Markov, il dissidente bulgaro avvelenato con la ricina

(di Giuseppe Barcellona)
18/09/17

La storia del dissidente che osò sfidare il partito comunista bulgaro non è ancora stata del tutto scritta; nel 2008 la vicenda è finita nella sceneggiatura di Breaking Bad, la celeberrima serie televisiva americana in cui il chimico di Albuquerque Walter White, spiega al suo allievo Jesse Pinkman un sistema per produrre un veleno potentissimo per uccidere il narcotrafficante Tuco Salamanca.

Ma chi era Georgi Markov?

Era un autore di testi teatrali e romanzi, accettato dall’establishment balcanico, poteva permettersi una certa libertà di critica in merito alle inefficienze del Paese ed era ben accetto negli ambienti privilegiati ed esclusivi frequentati dai pezzi grossi del partito comunista bulgaro; sul Monte Vitosha, abituale ritrovo dell’èlite vi era abbondanza di selvaggina, prodotti alimentari e bevande di provenienza occidentale ed altre cose sconosciute nelle vetrine e nei negozi di Sofia.

Markov osservava tutto e memorizzava, ma non superava mai nelle sue critiche il limite massimo oltre il quale la corda si sarebbe spezzata; nel 1968 la Cecoslovacchia si ribellò all’egemonia sovietica e da Mosca arrivò un ordine perentorio a tutti i paesi satellite: non si doveva commettere l’errore di sottovalutazione commesso dai servizi segreti di Praga, ogni minimo accenno di critica doveva essere soffocato.

Zhivkov, leader del B.K.P., il Partito Comunista Bulgaro, ne prese immediatamente atto intimando a Markov di non presentarsi più sulla Vitosha e vietandogli la pubblicazione di testi dello stesso tenore dei precedenti.

Markov non accettò fuggendo in occidente, era a conoscenza dei segreti della casta, era amico intimo del premier Zhivkov, i gerarchi del partito andarono su tutte le furie.

Dopo un breve soggiorno in Italia dal fratello Nikola, emigrò a Londra dove divenne collaboratore della British Broadcasting Corporation, nella sezione bulgara del Servizio Esteri che si occupava di propaganda anticomunista; qui conobbe e sposò Annabel, figlia di Christopher Dilke della B.B.C. dalla quale ebbe una figlia: Sasha.

Amareggiato dal triste esilio che gli impedì di vedere il padre morente, Markov cominciò a rivelare particolari segreti dell’establishment bulgaro di sua conoscenza, ed aneddoti sulla sottomissione politica della Bulgaria verso la Russia.

Radio Europa Libera veniva ascoltata regolarmente in tutta la Bulgaria, si calcola che l’ingegnere chimico divenuto scrittore avesse una platea di ascoltatori pari a 5 milioni, circa il 60% della popolazione totale, al che, la Dajnavna Sigurnost (i servizi bulgari), cercò di sabotare la trasmissione commettendo l’errore di lasciare aperta una frequenza segreta che venne scoperta dalla popolazione che di nascosto continuò a seguire la propaganda antiregime.

Questa radio fu finanziata fin dal 1971 dalla C.I.A. e questo fece andare Mosca su tutte le furie, d’altra parte, dopo un inizio in sordina, le denuncie di Markov divennero sempre più pesanti, in una di queste trasmissioni accusò il capo del partito Zhivkov: “È il principale orchestratore dell’interferenza col mondo intellettuale, nessuna nomina, nessun licenziamento, nessuna punizione, nessun riconoscimento può essere preso in considerazione senza l’avallo del primo segretario”.

A questo punto Markov divenne il nemico pubblico numero uno dei servizi segreti bulgari e del K.G.B. (Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, Comitato per la Sicurezza dello Stato, nrd), fu avvisato in vari modi che la sua vita era in pericolo; Georgi cominciò ad avere paura ma non smise mai di scrivere per tutte le testate che nel frattempo facevano la fila per avere i suoi resoconti.

Cominciò a comportarsi con prudenza sapendo che difficilmente lo avrebbero assassinato a sangue freddo, mangiava e beveva con prudenza intuendo che avrebbero cercato di farlo fuori con un veleno.

Giovedì 7 settembre 1978 parcheggiò la sua Simca verde e crema sulla riva sud del Tamigi, intorno alle 18.30 attraversò il Ponte di Waterloo recandosi verso la macchina, la radio aveva annunciato pioggia ma il tempo non si era guastato, c’era parecchia gente in giro con l’impermeabile e l’ombrello.

Superando la coda di passeggeri in attesa dell’autobus presso il National Theatre sentì un urto alla coscia destra, immediatamente provò una fitta di dolore, un uomo alle sue spalle raccolse l’ombrello che gli era caduto e chiese scusa in un inglese strano, chiamò un taxi e si volatilizzò.

Tornato in ufficio raccontò l’accaduto al suo collega Teo Lirkoff, si abbassò i pantaloni e notò una specie di puntura d’insetto nel punto dell’impatto, ma in assenza di dolore l’episodio venne dimenticato.

Quella notte alle due la moglie lo sentì agitarsi nel suo letto, aveva la febbre a 39, il medico, contattato al telefono disse di non preoccuparsi dato che c’erano moltissimi casi d’influenza; a questo punto Markov confessò alla moglie il sospetto che il suo incontro con l’uomo nel parcheggio non fosse stato casuale, un sinistro presentimento faceva capolinea nella testa del dissidente bulgaro.

Peggiorò così rapidamente che dovette essere ricoverato al St. James Hospital, dove tra deliri e febbre altissima ebbe modo di raccontare ai medici l’accaduto; eseguita una radiografia del segno rosso fu rilevata la presenza di una minuscola massa metallica, quattro giorni dopo Markov morì.

Dalla sua coscia venne estratta una sferetta del diametro di 1,52 millimetri formata dal 90% di platino e dal 10% di iridio con tracce di rodio e palladio, fu riscontrata la presenza di cera all’altezza di due minuscoli forellini ai capi della sfera.

Il laboratorio segreto della difesa chimica del governo britannico a Porton Down nel Wiltshire appurò la natura del veleno che aveva assassinato Markov, si trattava di ricina, una proteina estratta dalla pianta del ricino considerata una delle sostanze ritenute al tempo più letali al mondo assieme a botulina, ai bacilli della difterite, quelli del tetano e la gramicidina; si sollevò il sospetto che assieme alla ricina fossero mescolati batteri anaerobi della cancrena.

A quei tempi secondo l’intelligence britannica due Paesi eseguivano ricerche su questa sostanza, l’Ungheria e la Cecoslovacchia, entrambi paesi satellite dell’Unione Sovietica, la Russia era la principale produttrice dei metalli che costituivano la sferetta, una autentica firma sull’assassinio.

Ironia della sorte l’ultimo pezzo di teatro scritto da Markov per il suo Paese si intitolava Il sicario, in merito all’individuazione dell’esecutore materiale le successive indagini hanno sbattuto contro un muro di gomma finché nel 2005 il Times a firma del giornalista Hristo Hristov, ha svelato il nome del presunto autore identificandolo con l’italiano Francesco Gullino oggi 71 enne, nome in codice “Piccadilly”, incastrato dai servizi segreti bulgari quando, arrestato per l’ennesima volta nei Balcani fu ingaggiato come agente segreto per l’occidente ottenendo in cambio della sua collaborazione la libertà.

I disertori russi Oleg Kalugin e Oleg Gordievsky hanno confermato che la paternità dell’assassinio è da attribuire al K.G.B., il caso Markov fu il primo di una lunga serie di delitti per avvelenamento e tutte le piste portano ad est, dai tempi di Breznev fino alla “corte” di Putin.

Ma queste sono altre storie… 

(foto: web)