Presso la Commissione Difesa, mercoledì 29 gennaio, il capo di stato maggiore dell’Esercito, generale Carmine Masiello, ha nuovamente esposto con chiarezza le previsioni e le linee guida sul futuro della Forza Armata. Le sue parole fanno eco a quelle pronunciate durante l’inaugurazione dell’Anno Accademico degli Istituti di Formazione dell’Esercito, il 22 ottobre, quando aveva rivolto un invito schietto ai suoi uomini, esprimendo approvazione per "parole che si volevano sentire".
Tra pace e guerra
Il capo di stato maggiore ha ribadito che l’Esercito esiste per prepararsi alla guerra, pur essendo impegnato in missioni di pace, come in Libano. Ha sottolineato l’importanza della prontezza operativa e valutato il ripristino della denominazione “Scuola di Guerra”, sostituita dal 1997 con il Decreto Legislativo 30 dicembre 1997, n. 490, che ha istituito il "Corso di Stato Maggiore ISSMI". Ha inoltre evidenziato come la tecnologia sia oggi il fattore decisivo nei conflitti moderni, affermando che chi possiede un vantaggio tecnologico ha la vittoria in mano, mentre il resto diventa irrilevante.
Le sue dichiarazioni, decise e dirette, potrebbero inevitabilmente sollevare polemiche nel quadro politico, ma ne è stata apprezzata la sincerità, seppur poi serva fare i conti sui numeri. Masiello ha infatti sottolineato la necessità di un profondo rinnovamento culturale e strategico delle Forze Armate italiane, come una rivisitazione della riserva, alla luce di un contesto internazionale sempre più instabile, segnato dall’invasione russa dell’Ucraina, dalle tensioni in Medio Oriente, dalla crisi siriana e dall’instabilità nei Balcani e in Africa. In questo scenario, diventa urgente investire in prontezza, efficienza e capacità di deterrenza.
Le idee non hanno gradi
Secondo il generale, la sfida non riguarda solo l’aggiornamento tecnologico, ma anche un cambiamento nel modo di pensare e operare all’interno dell’Esercito. “Le idee non hanno gradi”, ha ribadito, sottolineando l’importanza di valorizzare le nuove generazioni e di promuovere un ambiente in cui l’innovazione sia il fulcro della strategia militare.
Tre livelli di guerra
Sul conflitto in Ucraina, Masiello ha identificato tre livelli di impiego che potrebbero diventare la nuova normalità in altri scenari bellici: il livello tradizionale (con carri armati, artiglieria e trincee), quello tecnologico (con droni, missili ipersonici e attacchi cibernetici) e quello ibrido (con disinformazione e strategie psicologiche volte a influenzare le opinioni pubbliche e il morale delle truppe).
Di fronte a queste nuove minacce, l’Italia deve essere pronta a condurre operazioni ad alta intensità e a difendersi in domini emergenti come lo spazio e il cyber.
Il messaggio di Masiello è chiaro: senza un’evoluzione culturale e organizzativa, il rischio è quello di trovarsi impreparati di fronte a scenari sempre più complessi. Una condizione che chiama alla responsabilità non solo le istituzioni militari, ma anche il mondo politico e la società civile, in un’epoca in cui la sicurezza nazionale non può più essere considerata un tema secondario.
Foto: stato maggiore Esercito