Simi, 7 ottobre 1943: il comandante C4 e la bandiera senza nave

(di Marina Militare)
07/10/15

Il piano tedesco era semplice e perfetto. Una compagnia rinforzata - Kampfgruppe - della Divisione Rhodos doveva prendere terra a Simi, una delle tante isole dell'Egeo, e impadronirsene. Un colpo duro all'inizio e la resistenza italiana sarebbe crollata, dato il morale bassissimo successivo all'armistizio dell'8 settembre 1943.

Le informazioni erano corrette. L'isola, di 65 chilometri quadrati, era presidiata solo da 130 anziani mitraglieri della divisione Regina affiancati da una stazione di vedetta della Regia Marina e da una "Delegazione di porto" formata da un'altra mezza dozzina di marinai. Unico dettaglio ignorato dai tedeschi l'arrivo, due settimane prima, di un anziano capitano di corvetta richiamato, Corradino Corradini, già comandante della decrepita ex cannoniera Caboto (immobilizzata a Rodi per avaria), salvatosi dalla cattura raggiungendo Simi dopo aver remato per 25 miglia con una piccola imbarcazione, portando con sé la bandiera di combattimento della nave.

Il nostro si trovò ad affrontare due problemi grossi e uno piccolo. Quello minore era rappresentato dai suoi nuovi soldati, lontani dall'Italia da oltre 4 anni, male in arnese e sedentari; i due maggiori erano rappresentati a) dai tedeschi, da qualche parte al di là dell'orizzonte, e b) da una settantina di eleganti marinai britannici dello Special Boat Squadron dei Commandos, giunti laggiù per prendere il controllo della situazione.

Il problema germanico era, in teoria, facilmente risolvibile: bisognava soltanto rianimare e guidare, con l'esempio, la truppa facendole riprendere tono, addestrandola e ricompattandola. Quello posto dagliinglesi era, viceversa, spinoso, visto che, tanto per cominciare, il C.C. (subito ribattezzato dai britannici nei loro rapporti trasmessi al Cairo con l'intuibile soprannome di C4: Capitano di Corvetta Corradino Corradini) aveva rifiutato di ammainare il proprio tricolore, ossia quello del Caboto, per far posto all'Union Jack, promettendo, tutt'al più, di tenere conto dei consigli impartiti dai "graditi ospiti".

Dando ragione a C4 e torto agli inglesi, i tedeschi presero terra nella baia di Pedi mentre i britannici li aspettavano dal lato opposto dell'isola, a Panormiti. Il contrattacco dei fanti e dei marinai italiani, vera e propria guardia pretoriana del comandante Corradini, sempre in testa a tutti, avvenne, a colpi di bombe a mano, mezz'ora dopo lo sbarco germanico. I nostri arrivarono di sorpresa nel buio più totale seguendo il cavo telefonico, proprio come Teseo e Arianna qualche tempo prima in un'altra isola non troppo lontana da lì.

Sorpresi e in piena crisi psicologica, i tedeschi si fermarono sulla spiaggia senza sbucare, come previsto, nell'abitato. A giorno fatto ognuno rimase sulle rispettive posizioni scambiando fucilate e raffiche di mitragliatrice. Alle 13.30 giunsero i britannici e alle 14.00 i bombardieri in picchiata della Luftwaffe. Sembrò il finimondo, ma si trattava solo di una manovra di copertura. I tedeschi, vista la mala parata, si ritirarono, infatti, subito dopo lasciando 8 caduti e 6 prigionieri. Piccola guerra, tanto più che l'isola non aveva alcun valore strategico, ma bastò questo piccolo fatto d'armi per scatenare un pandemonio. Da un lato i bombardieri tedeschi presero ad attaccare quotidianamente l'isola; dall'altro il comando inglese del Cairo ordinò subito un'inchiesta e sollecitò l'abbandono di Simi ottenendo, infine, la sera dell'11 ottobre, l'imbarco del piccolo presidio. Unica condizione imposta da C4 il fatto che i suoi lasciassero quel territorio dopo i britannici.

Traghettati su 6 motovelieri italiani in Turchia, i marinai e i soldati italiani si videro chiedere, appena messo piede a terra, la consegna delle armi in vista del loro internamento. Corradini fece notare che labandiera invergata sulla sua "nave ammiraglia" era quella della Regia Marina (si trattava, al solito, di quella del Caboto) e che, pertanto, aveva diritto alle 24 ore previste dalle convenzioni internazionali per fare acqua e ripartire senza che nessuno potesse bloccarlo. Dopo un giorno e una notte di tensione, a digiuno e a mano armata, le autorità di Ankara pensarono bene di togliersi dai piedi quella fonte di grane lasciando ripartire la piccola spedizione alla volta di Castelrosso. Da qui Corradini fu inviato, su un idrovolante, in Egitto mentre i suoi erano trasferiti, senza tanti complimenti, a Cipro. Sbarcato a Suez C4, però, ne inventò un'altra delle sue recandosi, senza avvertire nessuno, il 27 ottobre, a bordo della corazzata Vittorio Veneto, a quel tempo internata ai Laghi Amari. Dotato di buoni argomenti (era stato un eccellente conferenziere navale) e di irresistibile faccia tosta, il nostro riuscì a far rimpatriare i suoi uomini. Avrebbe risalito con loro l'Italia assumendo il comando interinale, dall'agosto 1944, del Reggimento San Marco, dalle Marche fino a Venezia e all'Alto Adige.