24/05/2015 - Nel centenario dall'inizio della Grande Guerra italiana, con lo scopo di ricordare i fatti di un secolo orsono, sarebbe semplice fare l'agiografia degli eroi o criticare "l'inutile strage" così come sarebbe da qualunquisti mettersi nel mezzo delle due posizioni, pratica molto in voga fra gli ignavi ed i finti intellettuali.

La verità è che in Italia della prima guerra mondiale non frega nulla a nessuno, si è perduta volutamente la memoria di quella che senz'altro è stata l'ultima guerra d'indipendenza e forse l'unico conflitto per l'unità nazionale che non si sia macchiato con l'onta della guerra civile, del conflitto infame tra genti di uno stesso popolo che vivevano in nazioni surrogate volute da potenze straniere.

Oggi il centenario è avvolto da una indifferenza che fa rima con diffidenza, tanto che per paradosso, in un'epoca che ha messo in soffitta le ideologie, a celebrare la 1^ guerra mondiale si rischia di essere additati di fascismo, mentre a non celebrarla ci si sentirebbe un po' in colpa, come quando non si fa visita ad un congiunto ammalato.

Tutte cavolate, almeno quanto le sentite celebrazioni di alcuni esaltati che mischiano l'inno di Mameli, con le trincee del Carso e le foibe, che dire allora di questa ricorrenza, innanzitutto che non è una ricorrenza, poiché si celebrano le nascite e non i concepimenti, d'altronde quanti di quelli che leggono festeggiano il giorno del concepimento dei propri figli in luogo del compleanno?

In una Italia smemorata ed asservita al politicamente corretto si dimentica quindi il 4 novembre (giorno della vittoria, nda) e si finge di ricordare il 24 maggio, insomma si fa la campagna contro le pellicce, ma si abbandona Fido in autostrada prima delle ferie.

Se però l'inno del Piave un po' ci sfiora lo spirito, se i nostri nonni o i bisnonni furono cavalieri di Vittorio Veneto, se disprezziamo le giravolte politiche e dialettiche della classe dirigente odierna, così simile a quella di cento anni fa per carenza di spessore e di coerenza, se in fondo non è una data a determinare un sentimento di amore patrio, allora si vada in uno degli oltre 8000 monumenti che ricordano la Grande Guerra negli oltre 8000 municipi italiani e si rivolga un pensiero ed una preghiera a quanti, con coscienza o meno, ma sempre con dignità e rispetto sacrificarono la propria gioventù in nome dell'Italia.

Andrea Pastore