Le relazioni diplomatiche sino-romane

(di Federico Gozzi)
12/09/17

L'antica Roma e l'antica Cina sono considerate tuttora come simboli eterni di ordine, potenza e saggezza, valori indiscutibili che hanno sorretto per secoli sia la civiltà occidentale sia quella orientale. Molti personaggi storici e governanti si sono ispirati alle imprese e alle invenzioni dei due Imperi per costruire o definire i propri Stati e le proprie azioni.

Roma e la Cina hanno seguito un percorso che presentava parecchie similitudini: entrambi sono stati formati dall'unione di più popoli, disponevano di un solido apparato statale, fiscale e militare, svilupparono le arti e le scienze e infine seguivano entrambi due filosofie - a Roma lo stoicismo, in Cina il confucianesimo - le quali esaltavano l'operato degli uomini che facevano della loro integrità morale e dell'etica la loro ragione di vita.

Tuttavia, l'Impero Romano e quello Cinese avevano parecchie differenze, come ad esempio il sistema economico, il quale in Occidente era basato sulla pratica dello schiavismo mentre nell'Estremo Oriente non era contemplato. Oppure in Oriente il concetto di Imperatore era collegato alla divinità, ovvero l'Imperatore era considerato un Dio in Terra, mentre a Roma il Principe governava assieme al Senato e solo dopo la sua morte conosceva un processo di deificazione. Inoltre, i Romani dovettero affrontare e sottomettere popolazioni avanzate, le quali disponevano numerose innovazioni tecnologiche e culturali, a differenza della Cina, che non si espanse inizialmente ma anzi dovette unificare tutti i territori occupati dalle etnie cinesi, e poi sottomise popolazioni che avevano un grado tecnologico pari agli invasori o addirittura minore.

A dispetto della credenza comune, i Romani sapevano dell'esistenza della Cina, la quale veniva chiamata “Serica”, letteralmente “Terra della Seta”. Questo nome è dovuto dal fatto che la seta costituiva il principale prodotto di esportazione cinese, il quale veniva venduto ai mercanti Romani che attraversavano la Via della Seta per comprare quel prezioso tessuto e poi portarlo nei mercati occidentali, vendendolo alle matrone e ai patrizi, i quali apprezzavano enormemente la seta. Essa era talmente apprezzata che il Senato di Roma dovette emanare numerosissime leggi per vietarne l'uso, poiché secondo molti intellettuali (come lo storico e scrittore Plinio il Vecchio) e i componenti del Senato, la seta era simbolo di mollezza della società e non rispettava il decoro pubblico, dato il suo spessore, che li valse il soprannome di “veste trasparente”. Inoltre, era credenza comune che nascesse sugli alberi. Ciò non fermò né l'uso del tessuto né i commerci sino-romani. Le relazioni economiche erano talmente costanti da permettere anche il reciproco invio di ambasciate da parte dei due Stati.

La prima delegazione ufficiale che giunse nei territori sotto il controllo dell'Impero Romano risale al 97 d.c. durante il regno dell'Imperatore Nerva, secondo quanto riporta lo scrittore Floro, e fu condotta da un inviato cinese del generale Ban Chao, vittorioso contro gli Unni, di nome Gan Ying. Esso, seppur disilluso dai Parti, i quali volevano evitare che le due civiltà venissero a contatto, riuscì nel suo intento e descrisse dettagliatamente lo Stato Romano, definito dai cinesi come “Da Qin”, ovvero “Grande Cina”, permettendo a un altro inviato di riportare queste notizie di prima mano nel territorio cinese una trentina di anni dopo. A onor del vero, alcune testimonianze romane riferiscono anche di un'ambasciata proveniente dall'Estremo Oriente arrivata nei territori di Roma dopo la vittoria di Augusto su Marco Antonio e Cleopatra, i quali portarono diversi doni, tra cui la già citata seta.

Una settantina di anni dopo, nel 166 d.c., i Romani inviarono un'ambasceria in Serica, recando il nome di “Antun”, probabilmente riferito all'Imperatore Antonino Pio (morto nel 161), ma non si esclude neanche che fosse riferito a Marco Aurelio, poiché era usanza tra i Principi Romani di portar rispetto ai predecessori assumendo il loro nome.

Questa delegazione fu possibile grazie all'espansione dei commerci marittimi e terrestri di Roma, i quali si estesero fino all'Oceano Indiano. Essa portò in dono all'Imperatore Cinese numerose merci provenienti dai territori romani e consegnò anche un trattato di astronomia per il suo popolo. Inoltre, nel 116 d.c. i due Imperi furono vicinissimi ad avere un contatto diretto, poiché Traiano sconfisse i Parti e occupò la loro capitale, Ctesifonte. I Cinesi avevano posto delle loro basi militari nei pressi della città, facendo seguito alla loro alleanza militare con i Parti, volta a prendere in mano il controllo delle vie commerciali che sfociavano nel Vicino Oriente, situazione che i Parti cercarono di evitare con tutte le loro forze e infine riuscirono nel proprio intento. Infatti, l'occasione che poteva permettere un altro seguito alla Storia e un totale sconvolgimento degli equilibri politici e militari nel mondo di allora, non arrivò poiché i due eserciti non si incontrarono.

Il sogno di un incontro fra i due Imperi fu infranto poiché Adriano inaugurò una politica difensiva, facendo arretrare i legionari fino al Limes Siriano, mentre i Cinesi si limitarono a controllare le vie commerciali presenti nel Ferghana, ritirandosi dalla Partia.

Il mancato incontro e la successiva alleanza fra i due imperi fu una delle cause della loro decadenza, e della caduta dello Stato Romano, poiché avrebbero potuto arginare il problema delle popolazioni barbariche provenienti dall'Asia, come gli Unni, permettendo il mantenimento dei commerci con l'Oriente, il quale fu reso difficoltoso dalle crescenti tensioni in Asia Centrale, tensioni mai pacificate, che costrinsero Roma a chiudere definitivamente i rapporti economici con i paesi dell'Estremo Oriente, riducendo di fatto il commercio internazionale.

Se ci fosse stato un incontro diretto fra Cina e Roma, la Storia avrebbe preso una piega diversa?

(foto: web)