Operazione Eagle Claw: il più grande disastro delle Forze Speciali americane

(di Tiziano Ciocchetti)
24/04/20

Quaranta anni fa, il 24 aprile 1980, il tentativo delle Forze Speciali dell’U.S. Army di liberare un gruppo di ostaggi americani, prigionieri del regime Khomeinista a Teheran, si risolse in un disastro.

Il 4 novembre 1979 gli Stati Uniti apprendono che il personale dell’Ambasciata e alcuni funzionari del Dipartimento di Stato sono stati sequestrati a Teheran da integralisti islamici fedeli all’Ayatollah Khomeini.

Quando le trattative giungono a un punto morto, il Pentagono prende in considerazione la possibilità di condurre un’operazione militare per liberare gli ostaggi.

Nel 1977, il colonnello Beckwith, aveva creato la prima unità di forze speciali delle Forze Armate statunitensi specializzata nella lotta al terrorismo, il 1° Distaccamento Operazioni Speciali Delta.

Tre anni dopo giunge il momento di metterla alla prova, l’operazione viene denominata Eagle Claw. Il 22 marzo 1980, il presidente Jimmy Carter, nella speranza di ottenere un secondo mandato, dà ordine di approntare i preparativi della missione.

La capitale iraniana è troppo lontana dalle basi americane e dalle portaerei nell’area. Per poter trasportare tutti gli uomini sull’obiettivo è necessario disporre di basi intermedie. Viene quindi individuata una zona desertica, a 300 km a sud-est da Teheran (viene chiamata Desert One). Tuttavia anche questa zona è troppo lontana dall’obiettivo, si decide di sceglierne una seconda, in una zona montuosa, a circa 60 km dalla capitale (Desert Two).

La forza d’attacco è composta da 93 operatori della Delta, un A-team (13 uomini) delle Special Forces di stanza in Germania Federale, 12 conducenti dei vari veicoli e operatori radio e 12 incaricati della protezione di Desert One, più due generali iraniani collaborazionisti; in totale sono 132 i soldati impiegati nell’operazione.

Il piano d’attacco è il seguente:

1 - Gli elicotteri decolleranno dalla Nimitz, dislocata nel Golfo di Oman. Sei ore dopo atterreranno a Desert One e dovranno rifornirsi di carburante.

2 - Sei C-130H decolleranno dall’isola di Masirah: tre porteranno gli operatori delle Forze Speciali, gli altri tre il carburante per gli elicotteri. Fatto il pieno, i C-130H torneranno alla base di Masirah, con il personale incaricato della protezione di Desert One.

3 - Sono previsti sei elicotteri per portar via gli ostaggi, compresi gli uomini impiegati nell’azione, da Teheran. Verranno impiegati altri due elicotteri, in tutto saranno 8 RH-53. Lasceranno Desert One per Desert Two, una svolta sbarcati i soldati si porteranno in un’area a 20 km a nord, in attesa di ricevere l’ordine di raggiungere Teheran.

4 - Una volta portata a termine la liberazione degli ostaggi gli elicotteri si porteranno su uno spiazzo convenuto, vicino all’Ambasciata americana, dove saliranno a bordo gli ostaggi, le special forces e gli agenti infiltrati precedentemente nella capitale iraniana.

5 - Il gruppo verrà trasferito al campo d’aviazione di Manzariyed, 50 km a sud-est di Teheran, inutilizzato da molti anni, e nel frattempo occupato da elementi del 75° rgt Ranger trasportati da un C-141.

6 - Gli ostaggi, gli agenti, i piloti degli elicotteri e le special forces si imbarcheranno su un C-141 che li porterà in Arabia Saudita, gli elicotteri saranno distrutti.

Il 21 aprile gli operatori della Delta e le Special Forces, provenienti dalla Germania, atterrano nella base egiziana di Uadi Kena, il 24 si imbarcano su due C-141 e alle 14 atterrano nella base di Masirah. Il primo C-130H decolla alle 18, e alle 22 viene avvistato Desert One. Il secondo C-130H atterra qualche istante dopo, vengono scaricate le reti mimetiche destinate all’occultamento degli elicotteri. Gli altri 4 C-130H arrivano subito dopo senza problemi e liberano la pista.

Si attende l’arrivo degli elicotteri, il ritardo massimo consentito è di 10 minuti, ne passano 30. Il rischio è di non poter raggiungere Desert Two prima dell’alba. Alla fine si decide comunque di proseguire nell’operazione, qualunque sia il ritardo. Poco dopo arriva un elicottero e dopo 10 minuti altri 5 (il settimo e l’ottavo non arriveranno mai). Il forte ritardo è stato causato da una tempesta di sabbia imprevista.

Gli imprevisti non sono finiti, solo 5 RH-53 sono in grado di decollare. Il ritardo accumulato è ormai di 90 minuti. In queste condizioni è impossibile continuare la missione: Eagle Claw deve essere annullata.

Gli uomini vengono imbarcati sui C-130H, mentre gli elicotteri faranno ritorno sulla Nimitz.

In fase di decollo un RH-53 urta un C-130H che prende fuoco, gli uomini a bordo abbandonano l’aereo, la confusione è totale. Alla fine vengono abbandonati anche gli altri elicotteri e tutti gli uomini si imbarcano sui C-130H che decollano uno dopo l’altro. A terra sono rimasti 8 cadaveri, sei elicotteri e un C-130H.

Cosa è successo ai due RH-53 mai giunti a Desert One?

Due dopo il decollo il pilota dell’elicottero 7 si accorge che una pala di un rotore è danneggiata. Atterra, l’elicottero numero 8 lo segue, gli atterra vicino; il 7 non può più decollare. L’equipaggio si imbarca sull’altro elicottero e prosegue il volo verso Desert One, ma dopo aver attraversato una tempesta di sabbia il pilota si accorge che la strumentazione di bordo non funziona più e decide di far ritorno sulla Nimitz.

L’insuccesso dell’operazione costituirà una grande delusione per l’opinione pubblica americana e probabilmente costò la rielezione a Carter.

Foto: IRNA / U.S. Navy / United States Special Operations Command