Siria: presto offensiva su Raqqa ma la guerra fra islamisti fa il gioco di Turchia e USA

(di Giampiero Venturi)
31/05/16

Migliaia di soldati siriani sono concentrati lungo la direttrice che virtualmente unisce Hama a Raqqa, autoproclamata capitale dello Stato Islamico.  Altri 1500 uomini scelti (Falchi del Deserto e Fanti di marina) si sarebbero uniti a unità della 4a Divisione meccanizzata e a reparti armati del partito Baath per iniziare la manovra da Ithriya verso est sulla strada 42 che porta al Governatorato roccaforte del Califfato. L’offensiva sarebbe prevista nelle prossime settimane.

La spinta dal basso verso Raqqa è necessaria ad Assad visto il pantano di Aleppo, dove lo stallo continua e tutto lascia presupporre tempi lunghi per un vero punto di svolta militare.

Proprio in virtù della pressione da sud, l’attività militare dell’ISIS è diventata più dinamica a nord da dove arrivano le novità militari e politiche più importanti.

Gli scontri fra ISIS e altri fronti islamisti sono aumentati in modo considerevole in tutta la regione a nord di Aleppo, con ripercussioni su tutto il settore a nord ovest a ridosso della città di Idlib.

Proprio da Idlib arrivano in queste ore notizie di civili uccisi dai raid dell’aviazione russa, impegnata in decine d’incursioni giornaliere in tutta l’area. Le notizie vengono sistematicamente diffuse in Occidente attraverso l’Osservatorio siriano dei diritti umani, diretto da Rami Abdel Rahman, controverso dissidente anti Assad finanziato da Londra. Sulla loro veridicità lasciamo il commento ai lettori.

La grande offensiva aerea di queste ore, secondo quanto riferito dal capo di Stato Maggiore russo generale Gerasimov, sarebbe rivolta indistintamente contro il Califfato e miliziani islamisti (tra cui Al Nusra), in guerra tra loro. La recrudescenza della lotta intestina fra gruppi fondamentalisti potrebbe sembrare un vantaggio per Damasco; è più opportuno immaginare invece che stia offrendo il pretesto a Turchia e Stati Uniti per aiutare le fazioni islamiche cosiddette moderate, ma in realtà spesso pesantemente penetrate dal fondamentalismo. Fonti locali di Difesa Online confermano che solo fra aprile e maggio sarebbero 6000 i miliziani passati attraverso il confine turco. Il grosso avrebbe rinforzato Al Nusra (Al Qaeda siriana) permettendole di contrastare l’offensiva delle Forze Armate siriane, che a marzo avevano recuperato quasi tutto il territorio tra Latakia e Idlib, chiudendo di fatto il fronte. Il passaggio di convogli di rifornimenti (armi e munizioni soprattutto) dalla Turchia sarebbe ininterrotto. La situazione a nord est di Latakia rimane fluida, con bollettini quotidiani contrastanti. 

La Turchia dal canto suo avrebbe riproposto agli Stati Uniti operazioni congiunte sul territorio siriano a patto che non coinvolgano milizie curde. Ricordiamo al proposito che l’SDF (con cui combattono anche arabi) è aiutato sul campo da forze speciali americane. Gli americani ufficialmente non rispondono all'invito, ma i riflessi si vedranno nelle prossime settimane.

La richiesta spiegherebbe il gioco politico e gli obiettivi di medio-lungo periodo di Ankara (e Washington): essenzialmente armare miliziani anti Assad (fra cui i terroristi di Al Nusra) impegnati nella guerra contro l’ISIS. Individuato il Califfato come “nemico pubblico”, il merito di combatterlo verrebbe così ripartito, togliendo all’esercito di Damasco il merito della guerra al terrorismo, divenuta opinione diffusa dopo la riconquista di Palmira. Si eviterebbe così anche l’effettiva riconquista delle Forze Armate siriane delle regioni montuose del nord ancora fuori controllo governativo.

Se qualcuno soffi sulla guerra fra ISIS e altri gruppi islamisti (magari aiutando indirettamente entrambi) è difficile da provare, ma tutto lascia pensare che il caos che ne consegue porti giovamento a chi non vuole Assad e allunghi i tempi di una pacificazione nazionale.

Il 7 maggio è stato di fatto eliminato con un attacco suicida dell’ISIS lo “Stato Maggiore” del cosiddetto New Syrian Army (fonte Washington Post), altra perla della costellazione di cosiddetti “ribelli moderati”, messo in piedi in Giordania con addestramento e armi degli Stati Uniti. La milizia controllerebbe ancora il confine di al-Tanf fra Siria e Iraq. Nella confusione qualcuno ruspa…

In Siria ci sono circa 60 sigle di gruppi che si definiscono ribelli e dividere gli integralisti islamici da milizie semplicemente contrarie al governo di Damasco è in sostanza impossibile.

La guerra continua e nonostante i progressi dei lealisti, armi e rifornimenti a milizie integraliste continuano ad arrivare in territorio siriano sia da nord che da sud. 

(Foto: SAA-BBC)