanta in questo settore un tessuto imprenditoriale fatto di Pmi e le grandi aziende nazionali.

Cosa significa collaborare con un ministro preparato: stimoli a fare di più o preoccupazione?

Significa molto, il ministro Crosetto è un riferimento importante, ha fatto anche lui il sottosegretario prima di me, ha le idee chiare, è dinamico e conosce molto bene l’ambiente Difesa. Le sue linee programmatiche sono un segnale forte che condivido pienamente.

Nessuna preoccupazione, anzi, solo stimoli a dare il massimo per il bene di questo Paese.

In questo primo periodo ha avuto modo di compiere diverse missioni all’estero. Quale l’importanza, quali le sensazioni?

Il lavoro che le nostre Forze Armate svolgono all’estero è di vitale importanza per la sicurezza internazionale ma anche nazionale. Sia in consessi NATO che in aree strategiche dove insistono le nostre missioni di peace-keeping i nostri militari esercitano un ruolo essenziale, di grande rilevanza al servizio soprattutto delle popolazioni locali.

Le sensazioni sono di rispetto, di apprezzamento, accompagnate dalla consapevolezza di chi riconosce il servizio svolto nella sua dimensione strategica e capacitativa.

È doveroso specificare che parlare di missioni internazionali tout court è riduttivo: le sfumature di una presenza delle Istituzioni all’estero riguarda anche i campi dei vertici interministeriali con i Paesi alleati e le manifestazioni industriali di settore.

Da giovane ha lavorato in Asia e Sud America. Ci sono paesi a cui bisogna prestare maggior attenzione?

L’Africa, in un triangolo immaginario al cui vertice c’è la Libia passando per il Sahel è il Corno d’Africa: qui si gioca una parte rilevante del nostro interesse nazionale così come rivestono altrettanta importanza il Sud Est asiatico e il Sud America.

È stato anche in Ucraina… Una sconfitta russa è ipotizzabile?

Si sono stato in Ucraina all’inizio del conflitto a portare aiuti umanitari e a maggio in una missione di diplomazia parlamentare. Ho anche rappresentato il mio Dicastero per l’approvazione del c.d. DL Ucraina alla Camera e al Senato.

Faccio parte di un partito, Forza Italia, che sotto la guida sapiente del presidente Berlusconi ha sempre chiaramente indicato la strada da percorrere: il raggiungimento con ogni mezzo o strumento della pace.

Parallelamente sarà necessario mettere in campo il maggior sforzo possibile per sostenere l’Ucraina nel processo di ricostruzione, questa fase dovrà vedere l’impegno di tutta la comunità europea.

L'Italia ha (parole del ministro!) Forze Armate modellate sui tempi del "peacekeeping". Possiamo sperare, a distanza di un anno, che ci si adegui rapidamente alle nuove minacce prima che divengano "appuntamenti"?

Ritengo di si, penso sia chiaro quello che sta accadendo ora - nonostante le sterili polemiche di alcuni politici - fortunatamente in minima parte.

Il raggiungimento del 2% del Pil per gli investimenti militari scorporando le spese militari dal patto di stabilità sono elementi che segnano un cambiamento di approccio.

Lo sviluppo capacitivo ed una maggiore efficacia di impiego dello strumento militare sono il secondo obiettivo del dicastero. Questo significa investire seriamente e senza passi indietro, con il supporto dell’Industria difesa nazionale e in sinergia con Paesi amici e alleati.

Ogni sei invii di armi approvati in parlamento possiamo sperare in "mezza" legge straordinaria per colmare le gravi carenze delle nostre Forze Armate o proseguiamo con il solito "occhio che non vede, cuore che non duole"?

Auspico che si prosegua con l'alimentazione strutturale dei Fondi per l'ammodernamento dello strumento che permetterebbe di acquisire due importanti risultati: garanzia di finanziamento dei programmi individuati dalla Difesa e, contemporaneamente, permetterebbe alle aziende di programmare con maggiore certezza le risorse industriali con benefici anche nei discendenti piani di assunzione di personale.

Foto: ministero della difesa