Il panorama della cooperazione nell'intelligence occidentale attraversa una fase di profonda trasformazione, caratterizzata da episodi sintomatici che meritano un'attenta decodificazione.
Due eventi apparentemente distinti – il caso "Chatgate" e le tensioni all'interno dell'alleanza Five Eyes – costituiscono in realtà manifestazioni complementari di una medesima crisi fiduciaria che sta ridefinendo i parametri delle relazioni interalleate.
L'incidente "Chatgate" rappresenta l'emblema della vulnerabilità intrinseca alla cosiddetta "diplomazia del telefonino". L'inclusione accidentale di un giornalista in una chat di gruppo riservata ha esposto informazioni di sicurezza nazionale critiche, rivelando quanto la dimensione tecnologica possa compromettere strutture di sicurezza consolidate. Questo episodio non costituisce meramente un incidente isolato, bensì l'espressione di una contraddizione sistemica: l'adozione di canali comunicativi informali nell'ambito di decisioni strategiche comporta rischi strutturali che trascendono il singolo errore umano.
La tripla criticità evidenziata – vulnerabilità all'errore umano, perdita di tracciabilità e controllo, falso senso di sicurezza indotto dall'informalità delle comunicazioni – configura un paradigma problematico che erode le fondamenta stesse della cooperazione interalleata. L'osservazione dell'alto ufficiale occidentale secondo cui tali episodi generano interrogativi sulla condivisibilità delle informazioni sensibili rivela la dimensione psicologica del fenomeno: la fiducia, elemento costitutivo delle alleanze, viene sottoposta a tensioni che ne minacciano l'integrità.
Parallelamente, la prospettiva di una configurazione "Four Eyes" – con l'esclusione selettiva degli Stati Uniti da determinati flussi informativi – segnala una frattura ancora più profonda. Si assiste a una metamorfosi dell'alleanza Five Eyes, storicamente fondata sul principio della condivisione incondizionata dell'intelligence, verso un modello a geometria variabile che rispecchia nuove gerarchie fiduciarie.
Questa evoluzione rappresenta una cesura rispetto al paradigma tradizionale: il passaggio da una fiducia assoluta e indifferenziata a una "fiducia condizionata" basata su valutazioni contingenti. Il fatto che potenze come Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda considerino la creazione di un canale parallelo di scambio informativo rivela l'emergere di un approccio pragmatico alle relazioni interalleate, in cui la condivisione diviene selettiva e strumentale.
Un aspetto particolarmente allarmante di questa evoluzione riguarda la potenziale frattura tra le strutture politiche e militari all'interno del sistema statunitense. La persistenza di fughe di notizie e imbarazzi diplomatici generati dalla leadership politica americana introduce un elemento di preoccupante destabilizzazione nell'architettura istituzionale occidentale.
Se i vertici politici degli Stati Uniti continueranno a manifestare vulnerabilità nella gestione degli affari riservati, si profila un rischio concreto e sistemico: la possibilità che gli apparati militari e d'intelligence, mossi da preoccupazioni legate alla sicurezza operativa e alla preservazione delle alleanze strategiche, sviluppino meccanismi decisionali paralleli che escludano, de facto se non de jure, le componenti politiche dai processi deliberativi in materia di sicurezza nazionale e internazionale.
Questa ipotesi di "distacco funzionale" tra i due livelli decisionali configura uno scenario di eccezionale gravità per almeno tre ordini di motivi:
- Erosione del controllo democratico sugli apparati di sicurezza: Il principio fondamentale del primato civile sulle forze armate, cardine delle democrazie occidentali dal secondo dopoguerra, verrebbe compromesso attraverso pratiche di compartimentazione informativa e decisionale che, pur non assumendo le forme esplicite di un coup d'état, ne riprodurrebbero parzialmente gli effetti destabilizzanti. Si assisterebbe a una forma peculiare di "golpe silenzioso", caratterizzato non dalla sostituzione violenta della leadership, ma dalla sua progressiva irrilevanza nei processi decisionali strategici.
- Frammentazione della coerenza strategica: L'emergere di canali decisionali paralleli comporterebbe inevitabilmente una perdita di coesione nell'articolazione della strategia nazionale americana, con ripercussioni significative sugli equilibri transatlantici. La discrepanza tra orientamenti politici ufficiali e prassi operative degli apparati militari potrebbe generare segnali contraddittori verso alleati e avversari, complicando ulteriormente il già delicato equilibrio geopolitico contemporaneo.
- Alterazione degli equilibri interalleati: Una situazione di questo genere porrebbe i partner degli Stati Uniti di fronte a un dilemma strategico senza precedenti. Con quali interlocutori americani coordinare le proprie azioni? Quale livello considerare realmente rappresentativo della volontà strategica statunitense? La risposta a tali interrogativi potrebbe indurre alcune nazioni a privilegiare i rapporti con gli apparati tecnico-militari rispetto alle controparti politiche, accentuando ulteriormente la deriva istituzionale.
Storicamente, fenomeni analoghi si sono manifestati in contesti di profonda crisi di legittimità politica. Il caso americano presenterebbe tuttavia caratteristiche peculiari, configurandosi non come rottura traumatica dell'ordine costituzionale, bensì come graduale riarticolazione delle competenze decisionali motivata da imperativi funzionali di sicurezza operativa e preservazione delle alleanze. Tale evoluzione, per quanto formalmente rispettosa delle istituzioni, ne altererebbe profondamente la sostanza, introducendo dinamiche di "doppio stato" in cui le strutture formali e quelle sostanziali divergerebbero in modo significativo.
L'analisi integrata di questi fenomeni suggerisce l'emergere di un nuovo equilibrio nella cooperazione tra alleati occidentali, caratterizzato da maggiore pragmatismo e minore automatismo fiduciario. L'imperativo di rafforzare le procedure di sicurezza digitale, ridefinire i principi di condivisione nell'intelligence e gestire politicamente le divergenze senza produrre fratture irreversibili delinea le coordinate di un processo di adattamento in corso.
Per scongiurare la deriva istituzionale precedentemente delineata, appare indispensabile un intervento su molteplici livelli:
- Ricostituzione di protocolli comunicativi interni rigorosi: Le leadership politiche occidentali, a partire da quella statunitense, necessitano di adottare procedure comunicative che garantiscano non solo la sicurezza dei contenuti sensibili, ma anche la prevedibilità e affidabilità delle catene di comando. Ciò implica superare definitivamente il paradigma della "diplomazia del telefonino" in favore di canali istituzionali strutturati.
- Definizione esplicita dei confini della condivisione informativa: Il superamento della crisi fiduciaria all'interno dei Five Eyes richiede un confronto aperto sui limiti della condivisione e sulle eventuali eccezioni, evitando che decisioni unilaterali generino reazioni difensive a catena tra gli alleati. Tale processo di chiarificazione deve necessariamente coinvolgere sia le componenti politiche che quelle militari, ripristinando una sintonia operativa attualmente compromessa.
- Meccanismi di coordinamento interalleato strutturati e multilivello: Il rischio di frammentazione decisionale all'interno del blocco occidentale impone la creazione di forum di confronto permanenti che coinvolgano simultaneamente le leadership politiche e militari dei paesi alleati, superando l'attuale compartimentazione che facilita dinamiche di esclusione selettiva.
Le democrazie occidentali si trovano quindi di fronte alla necessità di rimodulare i propri meccanismi di cooperazione, contemperando l'esigenza di protezione informativa con quella di mantenere un'unità strategica. La sfida consiste nel trasformare queste tensioni in opportunità per una cooperazione più consapevole e resiliente, dove la tecnologia e la fiducia interagiscano in modalità più sofisticate e sicure.
Questa transizione non rappresenta necessariamente il declino dell'alleanza occidentale, quanto piuttosto una sua evoluzione verso forme più articolate e complesse, in cui il patto implicito di lealtà che ne ha costituito l'architrave per decenni viene rinegoziato alla luce delle nuove sfide geopolitiche e tecnologiche del XXI secolo.
La posta in gioco trascende la mera efficienza operativa, investendo direttamente la natura stessa dei regimi democratici e la loro capacità di preservare l'equilibrio costituzionale tra apparati civili e militari anche in contesti di crescente incertezza strategica.
* (nel fotogramma SkyTg24) vice presidente Associazione Italiana Sicurezza Sussidiaria, responsabile nazionale dipartimento CyberSecurity