Un reggimento chiamato “SAN MARCO”

(di Mario Veronesi)
28/09/17

Lungo la costa adriatica la Regia Marina aveva attrezzato treni armati con cannoni smontati da naviglio minore che facevano la spola da Ravenna a Brindisi. Il comando aveva inoltre creato pontoni armati e chiatte che operavano nella laguna di Venezia, a Caorle, Grado e lungo le foci dei fiumi. Già all’indomani della dichiarazione di guerra la Divisione Pisa, poi IV° Divisione Navale, composta dalle unità: Pisa, Amalfi, San Giorgio e San Marco, era arrivata a Venezia. Il 20 luglio con l’equipaggio superstite dell’incrociatore Amalfi venne creata la prima batteria lagunare terrestre da 76/17 operante con la Brigata Perugia, 129° e 130° fanteria, sul fianco a mare della III° armata. In autunno erano in azione ben 97 pezzi d’artiglieria di vario calibro che costituirono nel VII° C.d.A., un vero e proprio reggimento.

Con la ritirata di Caporetto tutta l’attrezzatura e la logistica della navigazione costiera e fluviale nonché terrestre dei reparti d’artiglieria, dovette essere spostata. Il 28 ottobre fu sgombrata Monfalcone e il 29 Grado. Il 3 novembre, si dovette abbandonare il Tagliamento e ripiegare fino alla Laguna, dove - fra il Sile (Piave vecchia) e il Piave - venne creata una zona umida di contrasto. Tale sbarramento si estendeva per circa 40 chilometri da San Donà a Cortellazzo. Il 9 novembre venne ricostituito il “Raggruppamento Artiglieria Regia Marina”, posto al comando del capitano di fregata Antonio Foschin, pochi giorni dopo veniva creato a Venezia l’ispettorato della difesa mobile della Regia Marina. Quest’ultimo era destinato a radunare tutte le forze disponibili e coordinare la costituzione e l’avvio dei reparti organici al fronte. Nel capoluogo veneto infatti era stato concentrato il personale sgomberato da Grado e Monfalcone, che era andato ad aggiungersi a quello già esistente e ad altro in affluenza da diverse basi. In considerazione del fatto che già dal periodo d’anteguerra i vari Comandi Marittimi avevano iniziato ad addestrare alla difesa costiera reparti del Regio Corpo Equipaggi Marittimi, fu pertanto possibile costituire in tempi relativamente brevi anche dei battaglioni di marinai, destinati a combattere sul fronte terrestre. Il primo, ricevette il nome di “Monfalcone”, venne formato da personale appartenuto alle difese di Grado e Monfalcone. Lo componevano un totale di 22 ufficiali e 899 uomini, inquadrati in quattro compagnie, poi ridotte a tre. Per altri due, “Caorle e Grado”, il personale fu attinto dalle compagnie di difesa costiere di La Spezia, Napoli e Messina.

Entro la fine del 1917 venne costituito anche un quarto battaglione, denominato “Navi, in quanto formato con personale provenente da diverse unità navali; inizialmente destinato alla difesa di Ancona, il battaglione fu poi svincolato da tale compito e raggiunse in linea gli altri battaglioni, con il nome di “Golametto. Tutti questi raparti furono inquadrati nell’ambito del Reggimento Marina, che fu posto al comando del capitano di vascello Alfredo Dentice di Frasso (1873-1940). Un quinto battaglione fu invece destinato a funzioni d’addestramento dei complementi. Il Reggimento Marina e il Reggimento Artiglieria confluirono nella Brigata Marina, il cui comando era a Venezia. Il primo battaglione ad essere impiegato sul fronte fu il Monfalcone, che il 15 novembre respinse un attacco nemico. Il 3 dicembre venne raggiunto dal Caorle, mentre l’intero reggimento si distinse il giorno 19, riuscendo a contenere un violento attacco portato dagli austro-ungarici, intenzionati a raggiungere Venezia entro Natale. Seguirono mesi segnati da una logorante attività di pattugliamento, nella quale eccelsero gli “arditi reggimentali”, costituiti per iniziativa spontanea e volontaria nell’ambito dei singoli reparti. Venezia, già salva grazie alla disperata resistenza del novembre-dicembre 1917, volle offrire al Reggimento che maggiormente si era distinto nella sua difesa la Bandiera di Combattimento, che fu solennemente consegnata in Piazza San Marco il 19 maggio 1918.

L’estate 1918 vide un riordinamento organico del Reggimento, che risultò sempre costituito da quattro Battaglioni, il “Monfalcone” era stato nel frattempo ribattezzato “Bafile”, dal nome del tenente di vascello Andrea Bafile (1878-1918), primo decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare del Reggimento. Ciascun Battaglione era formato da tre compagnie fucilieri, una di mitraglieri e un reparto zappatori. Venne inoltre ufficializzata la presenza di un reparto arditi reggimentali, oltre che di una compagnia mitraglieri lagunari, la quale aveva in dotazione natanti a fondo piatto. Con questa forza, il Reggimento Marina prese parte alle ultime fasi del conflitto, partecipando direttamente alla liberazione delle terre italiane d’oltre Adriatico. Il “Golametto”, imbarcatosi a Venezia, sbarcò nel pomeriggio del 3 novembre a Trieste, mentre il giorno 10 il “Bafile” raggiunse Duino e Nebresina e il “Caorle” Pola. Unica eccezione il “Grado”, che trasferito a Taranto ed imbarcato, raggiunse Valona. A Pola, il “Caorle” e il “Bafile”, insieme al comando reggimentale, presero sistemazione nella caserma “Franz Josef”, sede della scuola macchinisti della Marina austro-ungarica, che in seguito, prese il nome di “Nazario Sauro”, e sarebbe divenuta sede definitiva del Reggimento. Nelle turbolente giornate che seguirono, altre terre adriatiche richiesero la presenza dei marinai: ai primi di dicembre il “Bafile” fu trasferito a Fiume, il “Caorle” a Veglia, Lussino ed Arbe, mentre il “Grado” inviava suoi distaccamenti nelle isole di Curzola e Lesina. Solo il “Golametto” rimase a presidio di Pola.

A gennaio il Reggimento era nuovamente riunito nella città istriana per avviare la smobilitazione delle classi più anziane. Il 17 marzo 1919 il re concesse, su richiesta del sindaco di Venezia avallata dal Ministro della Marina, la sua autorizzazione affinché il Reggimento Marina ricevesse il nome di “San Marco”. E il 25 marzo, proprio in Piazza San Marco, con una cerimonia ufficiale e con la benedizione del Patriarca della città, il leone alato, oro in campo rosso, visto di profilo, fece la sua comparsa sulle mostrine degli ufficiali e dei sottufficiali, così come sulle manopole applicate sui risvolti delle maniche dei sottocapi e comuni. E da allora il simbolo della Serenissima ha continuato ad essere l’emblema del Reggimento, binomio indissolubile nato nelle trincee del basso Piave e destinato a perpetuarsi nel tempo.

Al Reggimento Marina fu conferita la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: “Arrestò a Cortellazzo l’avanzata nemica, e si affermò su una testa di ponte che tenne saldamente per otto mesi, ampliandola con ardite azioni dirette a logorare la resistenza dell’avversario; concorse con fulgido valore e generosi sacrifici di sangue alle ulteriori operazioni per la liberazione della Patria”. (delta del Piave, dicembre 1917-luglio 1918)