I sottomarini portaerei giapponesi della seconda guerra mondiale: gli SSBN ante litteram

(di Tiziano Ciocchetti)
22/07/19

La Marina Imperiale Giapponese, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, riuscì a costruire un modello di sottomarino in grado di trasportare velivoli che, fino all’entrata in servizio, nel 1960, dei sottomarini a propulsione nucleare, rimasero i battelli più grandi mai costruiti, con un dislocamento pari a 6.600 tonnellate.

Da un punto di vista strategico, la classe I-400, può essere considerata come predecessore degli attuali SSBN.

Denominati I-400 erano stati progettati per effettuare il giro del globo senza rifornimento e condurre attacchi direttamente sul territorio americano.

Inizialmente il programma – impostato nel 1942 con l’appoggio dell’Ammiraglio Yamamoto - prevedeva la realizzazione di 18 esemplari, mentre i lavori di costruzione ebbero inizio nel 1943 ed il primo battello venne costruito negli arsenali navali di Kure a Hiroshima. Tuttavia i ritardi accumulati in seguito alla morte di Yamamoto, avvenuta il 18 aprile 1943, permisero la realizzazione di soli tre battelli (I-400 a Kure, I-401 e I-402 a Sasebo)

Potevano imbarcare tre velivoli Aichi M6A Seiran, specificatamente progettati per decollare dai sottomarini classe I-400, avevano un raggio operativo di 1.500 km ad una velocità di 555 km/h, ed erano in grado di trasportare un siluro aviolanciabile antinave oppure l’equivalente in peso di bombe per un massimo di 850 kg.

Inoltre la classe I-400 era armata con 8 tubi di lancio per siluri da 533 mm; un cannone navale da 140 mm; tre torri trinate con pezzi Type 96 da 25 mm e un pezzo singolo dello stesso modello. I battelli potevano raggiungere la velocità in superficie di 18 nodi, mentre in immersione scendeva a 6,5.

La strategia di Yamamoto consisteva nel riuscire - per mezzo della classe I-400 – a condurre attacchi lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, in modo tale da distogliere grandi quantitativi di uomini e mezzi, per proteggere il territorio americano, dalle operazioni contro i possedimenti giapponesi in Asia.

I battelli della classe I-400 erano poco maneggevoli e difficili da manovrare in fase di emersione a causa dei timoni troppo piccoli. Inoltre, data la sovrastruttura eccessivamente grande, un forte vento poteva portarli fuori rotta.

Nonostante i difetti di progettazione, la Marina Imperiale, visto il volgere della guerra a sfavore del Giappone, ideò un audace piano per attaccare il Canale di Panama, con lo scopo di bloccare i rifornimenti americani dall’Oceano Atlantico.

Le operazioni di ricognizione iniziarono nell’agosto del 1943, l’idea era di distruggere le chiuse del Canale, bloccando così il flusso delle navi verso il Pacifico. Ovviamente esistevano estese fortificazioni americane lungo entrambi i lati del Canale, per proteggerlo da eventuali attacchi nemici.

Il piano giapponese prevedeva i tre battelli classe I-400 si sarebbero fermati a circa 185 km a largo delle coste dell’Ecuador, e fatto decollare i Seiran senza galleggianti, volando ad una altitudine di 4.000 metri lungo la costa settentrionale della Colombia.

Con l’andamento sempre più disastroso della guerra per le Armi giapponesi, l’operazione veniva sempre più procrastinata, intanto si pensava ad una azione di kamikaze piuttosto che di bombardamento convenzionale.

Nonostante le esercitazioni andassero avanti per l’operazione contro il Canale, lo sbarco americano a Okinawa e la successiva caduta dell’isola costrinse la Marina Imperiale a modificare i suoi progetti contro il Canale per difendere il territorio metropolitano, in vista della sempre più probabile invasione alleata.

Un gruppo navale americano composto da 15 portaerei si era riunito nell’atollo di Ulithi, in preparazione dello sbarco nell’Arcipelago giapponese, quindi i sottomarini classe I-400 ricevettero l’ordine di attaccarle.

Il piano d’attacco prevedeva che i battelli I-400 e I-401, dopo essersi incontrati i un punto prestabilito, avrebbero lanciato i loro sei Seiran la notte del 17 agosto 1945 contro la formazione navale nemica. Ogni aereo avrebbe trasportato una bomba da 850 kg e, dopo un volo ad una quota di 50 metri sopra il livello del mare per sfuggire ai radar, si sarebbero dovuti schiantare sopra i ponti delle portaerei (inoltre gli aerei giapponesi erano dipinti con i colori americani per ingannare il nemico).

Il Giappone si arrese prima che venisse lanciato l’attacco, agli equipaggi dei sottomarini venne ordinato di distruggere tutte le armi a bordo. La Marina degli Stati Uniti recuperò tutti e tre i battelli della classe I-400 e li portò a Sasebo Bay per studiarli.

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