L’affondamento del sommergibile sovietico Shch-203

(di Marina Militare)
26/02/16

Nel corso della seconda guerra mondiale, i tedeschi invocarono a gran voce l’intervento in Mar Nero dei “mezzi insidiosi” della Regia Marina italiana, al fine di poter contrastare la Marina sovietica. La richiesta pervenne ufficialmente nel gennaio del 1942 all’ammiraglio Riccardi da parte dell’ammiraglio tedesco Raeder, rimasto particolarmente entusiasta dell’operato della X Flottiglia MAS nel Mediterraneo.

La guerra degli italiani in Mar Nero fu ricca di imprese straordinarie, compiute da marinai altamente addestrati; tra questi anche il t.v. Armando Sibille, che nella notte tra il 25 e il 26 agosto 1943, fu l’artefice dell’affondamento del sommergibile sovietico ShCh-203.

“Mare calmo, assenza di vento, cielo sereno, luna all’ultimo quarto”, quando il t.v. Armando Sibille al comando del sommergibile tascabile CB 4, in pattugliamento nei pressi di Capo Eupatoria, avvistò, a una distanza di soli 400 metri, la sagoma di un sommergibile sovietico in affioramento. Per Sibille, si prospettarono due possibilità: allontanarsi subito a elevata velocità, tentando di raggiungere un punto di lancio ottimale per l’attacco o fermarsi e aspettare che il sommergibile nemico fosse scaduto di poppa, così da potersi trovare in una posizione favorevole rispetto alla luce della luna e raggiungere, in tal modo, una posizione idonea per l’attacco, senza rischiare di essere avvistato.

Qualora qualcosa fosse andato storto, Sibille aveva prefigurato, in extrema ratio, l’abbordaggio del sommergibile, eventualità, alla quale, lui e i suoi uomini erano stati accuratamente addestrati. La scelta intrapresa fu quella di restare immobile, con i motori spenti; il sommergibile sovietico gli passò accanto a una distanza di 60 – 70 metri e non appena esso scadde verso poppa, Sibille si apprestò a raggiungere a tutta velocità il punto di lancio ottimale. A 800 metri dal bersaglio lanciò il siluro di sinistra che deviò in modo del tutto irregolare appena raggiunse l’acqua; provvide così a lanciare il secondo siluro il quale dopo soli 40 secondi colpì il bersaglio. Un enorme colonna d’acqua si sollevò e dopo l’esplosione il sommergibile venne inghiottito dalle acque.

L’avvenuto affondamento fu confermato, qualche giorno dopo, da una comunicazione radio sovietica che, tuttavia, non specificò quale fosse il sommergibile oggetto dell’attacco. Così, nel turbinio di eventi bellici, in Italia si credette di aver causato la perdita dell’ShCh- 207, il quale, di fatto, sopravvisse alla guerra e venne radiato nel 1954. Al contempo dell’ShCh-203, partito per la sua ultima missione il 20 agosto del 1943, si erano perse le tracce da giorni, l’ultimo contatto radio risaliva al 24 agosto, pertanto la Marina sovietica era all’oscuro della reale posizione del sommergibile al momento dell’affondamento. Fu così che le incertezze divamparono e con esse le teorie: la tesi dell’avvenuto affondamento dell’ShCh-203 a causa di una mina concorse, per anni, con quella della perdita ad opera di un sommergibile rumeno.

La smentita delle distorte teorie la si ebbe nel 1949 quando il relitto dell’ShCh-203 venne ritrovato da alcuni sub, a ben 72 metri di profondità, non molto lontano dalle coordinate dell’affondamento fornite da Sibille. Il terzo e il secondo compartimento del sommergibile erano stati distrutti dall’esplosione, mentre la prua si era spezzata assumendo un’inclinazione di 70°sulla destra rispetto al corpo dell’imbarcazione. I 45 membri dell’equipaggio furono insigniti dei meriti di guerra e sepolti nel cimitero di Sebastopoli.

Seppur l’ShCh-203, non si fosse contraddistinto per azioni militari di grande risonanza, nel corso della guerra, aveva guidato innumerevoli pattuglie da combattimento, crociere di trasporto e operazioni di sbarco presso Kerch, pertanto il suo ruolo strategico non fu affatto irrilevante. Ruolo strategico che peraltro ebbe anche il piccolo CB 4: l’affondamento dell’ShCh-203, di fatto, fu solo una delle imprese che lo videro protagonista.