Novembre 1896, l'eccidio di Lafolè

(di Mario Veronesi)
20/02/25

Nell'estate 1896 fu progettata dal governo italiano una spedizione nell'interno della Somalia con il compito di esplorare la riva sinistra dell'Uebi, di farsi amiche le popolazioni e stringere con esse trattati ed accordi commerciali.

Il sultano diede il permesso di libero transito nella zona di Gheledi e fece avvertire che avrebbe accolto amichevolmente la spedizione, ma invece si preparò ad assalirla. Nella notte dal 25 al 26 novembre 1896, la spedizione diretta dall'esploratore e console Cecchi (1849-1896) della quale facevano parte anche i comandanti del Volturno Mongiardini e dello Staffetta (foto seguente) Maffei, venne assalita e massacrata dai somali in località Lafolè, villaggio a circa 20 chilometri da Mogadiscio. Cecchi scrisse una relazione di grande interesse: Da Zeila alle frontiere del Caffa, 1886-87. Ebbe quindi incarichi politici tra cui quello di regio commissario per la Somalia Italiana (1896).

Il comandante della Regia Nave Staffetta Maffei giunto a Mogadiscio l'8 novembre si stava preparando per una piccola spedizione verso la riva dell'Uebi-Scebeli, l'arrivo del Volturno fece ritardare questa escursione che venne definitivamente fissata per il giorno 25 dello stesso mese. Alla spedizione, oltre il console generale Cecchi, che ne assunse la direzione, parteciparono il capitano di fregata Ferdinando Maffei, comandante della R. Nave Staffetta, il capitano di fregata Francesco Mongiardini, comandante della R. Nave Volturno, il sottotenente di vascello Onorato Baraldi, il tenente commissario Lucindo Baroni e il domestico Pio Caramelli del Volturno; i sottotenenti di vascello Carlo Sanfelice e Vincenzo De Cristofaro, il tenente medico Alfredo Smuraglia, il tenente commissario Bernardo Gasparini, il guardiamarina Luigi Guzolini, il macchìnista di 3ª classe Giuseppe Olivieri, il sottocapo fuochista Giuseppe Rolfo, il sottocapo timoniere Nicolò Vianello, i marinai Natale Buonasera e Federico Gregante, dello Staffetta, ed infine il geometra Filippo Quirighetti, direttore delle dogane di Mogadiscio, voluto espressamente dal console Cecchi.

Il giorno 23 si ultimavano i preparativi, dieci cammelli da carico vennero forniti da un capo dei Mursala che aveva in passato sempre servito l'amministrazione italiana. La carovana partì mercoledì 25 alle ore 15,00, gli europei erano tutti forniti di cavalcature, gli altri avevano un cammello ciascuno di quelli che servivano agli ascari montati. Scortavano la carovana due "aghà" (comandanti indigeni) con 70 ascari ('Askari' significa soldato ed era un termine utilizzato per i militari arruolati volontariamente nel regio corpo delle truppe coloniali d'Eritrea, istituite con il regio decreto 30 giugno 1889 n. 6215, che fondò il corpo delle truppe indigene per i presidi d'Africa).

La spedizione si accampò nella boscaglia di Lafolè. Verso l'una i somali assalirono all'improvviso l'accampamento; i difensori però tennero fino all'alba, decidendo di far ritorno a Mogadiscio nella certezza che durante il giorno i somali non avrebbero osato attaccare la carovana.

All'alba il gruppo partì e marciò sino alle sette senza problemi per poi, all'improvviso, venir attaccato da tutte le parti. Il dott. Smuraglia fu colpito alla schiena ed il Vianello al braccio e al viso. La missione continuò a difendersi bene dagli assalitori mantenendoli a distanza, e poté proseguire e giungere fra i Mursala. Mentre stava per entrare nel territorio di quelle tribù ritenute "amiche", l'assalto si fece più intenso. Uno dopo l'altro caddero tutti i membri della spedizione; soltanto alcuni ascari, il sottocapo Vianello, e i marinai Gregante e Buonasera riuscirono a stento a raggiungere Mogadiscio.

Il mattino successivo verso le ore 6,00 giunsero le primi notizie dell'eccidio, una donna arrivata per il mercato comunicò di aver visto la carovana nei pressi di una località chiamata Lafolè dove intendevono accamparsi per la notte, e che successivamente furono attaccati dai somali. Poco dopo giunse un somalo, uno dei proprietari dei cammelli, e narrò che l'assalto era iniziato la notte stessa, che era continuato durante il giorno e che non conosceva la fine fatta dai bianchi. I primi a rientrare in città furono alcuni ascari feriti, altri illesi ma tutti sfiniti dalla lunga marcia e dal combattimento. Con loro c'erano alcuni europei: i marinai Federico Gregante, Natale Buonasera e il sottocapo timoniere Nicolò Vianello, i quali comunicarono la morte di tutti i membri della spedizione.

Il giorno successivo partì una carovana affidata a due sottotenenti, Caccia con la compagnia da sbarco della Regia Nave Staffetta composto da 32 marinai, un pezzo da 75m/m armato, 8 cannonieri, carovanieri con 14 cammelli carichi di acqua, viveri e munizioni, e Mellana con la compagnia da sbarco del Volturno, con 33 persone. Accompagnati da un ascaro come guida con l'ordine di prelevare i cadaveri degli uccisi, ma di ritirarsi se attaccati e di essere di ritorno in città prima del tramonto, per evitare una nuova tragedia.

Giunti sul luogo dell'eccidio, trovano alcuni cadaveri: quelli del sottocapo fuochita Rolfo, del macchinista Olivieri, dell'aghida Haod, del comandate Maffei, del signor Guzzolini e del dott. Smuraglia. Completamente nudi con i corpi coperti da numerose ferite, tutti avevano la gola tagliata. La carovana venne quindi attaccata da centinaia di somali e rientrò senza perdite a Mogadisco.

In un rapporto al ministero del 5 aprile 1897 da Mogadiscio, il capitano di fregata Giorgio Sorrentino comandante della Regia Nave Elba, commissario straordinario e comandante superiore delle navi sulla costa orientale d'Africa riferiva: "Dall'inchiesta da me effettuata sullo svolgimento dell'eccidio di Lafolè, che tanto lutto portò alla patria e alla nostra Marina, mi risultò che la condotta dei caduti fu sotto ogni rapporto commendevole superiori ed inferiori, tutti uniti nella morte, come lo erano stati nella vita, si difesero finchè ne ebbero la forza e finchè durarono le munizioni".

Il 20 aprile successivo, sotto il comando del capitano di fregata Giorgio Sorrentino, coadiuvato dal guardiamarina Massimiliano Gonzembach a capo di un reparto di 150 ascari eritrei (portati dal trasporto Volta), fu intrapresa da Mogadiscio una spedizione punitiva contro le tribù somale Daùd, Udalàn e Heib Mursala responsabili dell’eccidio di Lafolè. Saranno incendiati i villaggi di Gellai, Res e Lafolè, dove furono trovati vari oggetti appartenenti alla spedizione, con 43 morti e centinaia di feriti fra gli indigeni, oltre all’uccisione dei due capi somali che avevano personalmente ucciso il console Cecchi. Nessuna perdita fra i bianchi e un solo caduto fra gli ascari.

Il Volturno rimase a Mogadiscio per tutelare la sicurezza della città e per dare degna sepoltura alle vittime dell'eccidio. Si recò a Suez (9-11 aprile 1897), dove imbarcò la salma della signora Cecchi, deceduta anch'essa. Raggiunse Pesaro (22-23 maggio), dove consegnò al signor Romolo Cecchi la salma della cognata e gli effetti del compianto fratello console.

Nel frattempo marinai del gruppo di sbarco della Regia Nave Governolo, riuscirono nottetempo a recuperare ed identificare solo cinque salme; quelle dei comandanti Mongiardini e Maffei, del s.t.v. De Cristoforo e dei commissari Barone e Gasperini.

Lo Staffetta lasciò Mogadiscio il 29 novembre agli ordini dell'ufficiale in 2° t.v. Arturo Cavassa, che alla morte del comadante Maffei ne aveva assunto temporaneamente il comando. Ritornò a Mogadiscio il 25 settembre dell'anno successivo per l'esumazione dei cadaveri dell'eccidio di Lafolè, imbarcò cinque salme dei militari identificati, nonchè la testa del console Cecchi, e ripartì da Mogadiscio con il suo triste carico, giungendo a Catania il 15 ottobre per le onoranze funebri del s.t.v. De Cristofaro. Altre salme furono sbarcate a Civitavecchia il successivo 20 e a Genova il 23. La nave si trasferì poi ad Ancona dove ricevette i parenti del console Cecchi le cui onoranze ebbero luogo a Pesaro il 7 novembre con i dovuti onori. Infine, a Venezia, venne sbarcata la salma del commissario Gasparini.

La regia Marina volle ricordare quell'eccidio battezzando un sommergibile costiero "Lafolè" della classe 600 serie "Adua" (17 unità detti anche "africani"). Varato nei cantieri Odero Terni Orlando il 10 aprile 1938, entrò in servizio il 31 agosto dello stesso anno. Affondò il 20 ottobre 1940 dopo uno scontro con navi inglesi.

Foto: web