Maria Concetta Calabrese: Figli della città - Consoli genovesi a Messina in età moderna

Maria Concetta Calabrese
Ed. FrancoAngeli, Milano 2018
pagg.186

Professoressa di Storia moderna presso il Dipartimento di studi politici e sociali dell’Università di Catania, l’autrice, in questo suo saggio, approfondisce il legame tra le città di Genova e Messina, nel cinquecento e nel seicento, attraverso l’istituto consolare che “costituisce un elemento di particolare interesse nello studio della costruzione dei rapporti di potere, non solo nelle relazioni tra Stati, ma anche nella formazione degli equilibri istituzionali interni allo Stato.[…] Il consolato era il perno delle reti di relazione locale, ma anche di una rete sovralocale, che andava a integrarsi con quella diplomatica. […] I consoli funzionavano in questo contesto come cardini essenziali del sistema di raccolta e trasmissione informazioni. Ogni console rappresentava l’autorità dello Stato da cui proveniva, agiva a suo nome e aveva il compito precipuo di tutelarne gli interessi che erano per lo più di natura privata o commerciale.”

Genova, che aveva interessi commerciali in tutto il Mediterraneo, inviò i propri consoli nelle piazze finanziarie più importanti, mentre numerosi componenti delle famiglie genovesi emigrarono in cerca di fortuna e, “affermatisi, riuscirono a entrare nelle elites locali e ricoprirono cariche di primo piano, senza recidere il legame con la madrepatria, della quale continuarono a rappresentare gli interessi commerciali e politici. Da queste famiglie erano generalmente tratti i consoli che dovevano rappresentare gli interessi della Natio genovese e questo avvenne anche in Sicilia, a cominciare da un luogo strategico come Messina […] che costituiva un naturale occhio di Genova verso il Levante.”

Al 1116 risale la prima testimonianza della presenza mercantile genovese a Messina, che, nel XVI secolo, era una delle città siciliane più cosmopolite e “si presentava come un grappolo d’identità, dove convivevano greci, levantini, genovesi, toscani.” I genovesi la scelsero per la sua posizione strategica, in quanto “era diventata la piattaforma logistica del circuito commerciale della seta”, materiale che i mercanti genovesi esportavano da Messina a Genova e in tutta Europa.

Le principali famiglie genovesi, che s’insediarono nella città dello Stretto, furono quelle dei Cicala, dei Giustiniani e dei Salvarezza, mentre i consoli più antichi di cui si abbia notizia appartengono alla famiglia dei Lomellini. Dopo l’impresa di Tunisi del 1535, quando Carlo V fece tappa a Messina, la città cambiò volto in quanto, volendo essere capitale, non badò a spese per accogliere il sovrano con cerimonie fastose, erigendo anche archi trionfali. Inoltre, per difendere la città dagli assalti dei barbareschi e degli ottomani, fu intrapresa, con il vicerè Ferrante Gonzaga, un’importante opera di fortificazione, in quanto, “negli anni trenta del Cinquecento, tra il 1534 e il 1545 i turchi dilagavano nel Mediterraneo.” E, in quel periodo, da parte di vicerè, ambasciatori e militari, si fece largo uso di spie per raccogliere notizie sui turchi.

Un’attività fondamentale, sia per la città di Messina, che lo produceva, sia per la città di Genova, che lo commercializzava, era quella dell’approvvigionamento del grano. “Per i vicerè spagnoli, scrive Fernand Braudel, amministrare, governare in Sicilia, significa anzitutto occuparsi dell’esportazione del grano.” E la sua commercializzazione, ai fini dell’esportazione, fu una delle più importanti voci dell’economia siciliana. Poiché il suo reperimento, per Messina, era un bisogno costante, in tempo di carestia la città “ricorreva abitualmente al sequestro di navi che passavano dallo Stretto.” Come già precedentemente scritto, anche la seta, che veniva imbarcata soprattutto sulle navi genovesi, fu un elemento sulla cui commercializzazione Messina e il suo patriziato costruirono la propria ricchezza. Alla fine del XVII secolo, però, con la ristrutturazione del traffico del Levante, che dovette fare i conti con gli inglesi e gli olandesi nel Mediterraneo, l’esportazione della seta si avviò verso il declino. “Il decadimento della giurisdizione del consolato si accompagnò in quel tempo alla flessione del commercio della seta in quei primi anni del Settecento in cui Messina, ma presto anche Genova, chiuderanno i loro secoli d’oro.”

Gianlorenzo Capano