Libia, il mistero al-Drissi: torture, silenzi e video shock

(di Paolo Lolli)
09/05/25

Ibrahim Abu Bakr Abdul Rahmanal al-Drissi è (era?) un influente membro della Camera dei Rappresentanti (HoR) di Bengasi1 e un'importante figura religiosa nel Paese nordafricano. Da circa un anno, per la precisione dal 16 maggio 20242 - giorno in cui le autorità politiche e militari della Cirenaica celebravano il decennale dell’Operazione Karama3 - al-Drissi è misteriosamente scomparso.

Diverse sono le opinioni circa le motivazioni del suo rapimento ma prevale l’ipotesi che alcune critiche da lui sollevate in merito alla malagestione del territorio in mano alla famiglia degli Haftar siano state fatali.

Da allora, nonostante gli appelli interni ed esterni affinché si facesse chiarezza, la vicenda è finita progressivamente in secondo piano. Tuttavia, recenti sviluppi hanno riacceso l’attenzione su un caso che in Libia appare tutt’altro che isolato.

Lunedi 5 maggio un sito web francese, Afrique Asie, ha pubblicato alcune foto che sembrano ritrarre al-Drissi e che si riferirebbero al periodo immediatamente successivo alla sua cattura4. Le foto in questione mostrano il parlamentare in situazioni precarie, in una cella, in evidente stato di sofferenza e con una catena al collo. Successivamente, sui principali social network libici, è cominciato a circolare anche un video con alcune dichiarazioni del parlamentare5. Al-Drissi ha, in sostanza, respinto con fermezza ogni accusa di tradimento nei suoi confronti, ribadito la propria fedeltà al generale Khalifa Haftar e al capo di Stato maggiore delle forze di terra del Libyan National army, Saddam Haftar, infine, ha implorato per essere rilasciato.

Oltre a scatenare lo sdegno dell’opinione pubblica libica, le immagini hanno costretto le autorità politiche del Paese a prendere posizione. Il fragile Governo di unità nazionale del primo ministro Abdul Dbeibah, in un comunicato6, ha prima condannato le misure detentive disumane e umilianti del parlamentare dichiarando di ritenere responsabile dell’accaduto il comando generale della Libia Orientale e, quindi, chiesto l’apertura di un’indagine internazionale che possa chiarire le dinamiche dell’incidente7. La Camera dei Rappresentanti di Bengasi ha esortato le agenzie di sicurezza e il Ministero dell’Interno a intensificare le indagini in merito alla fuga delle foto e del video, alla loro fonte, alla loro autenticità e alle motivazioni che si possano celare dietro la loro pubblicazione8. Mentre, con una velocità che non aiuta a smontare le perplessità del caso, l’agenzia per la sicurezza interna ha negato l’autenticità del video adducendo il tutto a una manipolazione dei contenuti per mezzo dell’intelligenza artificiale, sottolinea, al contempo, il tentativo di attori non meglio specificati di minare la stabilità delle autorità politiche della Libia orientale9, il ministero dell’Interno ha comunicato che il destino di Ibrahim al-Drissi rimanga, per il momento, incerto, ma che sia stato rapito da un’entità criminale sconosciuta affiliata a una banda organizzata10.

Le autorità politiche del Governo di stabilità nazionale di Osama Hammad hanno cercato di mettere in risalto l’importanza politica, religiosa e simbolica della figura di al-Drissi, facendo passare il messaggio che nessuno a Bengasi o Tobruk trarrebbe vantaggio da tale situazione e che, invece, fossero attori ostili a beneficiare da una destabilizzazione della Cirenaica.

Ma, ad una osservazione un po' più attenta, magari anche un filo maliziosa, non possono non sfuggire quelle che sono le sfumature di uno Stato fallito - ormai una mera espressione geografica, vittima delle interferenze di potenze esterne e ostaggio di attori autoctoni in guerra tra loro per la conquista di quote di potere - quale la Libia oggi.

Il rapporto annuale del 2024 di Amnesty International evidenzia proprio questo11: le forze di sicurezza, le milizie, i vari gruppi armati arrestano, arbitrariamente, su tutto il territorio libico, centinaia di attivisti, giornalisti, funzionari governativi. Le motivazioni spesso vengono ricondotte a sospette affiliazioni politiche, tribali, religiose, talune volta per solo ritorno economico. La tortura e i maltrattamenti sono pratiche sistematiche all’interno delle carceri e delle varie strutture detentive dislocate sul territorio del Paese nordafricano, il tutto in un clima di pressoché totale impunità.

In sintesi questi crimini, come più volte evidenziato da tanti altri documenti, sono endemici e caratterizzano tanto l’operato del Governo di unità nazionale di Dbeibah riconosciuto a livello internazionale, quanto del Governo di stabilità nazionale di Hamad.

Per il momento non ci sono conferme circa l’autenticità delle foto e del video. Anche sullo stato di salute del deputato libico Ibrahim al-Drissi permangono seri dubbi. Necessita di essere evidenziato, in conclusione, come le foto siano stato fatte circolare da un sito web francese, non un dettaglio secondario. Parigi, a fronte di una sempre maggior presenza di Mosca e Ankara in Libia, è oggi un attore secondario a queste latitudini. Che sia stato, quindi, un monito francese nei confronti degli attori politici della Cirenaica per segnalare la propria insofferenza? O siamo di fronte all’ennesimo caso di violenza che affligge la Libia?

3 Conosciuta anche come Operazione Dignità