Nascita di una nuova era bellica con le 'Guerre d'Italia'

(di Riccardo Massaro)
13/09/17

Tra il 1494 e il 1529 l'Italia fu funestata da quelle che sono conosciute come le 'Guerre d'Italia'. 
Da una parte i francesi di Francesco I, dall'altra gli spagnoli di Carlo V, entrambi volevano estendere i loro domini in Italia. Le fonti ci raccontano che gli "italiani", come sempre divisi, si schieravano con una fazione o l'altra a seconda delle situazioni (che potevano cambiare dalla sera alla mattina!). Le alleanze erano dunque alquanto labili.

Da un punto di vista storico, ma soprattutto bellico, questo periodo è un passaggio definitivo: il tramonto del Medioevo e del suo modo di intendere la guerra e di combatterla.
La chiave per capire sta nelle differenze ideologiche dei due schieramenti. Disparità di classe tra cavalieri e fanti nelle forze francesi, ancora distanti tra loro socialmente e militarmente, ben distinti e separati, il tutto esacerbato da invidia, scarsa collaborazione, diffidenza e scarsa stima reciproca.

Nello schieramento spagnolo, cavalieri e fanti cominciano una collaborazione più stretta. Si sostengono, si aiutano, si soccorrono, si apprezzano. 
Fonti riferiscono che spesso i fanti salivano dietro la sella di un cavaliere che gli dava spontaneamente un 'passaggio' fino ai punti dove dovevano schierarsi con gli altri fanti, o che un nobile fosse appiedato, "fante" anch'esso!

I francesi ancora affezionati alla carica della cavalleria pesante portata frontalmente, lasciavano i fanti come appoggio o comunque in ruoli quasi sempre secondari e ancora armati quasi esclusivamente di armi bianche.

I fanti spagnoli invece cominciavano ad introdurre come armamento archibugi e moschetti poi, assieme ad altre armi da fuoco, cannoni, falconetti e altra artiglieria. Al posto dell'attacco frontale prediligevano una sorta di guerriglia: protetti dalle naturali asperità del terreno, scavavano trincee ed innalzavano palizzate e cumuli di terra per nascondersi e colpire di sorpresa il nemico lateralmente, alle spalle o con fuoco incrociato.

I francesi non accettavano ne scendevano a compromessi con questo sistema di combattimento ritenendolo "vile". Nella carica frontale spesso si ritrovavano così a perdere una gran parte degli effettivi, abbattuti dalle armi da fuoco. Troppo pesanti, troppo lenti e con armature non in grado di resistere ad i proiettili, specie se esplosi a distanza ravvicinata o sui cavalli.

Un altro esempio del loro anacronismo mentale è la scelta dei mercenari: i francesi avevano al loro fianco svizzeri che erano in grado di affrontare il nemico mantenendo le schiere anche al prezzo di altissime perdite, non abbandonavano mai il terreno e raramente si davano alla fuga. Le fonti ci tramandano descrizioni di battaglie dove gli svizzeri avanzavano in fila calpestando i loro compagni caduti e sbaragliando il nemico spaventato da questa attitudine, per questo erano considerati temibili e invincibili. Dotati di picche lunghe circa 6 metri formavano dei quadrati piuttosto serrati e difficili da disperdere o infrangere.

Verso la fine del Quattrocento nacquero in contrapposizione i lanzichenecchi. Molto simili ma più appariscenti nel modo di vestire rispetto agli svizzeri (anche dall'abbigliamento si può constatare quanto i tedeschi siano stati ispirati dagli svizzeri nel formare questo nuovo tipo di fanteria), in pochi decenni diventeranno tra loro nemici per antonomasia. Unica eccezione i lanzichenecchi neri che, a dispetto del giuramento che ogni 'servo della terra' o 'patria' appunto 'Land Knecht' era tenuto a fare già ai tempi di Massimiliano I (il loro 'inventore' nel 1487) ovvero di non schierarsi mai con i nemici dell'imperatore spagnolo/tedesco, si troveranno sempre al fianco degli svizzeri e assoldati dalla Francia. 
Considerati traditori per questo saranno sempre massacrati e mai fatti prigionieri, ogni qualvolta battuti dai loro compatrioti.

Mentre i lanzichenecchi si evolveranno, grazie anche al marchese di Pescara con le sue innovative idee di combattimento, gli elvetici rimarranno ancora assieme ai francesi ancorati ad un sistema di combattimento medievale e ormai anacronistico. Tra i lanzichenecchi si farà sempre più strada l'uso delle armi da fuoco, gli svizzeri saranno molto più restii nell'affrontare queste innovazioni. Questo costerà loro e ai francesi un alto tributo di vite umane e soprattutto di sconfitte sul campo.

Marignano, Bicocca, Pavia, Governolo, il Sacco di Roma... ormai gli spagnoli assieme ai tedeschi erano diventati inarrestabili. Non a caso si diceva che sul regno di Carlo V non tramontava mai il sole tanto erano estesi il suoi domini. Le armi da fuoco e i nuovi sistemi di combattimento avevano cominciato a determinare l'esito delle battaglie.

Di solito dopo la carica di cavalleria iniziale di sfondamento da parte francese, le due fanterie - quella elvetica e quella lanzichenecca - si affrontavano con l'uso di enormi picche, i tedeschi però avevano adottato in aggiunta una grande spada da due mani (orientativamente tra i 4 e i 6 kg di peso), la 'doppelsoldner' o 'doppio soldo', così chiamata perché chi ne era in possesso riceveva paga doppia rispetto ad un altro fante, con cui colpivano frantumando le picche e quindi le file avversarie.
Tra questi uomini, schierati anch'essi con picche, prendevano posto archibugieri, balestrieri e fanti armati di azza. Tutti erano equipaggiati con la 'katzbalger' o 'squarta gatti', una spada corta simile ad un gladio ma più stondata in punta, ben gestibile, di un chilo e mezzo circa di peso, così chiamata perché spesso il fodero era rivestito di pelliccia di gatto. Ma qualcuno dice che la usassero su un gatto per provarla... La troverete in ogni iconografia allacciate alla vita quasi per orizzontale, davanti o dietro il busto del soldato. Sguainata ed usata una volta entrati a contatto ravvicinato col nemico era un'ottima arma nella mischia.

Le armi da fuoco avevano lo scopo di cominciare uno scontro che terminava praticamente sempre con l'uso delle armi bianche.

Svizzeri e tedeschi erano popoli poveri e prettamente montani, con corpi e indole massicci, temprati dal freddo e dalle privazioni, questo ne faceva degli ottimi soldati una volta addestrati. In patria non avevano possibilità economiche per vivere, la guerra rappresentava la possibilità di fare bottino. Questa speranza incentivava il desiderio di arruolarsi e l'Italia era ritenuta una terra assai ricca... come testimonino tutte le nostre città depredate da queste schiere.

Stando alle fonti, pare ci vollero decenni prima di riuscire a ristabilire l'economia che era stata distrutta durante il Sacco di Roma del 1527.