Auto civili vs veicoli militari: questione di chilometri o di scelte (discutibili)?
In una recente intervista al prof. Svaresi del DEIB PoliMi (Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano) è emerso un dato sorprendente: il parco auto italiano è fortemente sottoutilizzato. Anche con questa constatazione, il dipartimento universitario milanese si conferma autorevole centro di studio della mobilità del futuro, sviluppando soluzioni più sostenibili con cui dovremo inevitabilmente confrontarci.
100.000 km? Solo l’inizio!
Dimentichiamo la vecchia soglia dei 100.000 km come riferimento per giudicare un’auto endotermica: oggi è solo un ricordo. Le moderne vetture, con una corretta manutenzione, possono coprire distanze impensabili fino a qualche decennio fa. I motori a benzina sono progettati per durare tra i 150.000 e i 250.000 km, mentre i diesel possono facilmente superare i 400.000 km.
Ma allora, perché molte auto vengono dismesse prematuramente?
La manutenzione fa la differenza
Esistono casi straordinari di longevità automobilistica, che dimostrano quanto un veicolo possa durare se trattato con cura.
Tra i primati assoluti troviamo:
- Volvo P1800 (1966) – Record mondiale con 5,23 milioni di chilometri, percorsi dall’insegnante americano Irv Gordon (foto apertura) grazie a una manutenzione impeccabile.
- Mercedes 240D (1976) – Un taxi greco ha superato i 4,6 milioni di km prima di essere donato alla Mercedes-Benz come simbolo di affidabilità.
- Volkswagen Maggiolino (1963) – Un’icona che ha raggiunto 2,6 milioni di chilometri, dimostrando come la cura possa trasformare un’auto in una leggenda su quattro ruote.
Questi numeri fanno riflettere: quante auto potrebbero durare ancora a lungo se non fosse per le normative antinquinamento che spesso ne decretano la fine prematura?
Il paradosso dei veicoli militari italiani
Passiamo ora al mondo militare, dove il discorso si fa ancora più curioso. I mezzi delle Forze Armate sono progettati per resistere a condizioni estreme derivando da progetti civili rivisitati. Eppure molti di essi vengono dismessi con chilometraggi ridicoli.
È comune trovare camion, fuoristrada e blindati alienati con meno – talvolta molto meno – di 100.000 km, un dato che contrasta con la loro robustezza facendo la gioia degli acquirenti civili. Forse una scelta più oculata (anche nei numeri) avrebbe epiloghi diversi?
Perché accade?
Veicoli fermi per anni: restano inutilizzati in caserme e depositi, conteggiati come “forza disponibile” ma di fatto dimenticati.
Uso limitato: a parte operazioni specifiche, molti mezzi vengono impiegati solo per esercitazioni e parate.
Sostituzioni premature: spesso mezzi ancora efficienti vengono dismessi per scelte burocratiche, strategiche o di “inquinamento”.
Mancanza di fondi per la manutenzione: alcuni veicoli non vengono rottamati perché inutilizzabili, ma perché non ci sono risorse per mantenerli in efficienza.
Sicurezza o spreco?
La spesa per le Forze Armate è sacrosanta per garantire sicurezza e operatività, ma la gestione delle risorse merita attenzione, conoscenza e responsabilità.
Alla luce delle frequenti alienazioni di mezzi con pochi chilometri e degli interessi dell’industria automotive militare, non sarebbe più equo riequilibrare gli investimenti pubblici?
Settori cruciali come sanità, scuola e infrastrutture avrebbero bisogno di altrettanta attenzione, senza compromettere l’efficienza della difesa.
Domande scomode
Se un’auto civile può superare milioni di chilometri, perché un veicolo militare – costruito per resistere a tutto – viene rottamato dopo poche migliaia di chilometri? Siamo di fronte a un problema di gestione delle risorse pubbliche o a una strategia per mantenere un parco mezzi sempre “moderno”?
Il vero quesito dovrebbe essere: è possibile ottimizzare la spesa e la logistica militare per ridurre gli sprechi senza compromettere la sicurezza nazionale?
Foto: web / Esercito Italiano / IDV (Iveco Defence Vehicles)