La battaglia di Abukir (1798) e il ruolo strategico del Mediterraneo

(di Francesco Sisto)
26/05/20

La battaglia del Nilo, nota in Francia come la battaglia di Abukir (località a nord-est di Alessandria d’Egitto), svoltasi il primo agosto del 1798 è “figlia” della grande abilità militare di Horatio Nelson, dell’impreparazione della marina francese e del predominio navale britannico.

Napoleone Bonaparte, uscito grande trionfatore della Campagna d’Italia del 1798, era da considerarsi l’astro nascente del neo esercito rivoluzionario, e per questo motivo il Direttorio assecondò il suo coraggioso piano che aveva come obiettivo quello di conquistare l’Egitto. Una spedizione in Oriente avrebbe seriamente minacciato il commercio britannico con le Indie.

La Francia non aveva rinunciato ai suoi grandi sogni sull’India, e il generale Bonaparte non solo ora li faceva rivivere, ma avrebbe pure cercato di trasformarli in realtà. Napoleone, infatti, tra le tante novità portò la rottura degli equilibri geostrategici, ed il mar Mediterraneo in questo avrà un ruolo determinante.

Il Mediterraneo è un sistema molto complesso per geografia, clima, cultura e storia, un insieme di varie realtà legate da un comune destino. Nel periodo preso in esame questo mare, era abbastanza grande per accogliervi interessi e azioni di disparata origine, e nello stesso tempo abbastanza piccolo perché tutti gli avvenimenti finissero alla fine per influenzarsi a vicenda, sommarsi e produrre delle conseguenze di carattere universale. Tutto questo, comunque, fa capire il ruolo strategico che ha il Mediterraneo.

Nel periodo che tratto il mare era (ed è ancora oggi) fondamentalmente una via di comunicazione, uno spazio attraverso il quale le persone e le merci, materie grezze o manufatti, potevano muoversi in tutte le direzioni, ma privilegiando, per ovvi motivi di convenienza, determinate rotte, poiché più brevi o solamente perché più facili da navigare. Tutto questo, insieme ai porti di partenza e di destinazione e alle basi dislocate, rappresentavano una fitta rete di relazioni e d’interessi di particolare valore. Le basi erano empori, depositi di merci, possibilità di accesso alle zone continentali, ma nello stesso tempo dovevano anche servire come punti di riferimento per le navi mercantili e le navi militari che erano costrette a navigare in zone lontane dalla loro nazione. Quest’ultima esigenza, "di natura più tipicamente strategico-militare, fu la causa di molte delle contese che avvennero nel Mediterraneo"1. Esattamente come fu il caso di Abukir.

Nella più assoluta segretezza - solamente il governo e Bonaparte erano a conoscenza del reale obiettivo via mare - l’Armée d’Orient salpò dalla città di Tolone il 19 maggio 1798. Nel tragitto l’avrebbero poi raggiunta altre divisioni imbarcate nelle città di Marsiglia, Genova e Civitavecchia. Era la flotta più grande mai vista nel Mediterraneo. In totale c’erano 280 navi, fra cui 13 di linea, con un numero di cannoni compreso fra 74 e 118 (quella con 118 cannoni, la più grande, era l’ammiraglia L’Orient, comandata dal vice ammiraglio Francois Brueys). Bonaparte aveva messo insieme 38000 soldati, 13000 fra marinai e fanti di marina e 3000 marinai di navi commerciali.

Le spie inglesi che facevano base a Tolone capirono che si stesse preparando una grande operazione nei paesi arabi, ma non furono capaci di riferire a Londra quale fosse il reale obiettivo dei francesi. Così al contrammiraglio Horation Nelson fu dato un ordine alla “cieca”: cercare di intercettare la flotta francese. Le informazioni raccolte prima a Napoli ed inseguito da alcune navi incrociate sulla rotta convinsero l’ammiraglio che il vero obiettivo dei francesi fosse l’Egitto.

La grande armata di Napoleone fu molto fortunata a riuscire ad attraversare il Mediterraneo senza essere assalita da Nelson, che era sulle sue tracce con 13 navi di linea. La sera prima che Bonaparte salpasse, una tempesta aveva disperso la flotta di Nelson nei dintorni della Sardegna, e la notte del 22 giugno le due flotte si incrociarono nella nebbia, passando a 20 miglia appena l’una dall’altra nei pressi di Creta.

Così facendo Napoleone arrivò senza troppi problemi ad Alessandria il primo di luglio e i giorni successivi era già in marcia con l’esercito verso il Cairo. Ora bisognava capire dove riparare la squadra navale. L’ammiraglio Brueys decise per Abukir, una baia non molta profonda e protetta da un promontorio di sabbia dove c’era un forte.

Fu nel pomeriggio del primo di agosto che le vedette di Nelson avvistarono i francesi. Nonostante la squadra francese fosse ancorata in un porto fortificato, circondato da secche e da bassifondi che limitavano gli spazi per una manovra offensiva, "l’ammiraglio francese Brueys aveva lasciato troppi spazi tra le sue navi, consentendo così ai più manovrabili vascelli inglesi di infiltrarsi nella linea di fila per attaccare le navi nemiche a distanza ravvicinata grazie alla potenza delle nuove artiglierie"2. Questa era la tattica prediletta dai britannici, che miravano ai ponti e agli equipaggi avversari, mentre i cannonieri francesi erano addestrati a colpire le manovre delle navi nemiche, con il fine di immobilizzarle per renderle innocue, senza continuare nella loro distruzione. L’ammiraglio Nelson disponeva di 13 vascelli da 74 cannoni e uno da 50, con un totale di 938 cannoni, i francesi invece più di mille. Però la squadra francese fu colta di sorpresa.

Nelson decise di sfruttare la situazione senza concedere tempo alla squadra francese di attuare delle contromisure. Così al comando della formazione britannica iniziò ad avanzare concentrando subito il fuoco su poche unità avversarie in modo tale da annientarle prima che potessero intervenire le altre.

La tattica attuata da Nelson risultò decisiva sul piano strategico. L’inglese effettuò l’attacco in colonna contro una flotta avversaria, rompendo le tradizionali dottrine che si basavano sui combattimenti in linea di fila. L’avanguardia francese era posizionata distante dal forte, questo rese difficile a obici e cannoni colpire da terra le navi britanniche. Tra l’altro la fila di navi dell’ammiraglio Brueys si era posizionata lontana dalla costa, e in questo modo diede all’avversario un canale navigabile. Così l’ammiraglio Nelson non perse tempo e fece infilare cinque delle sue navi per cogliere l’avversario fra due fuochi.

Nel tardo pomeriggio le unità britanniche impegnarono con duro e preciso fuoco di infilata le sette navi francesi dell’avanguardia che, alla fine, furono ridotte a delle disgraziate imbarcazioni disalberate. L’ammiraglio Brueys rimase ucciso nel corso del combattimento e L’Orient saltò in aria (immagine apertura ed in basso).

Fatto il bilancio della battaglia, risultò che a parte due navi di linea e due fregate, tutte le unità francesi erano state affondate, catturate o si erano incagliate. Gli scampati lasciarono la baia di Abukir al comando del contrammiraglio Villeneuve.

La sconfitta per i francesi ebbe come conseguenza l’isolamento dell’Armée d’Orient, l’interruzione dei collegamenti fra il Bonaparte e Parigi e fu, in particolare, causa del fallimento della spedizione in Egitto.

La via con le Indie rimase esclusiva dei britannici che con la vittoria ad Abukir confermarono di essere padroni dei mari.

In seguito, grazie al potere navale e marittimo il Regno Unito uscì dalle guerre napoleoniche come la più grande delle potenze, la più ricca e la più importante. Di fatto non aveva rivali.

Aveva un nuovo sistema industriale e dominava i commerci marittimi, attraverso i quali, con la protezione della più imponente marina militare del mondo, poteva esportare i prodotti frutto della propria superiorità tecnica ed organizzativa. Infatti ebbe sempre la forza di influire in modo determinate sulle questioni del mar Mediterraneo.

Si può affermare, senza troppi problemi, che i britannici riuscirono a mantenere questa posizione di forza almeno fino alla seconda guerra mondiale, quando poi saranno sostituiti dagli Stati Uniti d’America come potenza egemone. Anche in quel caso, come nelle guerre napoleoniche, la difesa del Mediterraneo dalle potenze dell’Asse fu di vitale importanza. Così come evitare, a tutti costi, che l’Egitto potesse essere conquistato dall’Asse. Infatti una vittoria in Egitto avrebbe aperto la strada all’intero Medio Oriente (ricco di riserve di petrolio). In seguito ci sarebbe stato un rischio elevato di arrivare- come nel passato-fino in India.

Questo a dimostrare come nella storia, personaggi, contesti, alleanze e commerci (prima c’erano le spezie ora il petrolio) possono variare. Ma nazioni, obiettivi ed interessi economici-strategici alla fine rimangono e rimarranno sempre. Così come il mantenimento di determinate aree geostrategiche (come il Mediterraneo) sia fondamentale per controllarne altre.

1 L. Donolo, Il Mediterraneo nell’Età delle rivoluzioni. 1789-1849, Pisa University Press, Pisa, 2012, p. 8.

2 A. Savoretti, I grandi ammiragli dell’età velica, Odoya, Bologna, 2018, p. 264.

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