19/02/2015 – Ad oggi i velivoli a pilotaggio remoto, più comunemente definiti "droni", hanno raggiunto un livello di impiego che spazia dall’ambito militare a quello più propriamente amatoriale. Tra questi due estremi si inserisce un ventaglio di attività in continua espansione purtuttavia spesso ostacolato da una normativa ancora poco chiara.

Al fine di capire meglio lo stato dell’arte di questi mezzi e le prospettive future abbiamo incontrato il prof. Marco Strano, dirigente dell’UGL Polizia di Stato, psicologo e criminologo, presidente del Centro Studi per la Legalità la Sicurezza e la Giustizia (Italy) e direttore scientifico dell’International Forensics Consulting Team (Suisse), nonché vicepresidente della EDPA European Drone Pilots Association che con quasi 900 associati rappresenta l’organizzazione di categoria più rappresentativa.

Prof. Strano, facciamo un po’ di chiarezza. Cosa sono esattamente i cd. droni?

I mini-droni nascono originariamente come giocattoli in quanto sono oggetti di derivazione modellistica. Questa è la più grande innovazione. In realtà di origine modellistica sono i componenti, quindi adatti come giocattoli. Ora, alcune categorie professionali, tra cui fotografi, cineoperatori, e poliziotti, hanno scoperto l’utilizzo di questi “giocattoli” per finalità lavorative. La situazione, dunque, è un po’ particolare in quanto si tratta di oggetti costruiti sulla base delle prerogative di un giocattolo ma che vengono usati per lavorare. Esistono determinati tipi di droni che nei negozi vengono venduti come giocattoli ma che, allo stesso tempo, sono gli stessi che vengono impiegati per svolgere attività professionali quali ad esempio riprese aeree utilizzate poi dai TG nazionali.

A livello forze dell’ordine e forze armate che tipo di attività possono svolgere questi mezzi?

Possono svolgere attività di visione dall’alto a basso costo. Ciò che prima era prerogativa dell’aerofotografia, quindi della fotografia aerea militare, adesso si può fare con un giocattolo di questo genere.

La visione dall’alto consente di acquisire informazioni che dal livello terreno non sono percepibili. Normalmente le Forze di Polizia per guardare oltre un ostacolo utilizzano delle sonde, collegate ad un monitor, che sono vincolate dall’altezza dell’operatore che le utilizza.

Il drone consente di ovviare a questa limitazione arrivando ad un altezza superiore ed avere così una maggiore consapevolezza della situazione. Ad un altezza ancora maggiore, in sostituzione degli elicotteri i quali hanno il problema del rumore, vengono utilizzati per effettuare pedinamenti, monitorare attività di scambio di sostanze stupefacenti, controllare dall’alto una piazza etc. Tutto questo nei limiti di un’autonomia che è però di pochi minuti.

L’UGL Polizia di Stato, (Sindacato di Polizia n.d.r.), ha attivato al suo interno un gruppo di ricerca per avviare la progressiva sostituzione dell’utilizzo dell’elicottero a favore dell’utilizzo del drone. Ciò per una serie di motivi. Innanzitutto perché se il mini-drone cade non ci sono piloti a bordo e non provoca gravi danni alle persone sottostanti. Tutti i luoghi ad alta densità di persone sono sicuramente più protetti con un drone che sorvola la zona piuttosto che con un elicottero perché in caso di incidente il drone produce sicuramente meno danni a persone o cose. Il secondo motivo sono i costi. Un elicottero costa in media dai 500 ai 1000 euro l’ora di volo. I costi di impiego del drone sono sicuramente più bassi.

A livello di scena del crimine e repertamento, a che punto è l’impiego di questi mezzi nel nostro Paese?

In alcune nazioni, come ad esempio la Romania, la Polizia Scientifica ha in dotazione in ogni mezzo un drone che viene utilizzato per rilevare e repertare scene del crimine derivanti da incidenti stradali, in quanto dall’alto è possibile fare delle foto che permettono di capire meglio la dinamica dell’incidente. Quindi è chiaro che alcuni Paesi sono più avanti di noi.

Per quanto riguarda la ricerca di tracce non vengono utilizzati ufficialmente, ma i poliziotti che svolgono attività sulla scena del crimine lo utilizzano in quanto dall’alto è possibile prendere visione di oggetti che altrimenti non sarebbe facile individuare. In tutti i casi di cronaca emersi in questi ultimi anni i droni non sono mai stati ufficialmente utilizzati. Ciò fa riflettere in quanto una singola persona nel giro di poche ore, con un drone, riesce a battere una zona di km quadrati. La stessa operazione, svolta con sistemi tradizionali, richiederebbe l’impiego di molte più risorse umane impiegate su un arco temporale di giorni e giorni. Ad oggi, infatti, per attività di ricerca viene ancora utilizzato il metodo della “catena umana”. Attraverso l’utilizzo di un drone, invece, sarebbe possibile svolgere un’attività di ricerca molto più efficace poiché, dividendo una zona in quadranti, una singola persona potrebbe battere un’area di km quadrati con naturali benefici apportati all’indagine.

Per quanto riguarda la normativa che disciplina l’impiego di tali velivoli, l’Italia a che punto è?

La normativa è apparentemente definita. Tuttavia, siccome è inapplicabile, ci troviamo in una fase di incertezza. L’ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile n.d.r.) ha emanato un regolamento che è di difficile applicazione. Ciò in quanto la discriminante che fa da sfondo all’intero regolamento è legata all’impiego. Quindi, se il velivolo viene utilizzato per giocare si è soggetti tutto sommato a meno restrizioni, mentre se viene utilizzato in modo professionale si è vincolati a tutta una serie di requisiti di difficile acquisizione. E’ chiaro che in questo modo le persone dichiarano di svolgere un’attività ludica mentre, invece, utilizzano questo strumento per lavorare. E’ dunque un regolamento impossibile da applicare. Qualora lo si volesse rendere applicabile si dovrebbe altresì impedire alle persone di giocare con questi mezzi. Siccome c’è una sovrapposizione tra questi velivoli e un aeromodello dovrebbero di fatto impedire l’aeromodellismo, che è un’attività che in tutto il mondo va avanti da molto tempo.

Probabilmente lo sbaglio maggiore è stato quello di considerare drone anche un oggetto che pesa poco più di un kilo. Paragonare un oggetto del genere ad un aeroplano rende automaticamente inapplicabile il regolamento.

A livello internazionale c’è una maggiore chiarezza oppure siamo tutti più o meno allo stesso livello?

La stessa situazione è riscontrabile anche a livello internazionale. Inizialmente c’è stato, in tutto il mondo, il tentativo degli enti di controllo del volo di assimilare questi giocattoli a degli aeroplani ma oggi gli stessi enti stanno ritornando sui loro passi in quanto è emersa anche lì l’impossibilità di applicare correttamente la normativa in materia.

Prospettive per il futuro?

Le prospettive per il futuro sono che questi oggetti si diffonderanno in maniera incredibile anche tra i non addetti ai lavori. Succederà quello che è successo con in personal computer negli anni ’70 – ’80 quando all’epoca i computer erano strumenti per specialisti. Poi, con la commercializzazione dei pc, si è arrivati ad averne almeno uno in ogni casa. Quindi, l’idea per il futuro è che questi droni seguiranno la stessa evoluzione dei personal computer ed avranno un impiego casalingo.

Saranno mezzi utilizzati per effettuare attività di routine giornaliera da parte di tutti. Si verificherà quello che è successo anche con la crittografia. Negli anni ‘80 la crittografia era vietata in quando era addirittura considerata un’arma strategica. Qualcuno venne denunciato ed arrestato per avere avuto un programma crittografico dentro un pc. Oggi chiunque abbia uno smartphone o un tablet ha un software di crittografia inclusa. Per i droni succederà la stessa cosa. Nel giro di 5 o 6 anni diventeranno un oggetto comune da utilizzare in attività domestiche soprattutto nella loro configurazione mini.

Relativamente alle Forze di Polizia, invece, personalmente, all’interno del corpo, sto cercando di diffondere il convincimento che un oggetto di questo genere dovrebbe essere parte della dotazione personale. Un poliziotto che svolge una qualsiasi attività istituzionale in esterno dovrebbe avere un oggetto del genere alla stessa stregua di un telefono cellulare. Ciò in quanto la visione dall’alto consente di acquisire un vantaggio maggiore in qualsiasi tipo di attività di polizia. Si pensi che in Inghilterra la polizia utilizza i droni per svolgere un monitoraggio dall’alto durante servizi di ordine pubblico o eventi sportivi già da diversi anni. Il drone dovrebbe dunque diventare l’occhio del poliziotto anche da noi.

I velivoli a pilotaggio remoto costituiscono dunque un punto fermo per il futuro del volo nelle sue diverse forme. I vantaggi che questi mezzi consentono di acquisire rispetto ai mezzi tradizionali sono incontestabili.

Le Forze Armate italiane già impiegano questi mezzi in operazioni militari particolarmente complesse per svolgere attività di intelligence e di supporto.

L’auspicio è che anche le Forze di Polizia si adeguino al più presto a tali evoluzioni operative al fine di fornire un servizio maggiormente efficiente con il vantaggio di ridurre anche i costi economici.

Andrea Strippoli Lanternini

(foto: Proxdynamics / US Army / FlyTop)