Elezioni 2018: il punto di vista dell’on. Giorgia Meloni (FdI)

(di Giusy Federici)
26/02/18

L’argomento Difesa, in Italia, non è tra i primi che viene in mente quando si parla di eccellenze. Ed è un peccato, perché rappresenta un comparto importante della Nazione, un fiore all’occhiello che però andrebbe curato e dotato di maggiori risorse e non ideologizzato, pro e soprattutto contro, come a volte accade e in modo estremo. Nonostante siamo abituati a vedere uomini e donne in divisa, sulle strade ma anche in aiuto alla popolazione in caso di calamità, nonostante vediamo i miracoli di cui sono capaci con le poche risorse a disposizione, il mondo della Difesa e il suo indotto non è conosciuto né apprezzato come meriterebbe. In tutto questo, che ne pensano i politici?

Aspettando l’esito delle imminenti elezioni, vogliamo sentirlo da loro, senza filtri. Chiediamo direttamente ad alcuni politici dei vari schieramenti come intendano lavorare se dovessero andare al governo e il chiarimento su alcuni punti del loro programma riguardante la Difesa.

Ospitiamo l’opinione di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, una donna che riguardo le Forze Armate e il comparto sicurezza ha da sempre le idee chiare.

Onorevole Meloni, se dovesse diventare il nuovo ministro della Difesa, quali sarebbero le prime azioni di discontinuità con le politiche dei governi precedenti? E cosa salverebbe e porterebbe avanti? 

Io ora sono il candidato alla Presidenza del Consiglio di Fratelli d’Italia e mi auguro di avere la fiducia degli italiani per raggiungere questo obiettivo. Ma se così non dovesse essere, sarebbe per me un onore potermi occupare dei nostri uomini e delle nostre donne in divisa che difendono la nostra sicurezza interna e i nostri confini. Quindi occuparmi o del Ministero dell’Interno o del Ministero della Difesa.

Cosa porterei avanti? Senz’altro un’operazione importante come “Strade sicure”, che ha contribuito a rendere più sicure le città italiane e che la sinistra ha voluto ridurre drasticamente soprattutto nelle modalità di impiego. Fratelli d’Italia vuole decuplicare questa presenza e reintrodurre il pattugliamento misto militari-Forze dell’Ordine.

Nel programma di Fratelli d’Italia si parla di “adeguamento degli stanziamenti per la Difesa ai parametri medi occidentali”. Cosa si intende esattamente e dove pensa di trovare le risorse? 

Troppe volte il comparto difesa-sicurezza è stato oggetto di totale disinteresse da parte dei vari governi che si sono susseguiti. Va detto che, anche durante l’ultimo governo di centrodestra, gli uomini e le donne in divisa non hanno avuto quella attenzione che avrebbe meritato. Siamo stati noi di destra a far aumentare di oltre un terzo le risorse destinate alle missioni internazionali inserendo i costi per l’addestramento. E riteniamo una priorità adeguare gli stanziamenti per la Difesa ai parametri occidentali. Lo impone non solo la sicurezza nazionale ma soprattutto il contrasto al terrorismo.

Le risorse? È sufficiente stabilire che il deficit possa essere utilizzato solo per le spese in investimenti pubblici. Tra queste rientrano gran parte di quelle che riguardano la Difesa.

Oggi le nostre Forze Armate partecipano a 33 missioni estere in 23 Paesi, oltre al lavoro sul territorio di carabinieri e polizia. Però mancano molte risorse di cui avrebbero bisogno: personale, mezzi, tecnologie, addestramento e, naturalmente, uno stipendio adeguato perché poche decine di euro in più sono risibili se non offensive. I fondi si trovano? Come? 

Sono due le principali voci di spesa del programma di Fratelli d’Italia: il più imponente piano di sostegno alla famiglia e alla natalità della storia d’Italia e la priorità alla sicurezza e alle Forze dell’Ordine. Noi vogliamo aumentare i salari dei nostri uomini e donne in divisa, fornire dotazioni di ultima generazione e mettere in campo un piano straordinario di assunzioni di almeno 20 mila effettivi. Abbiamo già quantificato costi e coperture per 25 miliardi di euro attraverso una rimodulazione degli assegni familiari, un buon utilizzo dei fondi europei, la riduzione dei costi dell’accoglienza degli immigrati, lo sblocco del limite per l’uso del contante, il riordino delle partecipate, la web tax e il recupero dell’evasione dei grandi gruppi.

Mi lasci però dire che nonostante le difficoltà a cui lei fa riferimento la qualità e il livello di addestramento dei nostri militari impiegati nelle missioni non è secondo a nessuno e ciò ci viene riconosciuto da tutte le istituzioni internazionali.

Da poche settimane è stata pubblicata la relazione finale della Commissione d’inchiesta parlamentare sull’uranio impoverito, che ha creato discussioni anche all’interno delle Forze Armate. Lei cosa ne pensa?

La nostra posizione nei confronti di questa Commissione è stata chiara fin dall’inizio. Fratelli d’Italia ha detto no alla proroga dell'attività e ha deciso di disertare i lavori dopo aver appurato che l'unico obiettivo era quello di delegittimare i militari. I compiti della commissione, ovvero accertare eventuali responsabilità nella morte dei militari per effetto dell'uranio impoverito e migliorare le condizioni di lavoro dei miliari, sono stati disattesi.

Il lavoro della commissione è stato animato esclusivamente da sentimenti di antimilitarismo che non hanno prodotto alcun risultato concreto né per le vittime dell’uranio impoverito né per gli ammalati e né per coloro che rischieranno conseguenze sulla salute in future missioni. Fratelli d’Italia non ha preso parte a questo gioco al massacro dei militari, che sono un patrimonio della Nazione da difendere e valorizzare.

Nel programma di Fratelli d’Italia si cita sia la sovranità nazionale, sia l’interesse nazionale in politica estera: si rende conto che vi prefissate il contrario di quanto fatto finora, da decenni? E la cosa riguarda anche le nostre missioni militari all’estero, dove l’Italia a volte sembra curare gli interessi altrui contro i propri, ad esempio in Iraq, in Afghanistan o in Libia? 

All’indomani del terribile attentato terroristico dell’11 settembre 2001 l’Italia è stata al fianco dei suoi alleati internazionali nella strategia di contrasto al terrorismo. L’obiettivo era sventare la possibilità che i terroristi avessero il sostegno di Stati organizzati. È stato giusto andare fin laggiù e sconfiggerlo. E i nostri uomini e le nostre donne, anche in quelle occasioni, hanno dimostrato tutte le loro indiscutibili capacità, risultando senza alcun dubbio tra i migliori militari tra tutte le forze internazionali impegnate. Non posso non rivolgere la mia gratitudine e la mia sincera vicinanza a tutte quelle famiglie che, in quelle terre così lontane, hanno perso un loro caro. Lo Stato non deve dimenticarlo mai.

Io credo che siano stati compiuti più errori nella fase di post-conflitto. Primo tra tutti il disimpegno delle forze militari americane deciso da Barack Obama.

La Libia ci riguarda da vicino e non solo come ex colonia. Con il governo di Gheddafi l’Italia aveva raggiunto una posizione privilegiata soprattutto in termini economici, oltre che di controllo all’immigrazione. Con la caduta del raìs è avvenuto un tracollo: abbiamo perso prestigio, contratti e non riusciamo a fermare l'immigrazione. Se andate al governo, come intendete muovervi (questa volta...)? 

La guerra contro la Libia è stata fatta contro gli interessi nazionali italiani. È stata incoraggiata fortemente dall’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, dal Pd e dall’intellighenzia.

Tutti sanno che il governo di centrodestra era fortemente contrario a quell’intervento militare ma fu costretto ad intervenire dopo le azioni unilaterali di Francia e Regno Unito, per evitare che l’Italia venisse totalmente estromessa dal territorio libico dopo la fine del conflitto e potesse continuare a tutelare i propri interessi nel nord Africa.

Leva obbligatoria: in Francia di sta pensando di ripristinarla da 3 a 6 mesi, in Italia se ne invoca il ritorno da più parti. Non è nel vostro programma, ma non pensa che reinserirla obbligatoriamente, seppure per pochi mesi, potrebbe aiutare i giovani a ritrovare un senso della Patria e di appartenenza che oggi è ai minimi storici? 

Siamo contrari al ritorno alla leva obbligatoria. La proposta di Fratelli d’Italia è la "mini naja" su base volontaria che consente a chi lo chiede di partecipare per tre settimane alla vita delle Forze armate. L’arruolamento volontario per la ferma di 40 giorni andrebbe promosso, riconoscendo ai partecipanti crediti scolastici e universitari e anche punteggi per ogni concorso pubblico.

Avvicinarsi alle Forze Armate forma il carattere e aiuta a capire l’importanza di servire la Patria.

Negli anni precedenti, nell’ottica di ottimizzare i costi e risparmiare, si è parlato spesso di chiudere caserme di carabinieri, polizia e vigili del fuoco, in un momento delicato in cui i cittadini, al contrario, si sentono poco tutelati dallo Stato: Fratelli d’Italia intende mantenere se non aumentare i presìdi sul territorio delle Forze dell’Ordine e del soccorso tecnico urgente? 

Assolutamente sì. E mi collego a quanto detto prima sull’operazione ‘Strade sicure’. Una maggiore presenza sul territorio delle Forze dell’ordine e delle Forze armate, non spaventa i bravi cittadini ma solo i delinquenti. Più sicurezza equivale anche ad una maggiore libertà.

Tra i vari punti del vostro programma di governo, c’è quello di usare il 50% dei beni sottratti alla malavita per un fondo a favore del comparto sicurezza e difesa. Come verrebbero usati, concretamente? 

Fratelli d’Italia vuole avviare la cartolarizzazione del 50% dei beni sottratti alla malavita per finanziare un fondo specifico a favore del comparto difesa-sicurezza. È una proposta concreta ma anche dall’alto valore simbolico: sostenere chi difende la libertà e combatte la criminalità con i soldi stessi della criminalità.

Perché un militare dovrebbe votarvi? 

Perché da sempre Fratelli d’Italia è stata dalla parte degli uomini e delle donne con le stellette. Lo ha fatto schierandosi dalla loro parte, anche nei loro momenti più difficili, soprattutto quando in tanti puntavano l’indice contro di loro. E, infine, perché tra noi di FdI e chi ha scelto di servire in armi la Patria c’è una affinità culturale ed ideale che i militari apprezzano e conoscono bene.