Balcani in bilico: Kosovo-Serbia tra crisi politica e tensioni, la NATO vigila

Le tensioni tra Kosovo e Serbia continuano a rappresentare una delle principali sfide nei Balcani. Le elezioni che si sono tenute in Kosovo il 9 febbraio 2025 hanno ulteriormente riportato l’attenzione sulla fragilità del dialogo tra Pristina e Belgrado, evidenziando le profonde divisioni politiche e sociali che rendono difficile un accordo duraturo.
Dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo nel 2008, la Serbia ha continuato a non riconoscere l’ex provincia come Stato sovrano, mantenendo un’influenza significativa sulla popolazione serba residente nel nord del Kosovo. Le tensioni tra i due paesi si sono intensificate nel 2023 con una serie di scontri tra gruppi serbi e le forze kosovare, culminati in episodi di violenza, come l’attacco di settembre nel nord del Kosovo che ha provocato la morte di un poliziotto kosovaro e di tre serbi. L’episodio ha segnato il peggior aumento di tensione tra le due comunità degli ultimi anni e ha spinto la NATO a rafforzare la presenza della missione KFOR.
Le elezioni parlamentari del 9 febbraio 2025 in Kosovo hanno visto un calo del consenso per Vetëvendosje (VV), il partito del primo ministro Albin Kurti, che ha ottenuto il 40,9% dei voti, senza riuscire a raggiungere la maggioranza assoluta. Il Partito Democratico del Kosovo (PDK) ha ottenuto il 22,11% dei voti e 25 seggi, seguito dalla Lega Democratica del Kosovo (LDK). Tuttavia, il vero punto di tensione rimane il boicottaggio delle istituzioni kosovare da parte della Lista Srpska, il principale partito serbo in Kosovo. L’affluenza alle urne è stata del 35% su base nazionale, con percentuali ancora più basse nei comuni a maggioranza serba, dove la partecipazione è stata di circa il 3%. Questa situazione evidenzia una profonda crisi politica e sociale, aggravata dall’assenza di un accordo di normalizzazione tra Kosovo e Serbia. L’Associazione delle municipalità serbe, un organo promesso dall’Accordo di Bruxelles del 2013, continua a rappresentare un nodo irrisolto, con Pristina che la considera un rischio per la sovranità del Kosovo e Belgrado che la ritiene una garanzia necessaria per la tutela dei diritti della minoranza serba.

L’11 marzo 2025, il già primo ministro olandese e attuale segretario generale della NATO, Mark Rutte, si è recato in Kosovo per incontrare il premier Kurti e le autorità locali, sollecitando un’accelerazione del dialogo con la Serbia. Rutte ha ribadito il ruolo della NATO nel garantire la sicurezza della regione e ha sottolineato l’importanza di un accordo per la normalizzazione dei rapporti tra i due Stati, affermando che tale processo “porta maggiore stabilità, più opportunità di investimento e sicurezza duratura in tutta la regione, a beneficio di tutti”.
Attualmente, circa 4.500 militari della NATO sono schierati in Kosovo come parte della missione KFOR, con il compito di mantenere la stabilità e garantire la sicurezza delle comunità locali. Il governo kosovaro ha più volte ribadito la necessità di maggiori garanzie internazionali per proteggere il paese da possibili aggressioni serbe, mentre Belgrado ha chiesto una maggiore autonomia per la minoranza serba del Kosovo.
L’Unione Europea ha mediato il dialogo di Bruxelles tra Serbia e Kosovo dal 2013, con l’obiettivo di favorire la normalizzazione dei rapporti. Tuttavia, i progressi sono stati limitati, nonostante l’Accordo di Ohrid del 2023. La sua mancata implementazione ha alimentato ulteriore tensione e incertezza nella regione.
La Serbia, che aspira all’adesione all’UE, è ancora legata alla Russia e alla Cina, rendendo il percorso di integrazione europea di entrambi i paesi ancora più complesso.
Senza un impegno politico concreto da entrambe le parti e senza un maggiore coinvolgimento dell’UE e della NATO, il rischio di nuove crisi tra Kosovo e Serbia rimane elevato. Il futuro della regione dipenderà dalla volontà delle parti di rispettare gli accordi esistenti e dalla capacità della comunità internazionale di mantenere la stabilità e prevenire un’escalation delle tensioni.

Foto: NATO