Accadde il 18 ottobre 1912: Cessa lo stato di guerra con la Turchia

18/10/14

una sala del Palace Hotel di Ouchy nei pressi di Losanna è firmato il trattato di pace fra Italia e Turchia. L’Italia ottiene la Tripolitania e la Cirenaica e dovrà restituire alla Turchia il Dodecaneso non appena le forze turche sgombreranno dai territori libici.

Poiché i turchi continueranno a mantenere dei presidi in Cirenaica, l’Italia continuerà ad occupare le isole dell’Egeo che diverranno possedimento italiano più tardi, col trattato di Losanna del 1923.

- Cessa lo stato di guerra con l’Impero ottomano per il personale della Regia Marina eccetto quello in terra di Tripolitania e Cirenaica.

Le perdite italiane assommarono complessivamente a 3451 morti (1483 in combattimento e 1948 per infermità) e 4221 feriti; le perdite turco-arabe furono stimate in circa 14.800 uomini. Le due navi ospedale Re d’Italia e Regina d’Italia nel corso della guerra ospedalizzarono e rimpatriarono 30.680 infermi (11.112 da parte del Re d’Italia - 9985 ammalati e 1127 feriti - e 14.568 da parte del Regina d’Italia) compiendo 55 viaggi (il Re d’Italia, 25) fra l’Italia, la Libia e l’Egeo.

I costi della guerra per la Marina furono calcolati in 157.900.019 lire suddivise fra i vari titoli di spesa, di cui i più alti erano rappresentati dai combustibili (21,76%), dalle riparazioni straordinarie alle unità (19,5%), dal noleggio e requisizione di 145 unità mercantili (13,3%), dal munizionamento (12,7%), dal personale (6,8%) e dall’acquisto di navi e galleggianti (5,7%); alti anche se fu difficile quantificarli con esattezza i costi generali complessivi: la cifra più vicina al vero è 1.700 milioni di lire.

Rilevanti le perdite di naviglio da guerra subite dalla Marina ottomana: 14 unità, tra cui una corazzata , un cacciatorpediniere e tre torpediniere.

La Regia Marina uscì logorata dalla guerra che aveva imposto ai mezzi navali, specie al naviglio leggero, un impiego con forte tasso d’attrito con conseguenze critiche sul materiale, in tempi ormai prossimi ad un nuovo e più logorante impegno bellico. Sul piano politico militare l’impresa finì con il costare una somma d’impegni, sacrifici, denaro e tempo molto superiore a quella preventivata, per ottenerne lo “scatolone di sabbia” (che una sorta di nemesi storica doveva rilevare pieno di petrolio), la Libia, come definita da Gaetano Salvemini.

Ma al di là delle consuete anche se comprensibili lamentazioni per un successo dimostratosi né facile né rapido, queste prove impreviste lasciarono nella psiche nazionale un’orma ancora più profonda di quella che ogni guerra, fortunata o sfortunata, bene oppure male condotta, in quanto prova collettiva di un popolo finisce per fare sedimentare in fondo alla sua anima; e diedero, all’estero e agli italiani, l’immagine di un’ “Italietta” attiva, dinamica, motivata da uno spirito di aggressività che, se è certo latente nella sua gente anche come spirito di autodifesa, veniva ora proiettato collettivamente sull’oltremare. Questa strana guerra bifronte aveva dunque mostrato un Paese capace d’imprese a largo raggio ed ancor più impegnative, se esso l’avesse ritenuto necessario: un concorrente perciò da tenere d’occhio da parte delle Potenze marittime occidentali le quali infatti da allora aprirono gli occhi per ricordarsene.

Il medagliere: due medaglie d’oro al valore militare (di cui una alla memoria), 62 medaglie d’argento al valore militare (di cui sei alla memoria) e 245 medaglie di bronzo al valore militare (di cui sei alla memoria); medaglia d’oro al valore militare alla bandiera delle Forze da Sbarco e medaglia d’oro al valore militare alle torpediniere d’alto mare della Squadriglia dei Dardanelli.

Fonte: Marina Militare