La Marina della rivoluzione

(di Mario Veronesi)
07/11/17

La Marina sovietica nacque sui resti della vecchia Marina imperiale Russa la quale era stata quasi completamente distrutta durante la Rivoluzione del 1917 e la guerra civile.

In un’atmosfera di servilismo, ambizioni, paure, pigrizia e adulazione che avvelenava tutto, furono prese delle decisioni che risultavano già superate prima ancora di essere applicate e furono dati degli ordini che si perdevano tra le pratiche polverose degli uffici come affondassero nel più profondo mare. Nelle anticamere dei palazzi, delle cancellerie, dei ministeri coloro che vedevano la minaccia incombere sulla Russia, disperavano di una situazione che risultava peggiore di una guerra persa: l’odio del popolo contro lo stato, un odio che nasceva lentamente, ma che raggiungeva i più lontani luoghi del vasto impero zarista.

A causa della guerra, molti marinai che avevano compiuto i loro cinque anni di ferma erano stati chiamati nuovamente in servizio attivo. Le classi dal 1909 al 1912 conducevano questa vita da sei, sette e anche otto anni. Erano stanchi di vivere separati dalla famiglia, stanchi delle difficoltà quotidiane, stanchi della guerra. Gli uomini mangiavano, dormivano e languivano nella più completa monotonia e questo contribuì con successo alla propaganda sovietica. Sulle navi con equipaggi composti dagli 800 ai 1.200 uomini, un iscritto al partito comunista trovava con facilità dei simpatizzanti riuscendo quindi a dar uno sviluppo pratico alle sue teorie. Non dobbiamo quindi stupirci che all’inizio della rivoluzione sovietica si siano trovati sulle grandi navi dei nuclei di marinai rivoluzionari già formati.

La rivoluzione russa che portò alla dissoluzione dell’impero zarista e la conseguente guerra civile furono devastanti per la Marina. La maggior parte delle navi rimaste della flotta del Mar Nero erano sotto il controllo del barone Pietro Wrangel, che sconfitto in Crimea fu ricacciato verso la Turchia; e le navi a lui fedeli fecero rotta per Biserta in Tunisia dove vennero internate. Mentre altre unità superstiti entrarono a far parte della Marina del nuovo Stato sovietico.

I marinai della flotta del Baltico (ribattezzata forze navali del Mar Baltico nel marzo 1918), furono tra i più ardenti sostenitori dei bolscevichi e formarono un’élite tra le forze militari. Alcune navi della flotta parteciparono alla guerra civile, scontrandosi in particolare nel Mar Baltico con la Marina britannica. Nel corso degli anni, tuttavia, i rapporti dei marinai della flotta del Baltico con il regime bolscevico si spensero e, nel 1921, ciò sfociò nella cosiddetta “ribellione di Kronstadt”. La rivolta venne coordinata principalmente da Stepan Petricenko (1892-1947) già ingegnere appartenente all’equipaggio della nave da guerra Petropavlovsk. Il giorno 7 marzo, l’Armata Rossa, guidata da Michail Tuchacevskij, attaccò Kronstadt, sfruttando il manto di ghiaccio che ancora copriva le acque di fronte a Pietrogrado. Tra il 17 e il 19 marzo i bolscevichi, a prezzo di molte perdite, riuscirono a penetrare nella base e arrestarono gli insorti, molti dei quali furono passati per le armi. Stepan Petricenko non venne catturato ma riparò in Finlandia, continuò l’azione politica contro i bolscevichi fino al 1940, anno della sua espulsione verso l’URSS per contrasti con il governo finlandese durante la guerra d’inverno russo-finnica; deportato in campo di prigionia, morirà nel 1947.

Dopo questa rivolta la Marina e la flotta furono lasciate in una condizione penosa che non migliorerà fino al 1926, quando le autorità navali sovietiche chiesero l’assistenza della Marina tedesca (Reichmarine di Weimar) per la ricostruzione della flotta e l’addestramento dei marinai. Prima di quel tempo fu merito di Trotzkij se si riuscì ad evitare lo scioglimento della Marina voluto da Lenin, ricorrendo all’inserimento nelle sue file di numerosi giovani comunisti e affidando la responsabilità del personale navale proprio al Komsomol, l’organizzazione giovanile del partito.

Per quanto riguarda la Marina la flotta del Baltico passò al bolscevismo più rapidamente della flotta del Mar Nero, il cui energico comandante, l’ammiraglio Kolciak (foto), il futuro dittatore bianco della Siberia, riuscì per alcuni mesi dopo la rivoluzione a mantenere un certo ordine. Sembra che nella Marina e specialmente nella flotta del Baltico, ci sia stato un numero di uccisioni di ufficiali proporzionalmente maggiore rispetto all’Esercito. Questo è da attribuirsi principalmente al fatto che gli ufficiali di Marina erano quasi tutti foggiati sul tipo dell’aristocratico anteguerra, che eccitava tutto l’odio dei subordinati, mentre nelle file dell’Esercito il personale degli ufficiali, in seguito alle numerose perdite avvenute durante la guerra, si era molto trasformato nella sua composizione sociale. Nel centro della tempesta della rivoluzione bolscevica e della guerra civile entrò suo malgrado l’ultimo zar Nicola II con tutta la sua famiglia, i quali drammaticamente uscirono dal palcoscenico della storia.

Per quanto riguarda il naviglio, a causa della sospensione dei lavori nei cantieri navali, le navi rimaste incompiute diventarono rapidamente rottami di ferro, che furono vendute ai cantieri tedeschi per la demolizione. Ufficialmente la Marina imperiale venne dichiarata disciolta con il decreto dell'11 febbraio 1918; lo stesso decreto stabiliva la ricostruzione della flotta che prese il nome di "Flotta Rossa degli Operai e dei Contadini”, con arruolamento su base esclusivamente volontaria. Alla fine dell'aprile 1918, quando le truppe tedesche che occupavano la Crimea cominciarono ad avanzare verso la base navale di Sebastopoli, le navi in condizioni più efficienti vennero spostate da Sebastopoli a Novorossijsk, dove, dopo un ultimatum tedesco, vennero affondate su ordine di Lenin, mentre le unità rimaste a Sebastopoli furono catturate dai tedeschi e poi, nel novembre 1918, in seguito alla resa tedesca, dagli inglesi.

Il primo aprile 1919, quando l’Armata Rossa conquistò la Crimea, i britannici costretti a ritirarsi, affondarono le navi presenti nella base. Alcune di queste navi vennero poi salvate e recuperate dall’Armata Bianca che nel corso del 1919 aveva occupato la Crimea. La prima unità della Marina sovietica potrebbe essere considerata l’Aurora (foto), il cui equipaggio unendosi ai bolscevichi, nell’ottobre del 1917, sparò il colpo che diede il segnale per la conquista del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo, alla quale parteciparono attivamente i marinai di tutta la flotta del Baltico che aderirono in massa con i bolscevichi alla rivoluzione. Subito dopo la presa al potere dei bolscevichi il “Centroflot”, cioè il Comitato Centrale delle forze Navali Panrusse, aveva esercitato le funzioni di comando supremo navale.

Il 12 febbraio 1918, con l’ordine n. 113, si costituiva il "Commissariato del Popolo per gli Affari Navali", nel cui ambito l’amministrazione della flotta fu affidata ai "Soviet dei Commissari della Flotta del Baltico", mentre la responsabilità operativa spettò alla sezione militare del “Centroflot”. Per la nuova “Russia degli Operai e dei Contadini”, così si chiamava all’epoca, il grosso problema fu rappresentato dalla scarsità di marinai e di ufficiali, per questi ultimi fu necessario ricorrere agli ex appartenenti alla Marina zarista.

Dopo la rivoluzione, i sovietici tentarono di ricostruire un’unità militare navale organica anche nei mari artici. I loro tentativi in questo senso si concretizzarono nel 1920 con la costituzione ad Arcangelo della “Flottiglia del Mar Bianco”. In seguito questa flottiglia prese il nome di “Forza Navale del Mare del Nord”, che venne sciolta nel 1923. Ricostituita nel 1933 come “Flotta Militare del Nord”, nel 1937 assunse l’attuale denominazione “Flotta del Nord”. Si tratta della più giovane tra le flotte russe. Le prime navi per equipaggiare la neonata flotta vennero trasferite dal Mar Baltico: due cacciatorpediniere, due sottomarini e due pattugliatori salparono da Kronstadt, il 18 maggio 1933, diretti a Murmansk. Attualmente il quartier generale è a Severomorsk e la maggior parte delle sue basi è sita nella Penisola di Kola.

Il 17 ottobre 1917 potrebbe configurarsi come prima e unica battaglia della Marina sovietica. La Marina tedesca voleva distruggere i bolscevichi e occupare i paesi baltici, mentre Lenin ordinò alle navi di spostarsi verso nord, a Tallin. Per questo scopo la Marina tedesca formò un gruppo di navi comprendenti 10 corazzate, 11 incrociatori, 50 cacciatorpediniere e 6 sottomarini. Mentre la Marina bolscevica aveva solo 2 corazzate, 3 incrociatori, 21 cacciatorpediniere. Lo scontro fu aspro, furono affondati due cacciatorpediniere tedesche e uno russo. Le due corazzate sovietiche tra cui lo Slava aprirono il fuoco contro le moderne corazzate tedesche Konig e Krunprinz, il risultato fu che tutte le quattro corazzate subirono danni, ma lo Slava risultava in pessime condizioni. Per questo il suo l’equipaggio lo portò in acque poco profonde arenandosi (foto) , permettendo il ritiro del resto della flotta sovietica. Alla fine l’equipaggio dello Slava fuggì via dalla terra. Da sottolineare che molti marinai tedeschi rifiutarono di aprire il fuoco, a causa delle loro idee politiche vicine a quelle bolsceviche. Durante la battaglia e nei giorni seguenti le corazzate tedesche Bayern e Grusser Kurfuerst furono gravemente danneggiate dalle batterie terrestri e da mine, e 7 cacciatorpediniere affondarono. L’obiettivo principale dei bolscevichi era la sopravvivenza della flotta e dei marinai ed il risultato fu ottenuto, mentre il nemico ebbe perdite molto pesanti; 300 morti e 200 feriti, mentre le perdite dei bolscevichi risultarono inferiori.

Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, gli alleati inviarono considerevoli forze nelle acque russe per appoggiare le forze definite “Bianche”, che si battevano contro il nuovo regime bolscevico. Nel Baltico furono inviate unità navali britanniche, incrociatori e caccia. Il 5 dicembre 1918 l’incrociatore leggero Cassandra affondò per urto contro una mina. In compenso due grossi cacciatorpediniere sovietici, lo Spartak e l’Avtroil, furono catturati dagli inglesi. Il 17 luglio 1919 l’incrociatore russo Oleg fu silurato e affondato dalla motosilurante britannica CMB 4. Il 18 agosto gli inglesi lanciarono il loro attacco più massiccio contro la flotta bolscevica, 8 motosiluranti penetrarono nella base di Kronstadt dove silurarono e affondarono le corazzate Petropavlsk, l’Andrej Pervozvanny e il vecchio incrociatore Pamyat Azova (foto). Nell’autunno vi furono ancora alcuni scontri che costarono ai bolscevichi la perdita di altri due caccia, ma quando nel febbraio del 1920 le forze “Bianche” furono sconfitte dall’Armata Rossa, alla Royal Navy non rimase che ritirarsi dal mar Baltico.

Nel Mar Nero, le navi russe abbandonate dagli occupanti, furono in parte divise tra le Marine alleate e in parte consegnate alle forze “Bianche”. Sebastopoli e Odessa furono occupate da reparti di fucilieri di marina inglesi e francesi. Ma il successo dell’Armata Rossa di Trotzkij costrinsero nella primavera del 1919 queste truppe ad abbandonare le due città, riperse definitivamente dagli alleati l’11 novembre 1920. Sebastopoli aveva visto partire l’ultimo convoglio alleato: 150.000 persone trasportate a Costantinopoli da 126 navi tra mercantili e da guerra. Tra queste navi si trovavano anche le ultime unità russe della flotta del mar Nero ancora in grado di navigare, la nave da battaglia Volja e la vecchissima corazzata Georgi Pobiedonosetz, l’incrociatore Ochakov e la nave porta idrovolanti Almaz, sette cacciatorpediniere, sommergibili, cannoniere. Il destino di queste navi fu amaro, conosciute come unità della “flotta Wrangel”, furono internate nella base francese di Biserta, dove rimasero inattive ad arrugginire per anni. Costantinopoli, che aveva accolto tanti profughi da regioni così diverse, ora assistette all’approdo di questa strana flotta carica di profughi russi. Questi arrivavano dopo un viaggio indescrivibile, alcuni erano così affamati e assetati che in cambio di cibo e acqua calavano, appese ad una cordicella, le fedi nuziali verso le barche traboccanti di mercanti greci e armeni. Vecchie dame di compagnia dell’imperatrice madre, con la testa rasata per eliminare i pidocchi, pregavano davanti alle icone di famiglia. Per le strade di Galata i soldati russi erano così tanti da sembrare un esercito d’occupazione. Questi uomini vennero alla fine accolti negli accampamenti dell’esercito francese a Lemno, a Catalca e sui Dardanelli, e la Marina francese si prese in cambio le navi russe. Le truppe della brigata cosacca con ufficiali russi avrebbero contribuito qualche mese dopo ad insediare sul trono dell’Iran Reza Khan, il primo Pahlavi. Quando la Francia riconobbe ufficialmente il nuovo stato dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, il governo di Parigi offri la restituzione delle superstiti navi della flotta del mar Nero. Il governo sovietico rifiutò di riprendersi quei vecchi ferri arrugginiti, così furono avviate alla demolizione. Con quest’ultimo atto si concludeva la vicenda della Marina russa nella rivoluzione.

Anche nel lontano Estremo Oriente, gli alleati americani e giapponesi, per aiutare i “Bianchi”, sbarcarono sul territorio russo e presero possesso di Vladivostok e di altri porti. Ma alla fine anche qui dovettero ritirarsi quando l’Armata Rossa sconfisse la resistenza delle forze controrivoluzionarie comandate dall’ammiraglio Aleksandr Vasil’evic Kolcak (1874–1920). I marinai della flotta combatterono per acqua e per terra, sul fronte settentrionale e su quello meridionale, ma anche sul Caspio e lungo il Volga, dove seppero armare vere e proprie flottiglie da guerra e con queste attaccarono i “Bianchi” e contrastarono i britannici che operavano in quelle acque interne con cannoni, motosiluranti e mezzi minori. Da questo momento iniziò la vera e propria costituzione delle forze armate sovietiche, da cui, attraverso un cammino tormentato e angoscioso, nasceva la nuova "Flotta Rossa".

Dalla nascita della flotta una speciale tradizione accompagnava la denominazione delle navi. I nomi erano generalmente dati per onorare i capi della flotta, i suoi eroi ed anche in ricordo di precedenti vittorie. Quando una nave veniva ritirata dal servizio attivo o affondata in combattimento si ripeteva il suo nome ad una in costruzione. Con l’antico nome passava sulla nuova nave lo spirito di quella ormai sparita, e quindi le tradizioni. Dal punto di vista psicologico-militare tutto questo aveva un significato enorme. Quando scoppiò la rivoluzione, gli equipaggi abolirono i nomi delle loro navi, assegnando loro altri nomi rivoluzionari. Questo venne innanzitutto per le navi che portavano i nomi di imperatori o titoli imperiali. Così l’Imperator Pavel I (foto) divenne Repubblica, e il Tzesarevic divenne Grazdanin (cittadino); l’Imperator Alexandr II già orgoglio della flotta divenne Zarià Svobodi (alba della libertà). La nave scuola Rinda che rappresentava la flotta a vela d’un tempo e che aveva fatto più di una volta il giro del mondo, divenne Osvoboditel (liberatore). Il nuovo cacciatorpediniere Wladimir divenne Svobodoi (libertà) e la nave scuola Dvina ridivenne Pamiatiu Azova (ricordo d’Azov), questo nome l’era stato tolto per la rivolta del 1906 in cui l’equipaggio aveva ucciso tutti gli ufficiali. All’Imperator Nikolai II, Democratia (democrazia); all’Ekaterinie II, Svobodnaia Rossia (libera Russia) ed all’Imperator Alexander III, Volia (libertà). Tutti questi nuovi nomi, erano difficilmente ricordati dai marinai, e così anche i più rivoluzionari chiamavano spesso le loro navi con il nome precedente.

Il problema marittimo russo non sfuggì alla nuova dirigenza sovietica che, una volta assestatosi il regime e terminata la guerra civile, promossero una vasta propaganda per incoraggiare la nascita fra il popolo di una coscienza marinara. Ma non si poté per lungo tempo rimediare alle deficienze materiali e allo stato di disordine organizzativo in cui si trovava la marina. La guerra civile si concluse, di fatto, nel novembre 1920, quando Mosca festeggiò la vittoria su tutti i generali della Guardia Bianca. Il 18 marzo 1921 i sovietici firmarono con il governo polacco la Pace di Riga (foto seguente), in forza del quale la Polonia rientrò in possesso dei suoi antichi territori comprendenti parte dell’Ucraina e della Bielorussia.

A partire dal 1924 fu iniziata la ricostituzione della squadra navale partendo dall’organizzazione gerarchica, in quanto in conseguenza della rivoluzione era stata decretata l’eliminazione dei gradi militari e dei corpi ufficiali, con conseguenze deleterie sulla capacità operativa. Furono epurati dai ranghi 750 ufficiali, anche se dobbiamo sottolineare che il 50% degli ufficiali era privo di una qualsiasi preparazione specifica e il 30% proveniva ancora dalla Marina zarista. Solo un 20% era rappresentato da elementi fidati di un certo mestiere che, in linea di massima, provenivano dai ruoli dei sottufficiali o da quelli della Marina mercantile. Nello stesso anno furono ripristinati i gradi degli ufficiali, sotto il nome di “categorie di servizio”, distinguendo in 13 livelli gerarchici (contro i 14 dell’Armata Rossa) da K-1 a K-13.

Dal punto di vista delle unità navali, fu costruita la classe di cacciatorpediniere Leningrad. I primi contatti con la Marina tedesca, relativi all’organizzazione, all’addestramento e all’impiego delle forze navali subacquee, avvennero nel 1925. L’anno dopo si ebbero i primi rapporti diretti aventi sempre per oggetto lo sviluppo e l’impiego dei sommergibili. I negoziati con la missione navale germanica portarono alla consegna dei piani costruttivi dei vecchi battelli tedeschi tipo: UB-UC-U139-U105-U114-U122-U126. Altri riferimenti tecnici furono per motosiluranti, per catapulte per il lancio di aerei da bordo di unità navali e anche di naviglio corazzato veloce. Predominante era comunque il fattore subacqueo che sin da subito assunse una grande importanza nella politica navale sovietica. Sul piano della reciproca collaborazione, le due marine esaminarono la possibilità di operazioni comuni nel corso di un conflitto che le vedesse schierate insieme contro la Polonia o contro una coalizione franco-polacca; la flotta sovietica avrebbe dovuto provvedere a bloccare il golfo di Danzica e attaccare nel Mediterraneo il naviglio francese con le unità della flotta del Mar Nero debitamente rinforzate. Considerate le lacune sovietiche per quanto riguardava il comando navale, fu anche prospettato di affidare a ufficiali tedeschi il comando dei sommergibili sovietici. Questi rapporti cordiali tra la Reichmarine e la Flotta Russa continuarono sino al 1930-31, tanto da permettere ai sovietici l’acquisizione dei piani del Deutschland prima corazzata tascabile tedesca. Poi i tedeschi per una serie di motivi rallentarono e raffreddarono i rapporti. Una pervenuta diffidenza di vedute tra i comandi germanici dell’esercito e della Marina circa le relazioni con l’Unione Sovietica, una nuova esigenza della Marina stessa di seguire con maggiore attenzione gli ambienti navali delle grandi potenze, e un pervenuto mutamento di politica generale.

Mancata l’assistenza germanica, la Marina sovietica ricercò in occidente quella tecnico-cantieristica, specie per quanto si riferiva al naviglio di superficie: incrociatori e cacciatorpediniere di grande dislocamento. I comandi sovietici continuavano a considerare i sommergibili come arma ideale ed avevano iniziato nel 1927 la costruzione dei primi battelli, prevedendo un loro impiego nei compiti di attacco al naviglio e al traffico nemico, di minamento, di ricognizione, di appoggio alle forze di superficie, di sbarco di agenti e sabotatori. Dai primi sommergibili di 600 tonnellate, passarono nel 1931 a progettare battelli di oltre 1.000 tonnellate, cercando di ottenere dall’Italia gli apparati e le centraline di lancio dei siluri che equipaggiavano i sommergibili della Regia Marina. Dal 1930 entrarono in servizio i primi Dekabrist, la prima classe di sommergibili costruiti per la Marina sovietica dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Si trattava di sei battelli denominati: D1 Dekabrist che diede il nome alla classe, D-2 Narodovolets, D-3 Krasnogvardyeyets, D-4 Revolutsioner, D-5 Spartakovets, e D-6 Yakobinets. Il Dekabrist andò perso con tutto l’equipaggio nel novembre del 1940. Il Narodovolets fu l’unico che ebbe una lunga carriera, servì anche come nave scuola a Kronstadt ed infine, nel 1989 ancorato sulla Neva a San Pietroburgo come museo. Il Krasnogvardyeyets (foto) affondò nel luglio del 1942 al largo della Norvegia. Il Revolutsioner fu affondato dai tedeschi al largo della Crimea. Lo Spartakovets venne posto in disarmo nel 1950, e l’Yakobinets fu distrutto dai tedeschi il 12 novembre 1941, durante i bombardamenti di Sevastopol. Seguirono i sei Leninets, seconda classe di sottomarini. Queste unità furono considerate con successo dai sovietici, tanto che ne seguirono altri 25 costruiti in gruppi di quattro tra il 1931 e il 1941. Seguiti dalla Classe Shciuka che furono i primi sommergibili di progetto originale sovietico, dopo le precedenti classi ispirate a modelli stranieri.

Del 1932 è la formazione della Flotta del Pacifico. Si trattava di complessi navali non cospicui, come dimostrarono le esercitazioni del 1935 nel Pacifico, quando vi parteciparono cinque cacciatorpediniere, 15 sommergibili e alcuni aerei, senza unità maggiore; ma erano pur sempre una prova dell’accresciuta importanza della Marina. Nel 1933 furono ripristinati i gradi militari vigenti sotto gli zar, e quindi molti ufficiali ricevettero il grado di generale o ammiraglio. Già tre anni prima era stata ricostituita la Flotta del Mar Nero, con il trasferimento di una nave da battaglia e di un incrociatore in tale bacino, che dopo le distruzioni della guerra civile era presidiato soltanto da unità sottili. Nel 1933 Stalin inaugurò il canale del Mar Bianco e, imbarcato su un’unità militare, scelse il luogo destinato a divenire, con la costruzione di cantieri e delle attrezzature, la base della Flotta settentrionale. La costruzione di nuove navi da battaglia non era tuttavia ancora possibile in Russia, come lo stato maggiore della Marina dovette ammettere allorché, nel 1935, si preparavano i piani di sviluppo della flotta. Perciò furono avviate trattative con cantieri americani e italiani e con una fabbrica francese di cannoni.

Mentre la politica sovietica intorno al 1933 alternava riconoscimenti diplomatici ed accordi commerciali e di assistenza tecnica, nei confronti dell’oriente, mirando ad intensificare la sua partecipazione alle situazioni interne cinesi, che provocarono tensioni e contrasti con il Giappone, con una seria acutizzazione al momento della guerra cino-giapponese del 1937. Nel frattempo la Marina sovietica, anche grazie all’assistenza tedesca, aveva compiuto passi in avanti nella sua organizzazione, soprattutto nell’addestramento del personale, mentre il naviglio esistente veniva riordinato e le prime unità, seppur di progettazione superata, iniziassero ad essere immesse in squadra. Nel settembre del 1935 fu introdotta nella Marina come nell’esercito, la nuova organizzazione gerarchica che prevedeva, a prescindere dal grado di ammiraglio, l’istituzione di “ufficiali di bandiera” di I e II rango, che coprirono i ruoli di comandanti delle tre flotte, di comandante superiore navale e di capo di stato maggiore.

Nel 1935 Stalin intervenne direttamente per mettere a punto la condotta di una politica navale e per stabilire gli obiettivi di sviluppo della Marina. Alla fine di quell’anno il nerbo della flotta era costituito da 100-120 sommergibili molti dei quali di tipo antiquato, e da unità sottili di superficie, tutti mezzi che andavano bene per operazioni difensive. Stalin stabilì che era giunto il momento di imprimere alla politica navale sovietica un decisivo cambiamento di rotta; navi da battaglia, incrociatori, cacciatorpediniere dovevano essere costruiti e quindi navigare per gli oceani. La loro costruzione era inclusa nel terzo piano quinquennale. Lo sviluppo di questa nuova politica navale, portarono nel 1936 l’Unione Sovietica a negoziare con la Gran Bretagna un accordo per gli armamenti navali, conseguente a quello anglo-germanico, e alle conclusioni della conferenza di Londra. I sovietici chiesero e ottennero che le limitazioni dovevano essere paritetiche a quelle già concordate con la Germania, mentre per quanto riguardava l’Estremo Oriente, l’Unione Sovietica pretendeva di essere sciolta da qualsiasi vincolo nel caso che il Giappone avesse superato i limiti precedentemente fissati. Per il Mar Nero Mosca volle la più ampia libertà all’interno di quel bacino ristretto, e inoltre la facoltà di attraversare gli stretti, proibizione invece di transito per i sommergibili e le portaerei di altre marine. Segni evidenti di una nuova politica navale più ambiziosa, aggressiva e dinamica.

Nel 1938 dopo le sanguinose “purghe” di Stalin che colpirono le gerarchie militari, i dirigenti sovietici dichiararono che la Marina doveva competere con le più grandi potenze navali e diventare la più potente del mondo. Anche se la struttura industriale sovietica non era ancora in grado di soddisfare le necessità di una grande flotta. A conferma delle direttive di Stalin intese a sviluppare una grande politica navale, restano le cifre del naviglio impostato tra il 1928 e il 1941, anno dell’attacco tedesco all’Unione Sovietica: 4 navi da battaglia, 2 incrociatori da battaglia, 18 incrociatori, 82 conduttori di flottiglia e cacciatorpediniere, 297 sommergibili, 55 dragamine, 36 navi scorta, 2 posareti, 17 cacciasommergibili, 19 cannoniere fluviali.

Nel periodo che va dal 1935 fino alla seconda guerra mondiale vennero formate le quattro flotte indipendenti (Mar Nero, Pacifico, Mare del Nord e Baltico), ed il numero di sottomarini divenne il maggiore al mondo. Furono impostate le corazzate della Classe Sovetskij Sojuz (Unione Sovietica), inizialmente previste in ben quindici esemplari, il progetto venne in seguito ridimensionato e fu intrapresa la costruzione di sole quattro unità, tuttavia, nessuna di queste venne mai ultimata. La Sovetskij Sojuz: iniziata il 15 luglio 1938 a San Pietroburgo. Quando i lavori vennero quasi fermati nel 1940, lo scafo era stato praticamente ultimato, i motori erano stati installati e le corazze erano state montate. Tuttavia, tra il 1941 ed il 1944, gran parte delle corazzature vennero rimosse per essere utilizzate sulla terraferma. La Sovietsky Soyuz venne varata nel 1949, in modo da liberare lo spazio nel cantiere, e demolita in seguito. La Sovetskaya Ukraina: iniziata il 28 novembre 1938 a Mykolaiv. Al momento dell’invasione nazista, i lavori erano completi al 75%. Lo scafo venne parzialmente danneggiato dagli stessi sovietici poco prima della cattura della città da parte dei tedeschi. Questi ultimi, tuttavia, proseguirono la costruzione, anche se con estrema lentezza (non si trattava di un progetto prioritario). Quando si ritirarono, i tedeschi danneggiarono lo scafo e lo resero inutilizzabile. Venne demolito intorno al 1950. La Sovetskaja Rossija e la Sovietskaya Belorussiya iniziate alla fine del 1939 a Severodvinsk (che all’epoca si chiamava Molotovsk), la loro costruzione fu interrotta il 19 ottobre 1940, e demolite intorno al 1950.

Nello stesso periodo seguirono i Kirov che furono la prima classe di incrociatori realizzati in Unione Sovietica dopo la rivoluzione. Progettati con l’assistenza italiana, ne vennero costruiti sei esemplari in due versioni ed entrarono in servizio tra il 1938 ed il 1944. La decisione di costruire nuove classi di moderne unità di grandi dimensioni venne presa dai vertici della Marina Sovietica all’inizio degli anni trenta. Vista la scarsa esperienza che i sovietici avevano nella progettazione e nella costruzione delle grandi unità (molti ingegneri navali erano fuggiti oppure erano rimasti uccisi), si decise di ricorrere all’assistenza di paesi esteri. In particolare, ci si rivolse all’italiana Ansaldo. Questa contribuì alla progettazione di un incrociatore leggero da 7.200 tonnellate, basato sul progetto dell’italiano Montecuccoli. La costruzione sarebbe dovuta avvenire in Unione Sovietica, ma utilizzando componentistica italiana (caldaie e turbine in particolare). Le versioni realizzate, sulla base di tale progetto, furono due. La costruzione della prima nave fu però piuttosto lenta, a causa della scarsa esperienza sovietica nella costruzione di grandi unità e per il fatto che vennero apportati numerosi cambiamenti rispetto al progetto originale (cambiamenti che comportarono un aumento del dislocamento). Per il Kirov, i lavori iniziarono a Leningrado il 22 ottobre 1935, e la nave fu completata nel 1938; era la più grande nave da guerra mai costruita dai tempi della rivoluzione. Utilizzato contro i finlandesi durante la guerra d’inverno, fu la nave ammiraglia durante le operazioni d’evacuazione della flotta sovietica da Tallinn verso Leningrado, in un’operazione in cui affondarono 50 navi. La stessa nave fu affondata da aerei tedeschi il 4 aprile del 1942. Riparato nel 1943, nel giugno 1944 appoggiò l’attacco sovietico su Vyborg. Durante gli anni sessanta, fu utilizzato come nave scuola. Radiato nei primi anni settanta e demolito nel 1974. Due sue torri di artiglieria sono oggi conservate a San Pietroburgo come monumento. Questa venne poi seguita da una seconda nave, il Vorosilov, che presentava differenze per quanto riguardava l’armamento ed i motori. Quest’ultima unità venne completata nel 1940. La nave era intitolata al militare e uomo politico russo Kliment Efremovic Vorosilov, che sarebbe stato uno dei primi a raggiungere il grado di Maresciallo dell’Unione Sovietica. Il Vorosilov venne demolito nel 1973. L’elica e l’ancora sono conservati a Sebastopoli. Per gli incrociatori da battaglia della classe Kronstadt i lavori iniziarono il 5 novembre 1939 a Leningrado, ma furono interrotti nel febbraio 1940 a causa dell’incapacità sovietica di reperire 14.000 tonnellate d’acciaio, necessarie per la costruzione. Per il Sevastopol i lavori iniziarono il 30 novembre 1939 a Nikolayev. Lo scafo incompleto venne demolito dai tedeschi sullo scalo.

Nella seduta del Soviet Supremo del 15 gennaio 1938, Molotov dichiarò che tenendo conto del rifiuto dell’Italia e del Giappone di limitare il proprio potenziale navale, e del desiderio italiano di ottenere la supremazia navale in Mediterraneo, l’Unione Sovietica decideva di aumentare le proprie forze navali, tanto più che la stessa Germania, pur avendo aderito a determinate limitazioni, non avrebbe certo continuato a lungo a osservarle. Questa dichiarazione di Molotov ebbe largo eco, anche perché poi gli organi sovietici affermarono che la stessa storia e la geografia conferivano all’Unione Sovietica la funzione di grande potenza navale. Il programma di incremento navale doveva portare la Marina sovietica allo stesso livello di quello delle grandi potenze navali, e questo concetto fu ribadito più volte, tanto che per meglio organizzare lo sviluppo delle costruzioni navali, fu costituito nel 1939 un apposito commissariato. Poi sopravvennero difficoltà per la costruzione di naviglio pesante di superficie, mentre i sommergibili ebbero un ulteriore impulso, tanto che nell’estate del 1939 il commissario per la Marina, ammiraglio Nikolaj Gerasimovic Kuznecov (1904-1974, nella foto), dichiarava che la Flotta Rossa possedeva più sommergibili di ogni altra marina al mondo. Va anche sottolineato che il programma navale di sviluppo e la nuova politica navale voluta dai capi del Cremlino, trovarono diverse posizioni critiche nell’ambito militare, questo valse nell’agosto del 1939, un’altra vasta epurazione negli alti gradi della Marina sovietica. La guerra interruppe ma non modificò le linee di sviluppo della grande politica navale sovietica, anche se ci vorranno ancora quasi quarant’anni per far arrivare la Marina sovietica alla meta prevista.

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