Incrociatori leggeri classe "Capitani Romani" (12 unità)

(di Mario Veronesi)
10/02/25

Attilio Regolo, Caio Mario, Claudio Druso, Claudio Tiberio, Cornelio Silla, Giulio Germanico, Ottaviano Augusto, Paolo Emilio, Pompeo Magno, Scipione Africano, Ulpio Traiano, Vipsanio Agrippa.

Delle dodici unità previste, solo tre entrarono in servizio, prendendo parte al secondo conflitto mondiale: l’Attilio Regolo, lo Scipione Africano e il Pompeo Magno. Le altre non vennero mai completate.

Vennero impostati nel 1939 per contrastare i cacciatorpediniere delle classi Mogador e Fantasque della Marina francese, con la richiesta che potessero raggiungere una velocità di 41 nodi (queste classi di cacciatorpediniere francesi potevano raggiungere i 40 nodi). A questo scopo venne installato un apparato propulsivo della potenza di oltre 100.000 hp., che permetteva loro di soddisfare questo requisito.

L’armamento principale consisteva di 8 cannoni da 135/45 mm in torrette binate con elevazione di 45°, gittata di 19,6 km, cadenza di fuoco di 6 tiri al minuto, capaci d’eseguire tiri assai precisi, ma ancora privi di una soddisfacente capacità antiaerea.

Altre armi comprendevano 8 tubi lanciasiluri, 8 mitragliere da 37/54 mm e altrettante da 20/65 mm. La loro concezione era comunque opinabile: realizzati come risposta ad una minaccia che non esisteva più. L’armamento antiaereo era buono rispetto agli standard italiani, ma non all’altezza delle controparti alleate. La scarsa autonomia, difetto tipico delle navi italiane, non le aiutava né per la difesa della squadra navale, né per azioni indipendenti e offensive. La mancanza di corazzature protettive li rendeva poi vulnerabili al fuoco di unità anche leggere, come i cacciatorpediniere nemici, anche se il migliore armamento pesante avrebbe dovuto permettergli di distruggerle.

L’Ulpio Traiano venne affondato nel porto di Palermo il 3 gennaio 1943, mentre si trovava nelle prime fasi dell’allestimento. L’incrociatore fu vittima di un'incursione britannica: mezzi d’assalto penetrarono nel porto e riuscirono a posizionare una potente carica esplosiva sotto lo scafo, che esplodendo spezzò la nave in due (nella foto, dopo il recupero nel 1948).

All’armistizio, il Caio Mario, l’Ottaviano Augusto, il Cornelio Silla, in costruzione sugli scali, ed il Giulio Germanico, in avanzata fase di allestimento, furono catturati dai tedeschi. L’Ottaviano Augusto e il Cornelio Silla, furono affondati in un raid aereo rispettivamente l’1 novembre 1943 e nel luglio 1944. Nel gennaio 1943 il Caio Mario aveva completato solo lo scafo per essere utilizzato come nave deposito. Requisito dai tedeschi venne autoaffondato nel 1944, nel porto della Spezia.

1) Attilio Regolo, costruito nel Cantiere navale OTO di Livorno. Entrato in servizio il 14 maggio 1942, il successivo 7 novembre al rientro da una missione di posa di mine fu colpito da un siluro del sommergibile inglese Unruffled che gli asportò completamente la prora (foto). Dopo essere riuscito a raggiungere Messina venne rimorchiato fino alla Spezia, dove gli venne applicata la prora del Caio Mario ancora in costruzione.

Rientrato in servizio il 3 settembre 1943, cinque giorni dopo, in seguito alle vicende armistiziali salpò con il resto della squadra per dirigersi a Malta e fu tra le navi che durante il trasferimento recuperarono i naufraghi della corazzata Roma dopo il tragico affondamento, trasportandone i naufraghi alle Baleari, dove, perduto contatto con la formazione navale, venne internato con tutto l’equipaggio.

Nel dopoguerra, in base alle clausole del trattato di pace, fu tra le unità che l’Italia dovette cedere come riparazione per danni di guerra. Il 27 luglio 1948 venne quindi ceduto alla Francia insieme al gemello Scipione Africano. Le due unità costituirono nella Marine Nationale la classe “Chateaurenault” e vennero riarmate con cannoni ex-tedeschi da 105 mm, gli stessi che costituivano l’armamento antiaereo degli incrociatori tedeschi classe “Hipper”.

L’Attilio Regolo venne ribattezzato Chateaurenault e riclassificato cacciatorpediniere, ebbe assegnata la matricola D 606. Posto in disarmo il 1º gennaio 1962, fu trasformato in nave da addestramento.

2) Pompeo Magno, fu una delle poche unità di questa classe a entrare in servizio attivo nella Regia Marina prima dell’armistizio.

La sua costruzione avvenne nei Cantieri Navali Riuniti di Ancona, dove il suo scafo venne impostato il 3 settembre 1939.

Assegnato alla base di Taranto svolse alcune missioni di posa di mine e all’armistizio fece rotta su Malta. Dopo la guerra fu tra le unità che in base alle clausole del trattato di pace vennero lasciate all’Italia.

Nel 1950, venne messo in disarmo per essere sottoposto a lavori di ricostruzione come cacciatorpediniere e, ribattezzato San Giorgio, al termine dei lavori nel 1955 rientrò in servizio nella Marina Militare Italiana, formando con il gemello San Marco la classe “San Giorgio”.

Sottoposto nuovamente a lavori di modifica dal 1963 al 1965, il San Giorgio venne trasformato in nave scuola per gli allievi dell’Accademia Navale di Livorno, prestando servizio fino al 1980, anno in cui venne posto in disarmo.

3) Scipione Africano, entrato in servizio nel marzo del 1943, dedicandosi ad esercitazioni in alto mare.

Durante un trasferimento da Taranto a Napoli, nello stretto di Messina, nella notte del 16 luglio 1943, affrontò uno scontro con quattro motosiluranti inglesi, affondando la MTB-316 e danneggiandone seriamente un’altra.

Dopo l’invasione della Sicilia lo Scipione ebbe il compito di seminare mine nel mare Adriatico. All’armistizio dell’8 settembre 1943 venne fatto uscire dal porto di Taranto in direzione di Trieste. Durante la navigazione fu svelato all’equipaggio che l’incrociatore era in navigazione per effettuare una missione pericolosissima. Al largo di Pescara l’unità andò ad incrociare la corvetta Baionetta che trasbordava il re Vittorio Emanuele III e la sua corte, in fuga da Roma.

Dopo questa missione sotto il comando autonomo italiano, lo Scipione rientrò a Brindisi.

In seguito l’incrociatore passò sotto il comando alleato e la sua missione principale fu quella di trasportare truppe da una parte all’altra del Mediterraneo, soprattutto nella tratta Taranto-Malta-Alessandria d’Egitto.

Nel dopoguerra, in base al trattato di pace, lo Scipione Africano fu tra le unità che l’Italia dovette mettere a disposizione come riparazione per danni di guerra e il 9 agosto 1948, venne ceduto alla Francia insieme al Regolo. L’unità venne ribattezzata Guichen e riclassificata cacciatorpediniere, ebbe assegnata la matricola D 607. Posto in disarmo il primo aprile 1961, venne radiato nel giugno 1976 e demolito nel 1979.

4) Giulio Germanico, la nave, l’8 settembre 1943 era praticamente pronta a Castellammare di Stabia, con l’equipaggio già a bordo e il capitano di corvetta Domenico Baffigo al comando (assunto il nell’aprile del 1941), assistendone al varo, avvenuto il 26 luglio dello stesso anno e curandone tutte le fasi dell’allestimento.

Gli eventi successivi all’armistizio furono particolarmente tragici per il Giulio Germanico. Gli ex alleati tedeschi, appresa la notizia dell’armistizio, reagirono immediatamente attuando l’operazione 'Achse', ovvero l’occupazione militare di tutta la penisola italiana. All’arrivo a Castellammare di Stabia le forze tedesche tentavano di occupare il porto ed il cantiere navale, dove si trovavano altre unità in avanzato stato di costruzione e costituivano un prezioso bottino. Domenico Baffigo assunse la difesa del cantiere, ed i marinai e i carabinieri accorsi in difesa delle strutture portuali respinsero tutti gli attacchi.

Dopo tre giorni di furiosi combattimenti, il comandante del Germanico fu invitato per una trattativa, ma venne invece catturato e fucilato dagli occupanti a Napoli l’11 settembre. L’unità cadde in mano ai tedeschi che l’autoaffondarono all’interno del porto di Castellammare di Stabia, il 28 settembre 1943, quando furono costretti ad abbandonare la città.

Al comandante Domenico Baffigo, il cui corpo non venne mai ritrovato, venne decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Nel dopoguerra il Giulio Germanico venne recuperato dai cantieri di Castellammare di Stabia e, a partire dal 1950, venne ricostruito come cacciatorpediniere.

Al termine della ricostruzione venne ribattezzato San Marco (foto), entrando in servizio nella Marina Militare Italiana all’inizio del 1956 con la matricola D 563. Il San Marco è stato messo in disarmo nel 1971.

Con una velocità massima di 39 nodi, il San Marco e il San Giorgio sono state tra le navi più veloci della Marina Militare Italiana, grazie a un apparato propulsivo da 110.000 HP, oltre il 50% più potente rispetto a quello degli incrociatori lanciamissili Vittorio Veneto, Andrea Doria e Caio Duilio.

Foto: Regia Marina / Marina Militare / U.S. Navy / web