Le 35.000 italiane

(di Mario Veronesi)
31/03/17

Le corazzate della classe Littorio, impostate nei cantieri di Trieste e Genova nel 1938, furono le prime corazzate da 35.000 tonnellate costruite al mondo e fra le navi da battaglia italiane meglio riuscite per l’equilibrio di tutte le loro caratteristiche.

La conferenza navale di Washington del 1922 assegnò alla Regia Marina un dislocamento globale di 135.000 tonnellate di naviglio da battaglia, con facoltà di costruire - durante il decennio di “vacanza navale” - unità di tale tipo per complessive 70.000 tonnellate. La Regia Marina tuttavia non prese in considerazione la costruzione immediata di nuove corazzate per ragioni economiche e politiche. Nel 1928 peraltro ritenne giunto il momento di risolvere il problema delle sue navi di linea, nei riguardi sia delle vecchie unità da trasformare, sia di quelle da costruire. Per le prime si pensava di ridurle al minimo o addirittura di eliminarle. Per le seconde iniziò lo studio di un tipo di nave adeguato alle presunte esigenze della politica navale italiana. Si stimò di costruirne almeno tre, per averne due sempre in grado di operare. Fu allora iniziata la progettazione di massima che si divise in due distinte direttive: una voleva navi da 23.000 tonnellate armate con 6 pezzi da 381 mm, in torri binate, con una velocità di 28-29 nodi; l’altra prevedeva navi di 35.000 tonnellate con 6 pezzi da 405 mm, protezione elevata e velocità sui 29-30 nodi.

All’indomani della Conferenza Navale di Londra del 1930 (foto), nella quale la proposta di ridurre il dislocamento massimo delle navi da battaglia da 35.000 a 25.000 tonnellate venne respinta, confermando i limiti concordati a Washington, venne abbandonato il primo progetto che prevedeva navi da battaglia da 23.000 tonnellate. I piani delle nuove corazzate furono pertanto completamente rielaborati.

Il progetto definitivo del generale ispettore del Genio Navale Umberto Pugliese (1880-1961) che prevedeva la costruzione di due unità, fu completato nel 1934. Nell’ottobre dello stesso anno le due navi, ordinate nei cantieri Ansaldo di Genova Sestri e C.R.D.A di Trieste, furono impostate. Con decreto n. 1869 del 10 ottobre 1935, le nuove unità furono iscritte nel quadro del naviglio militare dello Stato con i nomi di Vittorio Veneto e Littorio (foto apertura). Nel frattempo, la difficile situazione politica mondiale e il fallimento di ogni tentativo di limitare gli armamenti, diedero piena libertà d’azione alle maggiori potenze e alle loro Marine. Lo Stato Maggiore della Regia Marina, stimando che due corazzate da 35.000, anche con l’ausilio delle vecchie unità rimodernate, non potessero affrontare con qualche probabilità di successo Francia e Gran Bretagna alleate in Mediterraneo, ritenne opportuno rafforzare ulteriormente la squadra da battaglia con altre due unità del tipo Vittorio Veneto. Impostate nel 1938 nei cantieri C.R.D.A. di Trieste e Ansaldo di Genova-Sestri, queste due nuove unità furono denominate Roma e Impero, quest’ultima a causa del decorso del conflitto non fu completata. Vittorio Veneto e Littorio, prime corazzate da 35.000 tonnellate costruite al mondo, furono certamente fra le navi italiane meglio riuscite per l’equilibrio di tutte le loro caratteristiche. Nel 1940, all'epoca della loro entrata in servizio, erano come artiglieria tra le più potenti navi da battaglia del mondo e soltanto nel 1942, con l'entrata in servizio delle supercorazzate giapponesi calasse Yamato e americane classe Iowa, persero questo primato. Le corazzate della classe Littorio furono l'apice del programma messo in campo dall'ammiraglio Cavagnari (1876-1966) capo di stato maggiore della Regia Marina tra il 1933 ed il 1940.

Il Vittorio Veneto (foto) entrò in servizio a Trieste il 28 aprile 1940, nel periodo 10 giugno 1940 - 8 settembre 1943 effettuò 56 missioni di guerra. Nel 1942 fu la prima nave da battaglia italiana ad essere equipaggiata con un impianto radar, un "Gufo E.C.4.”. Fu la corazzata italiana che svolse la maggiore attività bellica. Nel periodo di cobelligeranza con gli Alleati venne ventilata l’idea di impiegarla in appoggio allo sbarco nella Francia meridionale e nel Pacifico, ma considerazioni politiche fecero abbandonare tali progetti. Secondo il trattato di pace il Vittorio Veneto sarebbe dovuto essere ceduto alla Gran Bretagna, ma vi rinunciò, chiedendo invece la demolizione dell’unità. Il 14 ottobre 1947 la nave fu trasferita da Augusta a La Spezia dove passò in disarmo il 3 gennaio 1948, per essere poi demolita. Le lettere di ottone, che componevano il nome a poppa, si trovano presso il Museo navale di Venezia.

Il Littorio entrò in servizio il 20 maggio 1940 a Genova. Dopo gli avvenimenti del 25 luglio 1943, lo Stato Maggiore della Regia Marina, con dispaccio n. 31912 del 30 luglio, ordinò che prendesse il nome di Italia. Nel periodo 10 giugno 1940 - 8 settembre 1943 effettuò 46 missioni di guerra. Nel periodo di cobelligeranza con gli Alleati, come per il Vittorio Veneto, si ventilò la possibilità di un suo impiego in alcuni teatri di guerra. Secondo il trattato di pace l’Italia sarebbe dovuta essere consegnata agli Stati Uniti, ma questi vi rinunciarono e la corazzata rimase in possesso dell’Italia. Il primo giugno 1948 passò in disarmo e dopo alcuni mesi fu demolito a La Spezia.

Terza unità, la corazzata Roma (foto seguente), costruita ed allestita a Trieste ed entrata in servizio il 14 giugno 1942, rappresentò il meglio della produzione navale bellica italiana della seconda guerra mondiale.

Come tutti sappiamo fu colpita da due bombe tedesche radioguidate plananti “Ruhrstahl SD 1400” nelle acque del golfo dell’Asinara, alle ore 16.00 circa del 9 settembre 1943. Una bomba esplose presso la murata di dritta e l’altra sul torrione. La nave, per l’allagamento dei locali, per gli effetti dell’esplosione dei depositi munizioni prodieri e per l’azione degli incendi che la devastarono, dopo essersi notevolmente sbandata, si spezzò in chiglia e affondò divisa in due tronconi. Ingentissima fu la perdita di vite umane. Ai sensi amministrativi il Roma fu radiato dal quadro del naviglio militare con decreto del Capo provvisorio dello Stato del 18 ottobre 1946. Nel suo breve servizio il Roma effettuò 8 missioni per trasferimento e 12 per esercitazioni. Il relitto è stato infine ritrovato il 28 giugno 2012 da un team di ricerca guidato dall'ingegnere Guido Gay, con la presenza di personale della Marina Militare, nel golfo dell'Asinara a 1.000 m di profondità ed a circa 16 miglia dalla costa sarda. È stato così possibile assegnare la corretta posizione a quello che la Marina Militare ritiene uno dei più importanti “Sacrari del mare”. Il personale militare è stato in grado di confermare l'esattezza del relitto confrontando le immagini di alcuni cannoni d'artiglieria contraerea. Lo scrittore, regista e ricercatore marino Folco Quilici, nel suo romanzo “Alta profondità”, ha ricostruito le fasi dell'affondamento del Roma inserendole in una ricerca del relitto, affidata a due ricercatori, sponsorizzata da una banda di terroristi che mirano a recuperare una sostanza esplosiva che sarebbe stata usata nella bomba razzo che fece affondare la nave.

Quarta unità della classe, l’Impero (foto sotto), varato il 15 novembre 1939 dal cantiere Ansaldo di Genova-Sestri, non fu mai completata. Il primo giugno 1940 fu rimorchiato da Genova a Brindisi per sottrarla al pericolo di bombardamenti aerei dalla Francia, il 22 gennaio 1942 raggiunse Venezia, poi proseguì per Trieste dove si pensava si potesse ultimare la costruzione. Alla proclamazione dell’armistizio, l’Impero fu abbandonato dal personale militare e cadde in mano tedesca. Alla fine della guerra l’unità venne trovata semiaffondata nel porto di Trieste. Recuperato, fu trasferito a Venezia e quindi demolito. Fu radiato con decreto del 27 marzo 1947.

(foto: web)