La battaglia di Cassino: “La campagna alleata d'Italia vista dal comando tedesco” (1/3)

(di Manuele Serventi Merlo e Federico Massa)
15/02/17

Quando nella tarda primavera del 1943 le ultime posizioni italo-tedesche capitolarono al termine dell'estremo (e strategicamente impossibile) tentativo di tenere la Tunisia, le forze alleate si trovarono per la prima volta concretamente dinanzi alla possibilità di assumere l'iniziativa strategica nel medio lungo termine sul fronte occidentale dopo quasi 4 anni di guerra; le migliori divisioni italiane e la gran parte delle forze germaniche impegnate nel teatro di guerra mediterraneo erano state definitivamente sgominate nella sacca nord africana. Furono tuttavia necessari più di due mesi prima che gli anglo americani riuscissero ad attaccare la Sicilia, il 10 luglio; potendo contare su appena la metà delle divisioni degli avversari (circa 4 tedesche nel momento maggiormente favorevole, contro 8 alleate), privi di supporto, interdizione o copertura aerea e dinanzi al totale predominio dell'artiglieria navale e terrestre alleata (sarebbe stata solo un' anticipazione di quello che sarebbe accaduto in Normandia un anno dopo), la Wehrmacht riuscì a contenere la spinta dell'esercito invasore e a procedere a un'ordinata ritirata verso la terraferma italiana, in una situazione d' insieme in cui lo svolgimento dell'operazione Zitadel nel saliente di Kursk privava le forze tedesche di qualsiasi reale possibilità di ricevere ulteriori rinforzi che non fossero da rinvenirsi nel ridispiegamento delle forze evacuate dalla Corsica e dalla Sardegna.

Di notevole importanza per lo svolgimento e l'esito della dura campagna insulare fu anche il fatto che un vero e proprio stato maggiore operativo tedesco venne a crearsi solamente a posteriori, al termine della fase propriamente detta di sbarco alleato: fino a quel momento era presente (al comando del tenente generale Von Senger und Etterlin, in qualità di ufficiale di collegamento con la VI armata italiana del generale Guzzoni) unicamente una compagnia di comunicazioni; tale circostanza si rivelò più che decisiva nell'impossibilità di poter anche solo ipotizzare un contrattacco coordinato di tutte le forze tedesche nel momento in cui gli alleati disponevano solo delle prime teste di ponte sulle spiagge; solo nel momento del crollo delle deboli divisioni italiane si poté sopperire a tale handicap tattico e inviare anche di rinforzo la 29^ divisione Panzergrenadier in supporto alla 15 Panzergrenadier (peraltro di fresca costituzione, con reclute prive di esperienza ) e alla più robusta Fallschirm Panzer Hermann Göring.

Due ulteriori ordini di problemi impedirono a Etterlin di lanciare tale contrattacco anche nel momento in cui de facto i comandanti tedeschi assunsero il controllo delle operazioni dell'asse in Sicilia: come lo stesso generale (veterano del fronte russo, specialista di carri armati) poté fare presente dopo la guerra, la soluzione alleata di sbarcare praticamente in ogni luogo disponibile della costa fra Siracusa e Licata con la tattica del fronte esteso costrinse subito i panzer a operare frazionati a supporto della sempre più instabile fanteria italiana (da tenere in considerazione era anche la drammaticamente efficace interdizione aerea dei cacciabombardieri alleati), poi apparve subito chiaro che lo spazio delle pianure costiere di Gela e di Catania non si sarebbe assolutamente prestato favorevolmente a operazioni corazzate veramente rilevanti, anche avendo riguardo della notevole mole dei carri tedeschi della nuova generazione del dopo Stalingrado (elemento che non emerse invece nelle operazioni dell'inverno-primavera precedenti nelle grandi distese del nord Africa francese). La più cospicua riserva panzer composta da carri Tigre era concentrata nella parte orientale dell'isola con la divisione Hermann Göring; loro compito sarebbe dovuto essere quello di bloccare ogni tentativo dei corazzati alleati di avanzare sia dalla piana di Catania che da quella di Gela e per questo lanciarono il loro contrattacco in direzione sud partendo da Caltagirone, ma pur riuscendo a respingere indietro gli alleati fino alla fascia costiera fu subito chiaro che le perdite dovute alle artiglierie navali fossero piuttosto gravi e che tale successo tattico fosse vanificato dall'impossibilità strategica di stabilizzare il fronte che in tutti i settori fra Siracusa e Licata stava già collassando facendo defluire verso l'interno gli alleati.

Al termine del conflitto Senger fu molto preciso nel ricostruire le difficoltà dei carristi della Göring e il loro coraggioso ma sfortunato impatto con la battaglia: l'altezza e la corazzatura rendeva il Tigre poco mobile, ingombrante e incapace di sterzare, senza contare che le stradine strette su zone montuose erano dei corridoi ideali per gli osservatori dell'artiglieria americana e i martellanti cacciabombardieri alleati; notevoli successi vennero anche riportati dai piccoli gruppi di paracadutisti alleati in prossimità delle strade principali, dove seppero fare magistrale uso della copertura degli alberi di olivo e delle tattiche caccia-carro; si giunse inoltre troppo spesso alla constatazione che per muovere un Tigre in avaria l'unico modo era quello di trainarlo con 2 carri dello stesso tipo, circostanza ideale per gli artiglieri nemici di colpire un facile bersaglio. Tuttavia era anche evidente che avessero delle notevoli qualità: assolutamente meno vulnerabili dei cannoni stazionari, sempre in grado di risollevare il morale delle fanterie e capaci di facilitare il coordinamento dei gruppi di difesa impegnati dal fuoco nemico con l'utilizzo delle proprie ricetrasmittenti; più l'avanzata alleata procedeva lentamente più si dimostrarono micidiali come arma anticarro, dato che le stradine della Sicilia presentavano pur sempre i medesimi difetti anche per gli angloamericani e non solo per i tedeschi. Complessivamente però tutto questo non sarebbe potuto accadere nemmeno in minima parte se gli inglesi fossero riusciti immediatamente a forzare il blocco nella costa orientale, dove la minor distanza verso l'obiettivo strategico di Messina avrebbe senza dubbio permesso a Montgomery di tagliare la ritirata a tutte le forze dell'Asse, ed è qui che gli uomini di Student diedero il loro decisivo contributo alla battaglia. Il maresciallo britannico era fermamente deciso a sfondare nella piana di Catania partendo da Lentini con un attacco generale nella notte del 13 Luglio, subito dopo che un'operazione aviotrasportata fosse stata in grado di assicurargli il controllo del ponte di Primosole sul fiume Simeto, situato a pochi km a sud di Catania; venne per questo attuata l'operazione Fustian, da parte della I brigata aviotrasportata britannica, al comando del brigadiere generale Gerald Lathbury (futuro eroe di Market Garden ad Arnhem nel settembre del 44), che nonostante seri problemi nel radunare almeno metà dei suoi effettivi nel punto convenuto, riuscì a sorprendere i circa 50 italiani di guardia e a prendere il ponte intatto.

Tutto procedette per il meglio finché non furono proprio i paracadutisti tedeschi della 1^ Fallschirmjäger a strappare il ponte agli inglesi, riuscendo a difenderlo per 3 giorni di intensi combattimenti; a quel punto, nonostante la 1^ paracadutisti tedesca avesse riperso il ponte, anche grazie agli sforzi di supporto della 50^ divisione di fanteria Northumbrian, per l'8^ armata britannica l'occasione di una rapida avanzata verso lo Stretto era definitivamente sfumata dato l'apporto provvidenziale degli scaglioni panzer a rinforzo dei fallschirmjäger che riuscirono a facilitare grandemente le azioni ritardatrici di Senger nell'area; Montgomery si vide allora costretto a coordinare la propria avanzata con le colonne americane della 5^ armata che provenivano da Palermo e iniziare un lento movimento verso ovest per aggirare il massiccio etneo, circostanze che permisero alla Wehrmacht di iniziare il ripiegamento ordinato verso l'Italia continentale avendo almeno un mese a disposizione.

Il più grande motivo di sollievo dell'Oberbefehlshaber Süd Kesselring fu di poter constatare come la campagna estiva siciliana fosse terminata con la vittoria tattica alleata dovuta alla conquista dell'isola senza però che né Patton né Montgomery fossero riusciti a circondare e annientare le divisioni tedesche prima che esse potessero riparare oltre lo stretto di Messina e iniziare il loro ripiegamento verso gli assi stradali e ferroviari della Campania e dell'Italia centro meridionale al fine di intraprendere la loro successiva e ugualmente ardua missione: la difesa strategica di Roma e della catena appenninica, fondamentale per poter continuare a sfruttare l'apporto delle risorse produttive e alimentari degli impianti industriali e dei terreni agricoli del nord Italia occupato.

In tutto, nell'agosto del 1943 in sei giorni e sette notti, non meno di 60000 tedeschi (alcune stime arrivano a 80000) riuscirono a raggiungere la Calabria portando con sé (diversamente dagli inglesi 3 anni prima a Dunkerque) gran parte dell'equipaggiamento.

(Continua...)

di Manuele Serventi Merlo e Federico Massa

(foto: web)