ReArm Europe/Readiness 2030? La deterrenza non nasce da un arsenale

Nel Novecento si moriva per la Patria o la Libertà. O, almeno, così si credeva.
Nella Prima guerra mondiale, milioni di giovani marciarono verso la morte convinti di difendere l’onore nazionale. In realtà, molti non sapevano nemmeno perché stavano combattendo. Ma la retorica li sostenne: patria, famiglia, civiltà.
Nella Seconda guerra mondiale, gli ideali si fecero più netti: libertà contro totalitarismo, civiltà contro barbarie. Anche fascisti e nazisti (assolutamente da non confondere) combattevano – a modo loro – per le stesse aspirazioni. Erano visioni del mondo capaci di mobilitare, di avere un senso e creare appartenenza.
Oggi, in un occidente quanto mai eterogeneo, ci si riempie la bocca di termini come “democrazia” o “interesse nazionale” ma ai cittadini (spesso considerati sudditi) sorge spontanea la domanda: per cosa dovrei sacrificare la mia vita?
I valori sembrano spesso una cortina fumogena. Libertà, deterrenza e sicurezza coprono interessi economici (altrui), accesso alle risorse (altrui), controllo geopolitico (altrui).
Ma nessuno oggi si arruola per “l’espansione del PIL europeo” o “l’autonomia strategica dell’Unione”. Chi è disposto a morire per un gasdotto? Per un trattato commerciale? Per un bilancio comune della difesa?
Il nodo è questo: se mancano ideali riconosciuti e condivisi, se si traduce tutto in termini finanziari o produttivi, cosa resta alla base della motivazione individuale al sacrificio?
Gli interessi (personali) possono spiegare le decisioni delle élite, ma non muoveranno – oltre una determinata soglia – il cuore dei soldati, né di un popolo.
Un giovane americano, francese, tedesco può scegliere di servire, ma non sarà disposto all’estremo sacrificio per qualcosa che non sente proprio, sufficiente e sincero. I nostri militari hanno già avuto esperienza di cosa significhi uccidere e morire per false giustificazioni. Talvolta lo sapevano già all’imbarco, spesso lo hanno compreso tardivamente.
Nell’Europa “parassita e scroccona” sarà un responso di popolo a fare la differenza? In Ucraina la stragrande maggioranza della gente se ne fregava altamente del proprio governo, delle aree contese dagli autonomisti o dei russi, tuttavia la maldestra mossa dei “fratelli maggiori” ha fornito determinazione e volontà di combattere.
Oggi l’Europa parla di “Readiness 2030”, di riarmo intelligente, di autonomia strategica. Prima ancora di acquistare armi, conviene ritrovare un motivo per cui usarle.
Se l’Europa (e l’Occidente) vuole davvero prepararsi a difendere sé stessa, deve rispondere a una domanda brutale ma essenziale: per cosa siamo disposti a morire?
Non basteranno gli attuali effettivi in divisa a far fronte alle guerre all’orizzonte.
Il 20 settembre 1792 volontari francesi male armati e vestiti, fermarono un esercito potente e ben organizzato. Fu la vittoria dello spirito sul metallo, del popolo libero contro la forza cieca. A Valmy nacque non solo una Repubblica, ma un principio immortale.
Serviranno dunque gli “straccioni di Valmy” per avere una deterrenza europea. Ma oggi cosa stiamo dicendo loro? Che difendiamo valori? Che difendiamo una civiltà? Che difendiamo la libertà?
Serve una narrazione vera, credibile, condivisa. Senza risposte chiare, non si costruisce una difesa, si costruisce solo un arsenale.
Con i soldi, da morti, non si compra nulla. Senza ideali, nessuno è disposto a morire. Se motivati, si paga il prezzo più alto anche “gratuitamente”.
Gli ideali possono essere falsi, tossici, manipolatori. Ma la loro assenza è peggiore: lascia il campo alla disillusione, al cinismo, al disinteresse o a pifferai che – dietro una bandiera ipocritamente pacifista – scoprono la nostra giugulare ai loro mandanti.
Se l’Occidente vuole davvero difendersi, non può accontentarsi di bilanci e slogan: deve tornare a credere in qualcosa che valga più della vita stessa. Solo allora, forse, torneranno gli “straccioni di Valmy”. E questa volta, dalla Finlandia a Cipro o alla Groenlandia, parleranno tutte le lingue d’Europa… ma con un’unica voce!