Operazione Cerberus: vana ritirata di successo

(di Lorenzo Lena)
28/02/25

The Channel Dash, la Corsa del Canale. Così gli inglesi definirono la – per loro – imbarazzante manovra di ripiegamento delle forze navali tedesche di superficie dalla costa atlantica francese, passate davanti a Dover e fino a porti relativamente più sicuri in Germania. Una umiliazione che fu, tuttavia, anche l’epilogo di ogni iniziativa bellica della Kriegsmarine, erede della gloriosa Kaiserliche Marine dell’Impero guglielmino.

I rapporti tra Adolf Hitler e la Marina, soprattutto nella sua componente di superficie, furono sempre abbastanza freddi e culminarono all’inizio del 1943 con l’allontanamento del Grossadmiral Erich Raeder. La forza sottomarina prese definitivamente il sopravvento anche se, con l’eccezione di brevi periodi caratterizzati da circostanze particolari (si pensi all’operazione Paukenschlag, lanciata lungo la costa est degli Stati Uniti appena dopo l’entrata in guerra di questi ultimi, ancora completamente impreparati alla difesa antisommergibile e che persero decine di navi mercantili in poche settimane) non ebbe mai i numeri e la capacità di rappresentare quella minaccia esistenziale che poi la letteratura e il cinema hanno tramandato.

La forza di superficie ebbe ancora meno successo nell’interdire i commerci navali del Regno Unito, e questo nonostante disponesse di alcune delle migliori navi dell’epoca. La Bismarck, senza dubbio la più famosa delle navi da battaglia naziste, rimase in mare sette giorni prima di essere affondata da una forza navale britannica che, da sola, eguagliava l’intero nucleo da battaglia avversario. La nave gemella Tirpitz trascorse quasi l’intera vita operativa nascosta nei fiordi norvegesi, soprannominata dai locali “La solitaria regina del Nord”, finché non vi fu affondata nel 1944 usando bombe sismiche da cinque tonnellate. Una alla volta le grandi navi vennero braccate e affondate: la Graf Spee, il raider Atlantis, la Bismarck. Ognuna di esse scrisse pagine epiche di storia navale ma, nel complesso, affondarono forse una cinquantina di navi di varie nazionalità – la Bismarck solo una, l’incrociatore da battaglia HMS Hood – mentre gli angloamericani ne movimentavano a migliaia. Non sorprende quindi che questi ultimi riuscirono a concentrare abbastanza uomini e materiali da invadere l’Europa occidentale.

A fine 1941 restavano sulla costa atlantica tre navi da battaglia. Il Prinz Eugen (foto), scampato al destino della Bismarck dopo avere seguito per i primi giorni l’ammiraglia nella sua unica uscita in mare, lo Scharnhorst (foto apertura) e lo Gneisenau. All’ancora nel porto di Brest, ripetutamente bersagliati da attacchi aerei e senza nessuna prospettiva di potere più operare in Atlantico, Hitler ne ordinò il rientro in Germania per spostarli poi in Norvegia e contrastare, assieme alla Tirpitz, i convogli diretti in Unione Sovietica.

Ribattezzato operazione Cerberus e coperto dalla massima segretezza, il ripiegamento sarebbe avvenuto passando per acque minate e controllate dalla RAF e dalla Royal Navy.

La data prescelta fu la metà di febbraio 1942, e i tempi vennero calcolati alla perfezione per sfruttare sia l’oscurità notturna sia la luce del giorno per facilitare la copertura aerea offerta dalla Luftwaffe. Il comando operativo fu dato al Vizeadmiral Otto Ciliax, sullo Scharnhorst.

Nonostante i britannici avessero previsto tale possibilità, le misure preventive adottate dai tedeschi ebbero assoluto successo, e fu solo per caso che la formazione venne scoperta quando era già abbondantemente dentro al Canale.

Durante la giornata del 12, le condizioni meteo, la protezione degli aerei da caccia e l’abilità degli artiglieri tedeschi segnarono il fallimento dell’operazione Fuller, il tentativo aeronavale di fermare la corsa delle tre navi. I britannici persero un intero gruppo di aerosiluranti Swordfish, l’aereo che aveva contribuito alla fine della Bismarck, la quale però non aveva goduto di alcun supporto aereo.

Tra le vittime, il capitano Eugene Esmonde (nella foto, secondo da sinistra, davanti a uno Swordfish), già decorato con la Distinguished Service Order per avere partecipato alla caccia alla Bismarck e in seguito con la Victoria Cross alla memoria per questa ultima azione. Otto Ciliax rese omaggio al sacrificio dei piloti.

Andarono perduti in totale una quarantina di velivoli di ogni tipo, e il cacciatorpediniere Worcester venne quasi distrutto mentre tentava di eseguire un lancio di siluri. Anche il fuoco delle artiglierie costiere, tentativo disperato, si rivelò inutile. Nel corso della giornata del 13, in momenti diversi, le tre navi riuscirono a raggiungere i porti tedeschi. Non tutto però era andato nel migliore dei modi: sia lo Scharnhorst che lo Gneisenau, sopravvissuti a qualsiasi cosa gli inglesi avessero lanciato loro contro, incapparono casualmente in mine navali che costrinsero a lunghissimi mesi di riparazioni in porto.

Il Prinz Eugen, arrivato invece incolume, meno di due settimane dopo fu silurato da un sommergibile britannico e non tornò operativo per il resto dell’anno. In seguito sarebbe stato relegato a operazioni nel Baltico contro le forze sovietiche; dopo la guerra fu tra le navi bersaglio affondate nel test nucleare all’atollo di Bikini nel 1947. Lo Gneisenau (ultima foto) non tornò mai più operativo; colpito da aerei inglesi mentre era ancora fermo per riparazioni, si decise di smontare la sua artiglieria e usarlo per rafforzare il tanto famoso quanto inutile Vallo Atlantico. Affondato per farne uno sbarramento subacqueo, venne poi recuperato e smantellato. La torre C è ancora visibile al forte Austrat, in Norvegia.

Solo lo Scharnhorst tornò a combattere, raggiungendo come previsto la Tirpitz. Trovò la sua fine il giorno di Natale del 1943 nella battaglia di Capo Nord, al comando del Konteradmiral Erich Bey (veterano della campagna di Norvegia e dell’operazione Cerberus). Circondato da una forza inglese enormemente superiore, l’incrociatore tedesco andò a fondo con quasi l’intero equipaggio. L’ammiraglio Bruce Fraser, nominato Barone di Capo Nord per questa vittoria e che aveva con lo Scharnhorst un conto personale avendo questo in precedenza affondato la portaerei Glorious che egli aveva comandato, ebbe a dire al suo equipaggio che si aspettava da ognuno di loro che, davanti a un avversario superiore, avrebbero dimostrato lo stesso valore dell’equipaggio tedesco.

L’operazione Cerberus fu quindi inutile all’esito finale del conflitto, perché le unità spostate in Germania andarono comunque perse in poco tempo e non alterarono l’esito degli eventi. Fu, inoltre, una implicita ammissione che la battaglia per il controllo delle rotte atlantiche era ormai perduta e non aveva più senso lasciare esposte le navi che vi avevano partecipato.

Per assicurarsi che le grandi corazzate tedesche, e soprattutto la Tirpitz, non potessero tornare nell’Atlantico, gli inglesi lanciarono un’incursione di commando contro il porto di Saint Nazaire nel marzo 1942, distruggendo l’unico bacino in grado di ospitarla.

Resta, in ogni caso, una macchia sulla storia della Royal Navy, che aveva mantenuto l’assoluto dominio del Canale dai tempi delle guerre anglo-olandesi del Seicento. Il giorno dopo il passaggio delle tre navi tedesche, il Times ebbe parole di fuoco contro l’incapacità di prevenire questo smacco.

Nothing more mortifying to the pride of our sea-power has happened since the seventeenth century”.

Foto: Bundesarchiv / Royal Navy