I 60 anni della Pattuglia Acrobatica Nazionale

(di Andrea Troncone)
21/09/21

Quando si compiono gli anni, solitamente è il festeggiato che riceve i regali, ma questa volta le parti si sono invertite: il compleanno della Pattuglia Acrobatica Nazionale “Frecce Tricolori” ci ha regalato 3 giornate di tregua e di sana (SANA sotto tutti i punti di vista, compreso quello della tutela da contagio) disintossicazione cerebrale dall’incessante, onnipresente dibattito in materia di “green pass” e nelle nostre orecchie è entrato solo il fragore di post-bruciatori e di motori.

Non è stato un semplice airshow, nel senso canonico del termine di festa dell’aria, bensì l’occasione per fare il punto (e per qualcuno prender coscienza) dei progressi operativi che la Forza Armata ha compiuto negli ultimi anni, presentando il tutto in modo altamente motivazionale.

Non è mancato, ovviamente, anche il momento per l’esibizione “scenica” tipico di ogni “airshow” offerto alcune pattuglie acrobatiche amiche che hanno voluto omaggiare i festeggiati: la Pattuglia acrobatica Orlik (Polonia), i “Midnight Hawk” (Finlandia), la “Patrulla Aguila” (Spagna) e la Patrouille Suisse (ovviamente Svizzera): la prima metà dell’esibizione è stata proprio questa. Si è sentita la mancanza, rispetto a precedenti anniversari, di pattuglie rappresentative di forze armate straniere, ma sarà già stata un’impresa titanica il metter su una manifestazione di questo calibro, con tutte le procedure di sicurezza addizionali richieste dalla situazione contemporane. E va detto che questa lacuna è stata ampiamente colmata con quanto si è visto nella seconda parte. Certamente le giornate “corte” di metà settembre, con certe inquietudini meteorologiche non è stata generosa nel premiare lo sforzo organizzativo fatto, ma in questa manifestazione abbiamo assistito a qualcosa di nuovo.

La seconda parte della giornata, infatti, è stata una grande occasione per vedere un assaggio di scenario operativo reale.

Una prima dimostrazione di “scramble” ha dato spettacolare dimostrazione della capacità di quel complesso dispositivo che, in pochi minuti, assicura il decollo dei caccia per intercettare e identificare qualunque traccia aerea sospetta rilevata dai radar: 2 Eurofigher hanno intercettato ed “assicurato al suolo” (mediante continuo monitoraggio dell’obiettivo con spettacolari circuitazioni a bassa quota) un elicottero HH-139.

Dimostrazione spettacolare, ma anche altamente tecnica, perché ha permesso di mostrare con quale sicurezza un velivolo bi-sonico possa intervenire fulmineamente e tenere sotto controllo anche obiettivi caratterizzati da velocità bassa, e soprattutto con quale disinvoltura e sicurezza questo intercettore possa tenere “alle corde” l’obiettivo, con manovre considerate pericolose per la controllabilità di altri velivoli.

In verità, già la presentazione dell’Eurofighter fatta dal Reparto Sperimentale dimostra questo ed altro, ma una simulazione come questa a cui abbiamo assistito rende esplicito il messaggio anche all’appassionato meno tecnico presente fra il pubblico.

La seconda dimostrazione aerotattica, può invece considerarsi una notevole implementazione di quanto introdotto nel 2019, all’epoca con i soli AMX.

È stata qui proposta la simulazione di un’operazione di salvataggio, ricerca e Soccorso in combattimento (CSAR) di equipaggi o personale oltre le linee nemiche. Simulazione che ha completamente sostituito, integrando con oggi assetto operativo, la consueta dimostrazione di recupero di un naufrago con cui si sono sempre aperte tutte le manifestazioni aeree.

C’erano contemporaneamente in volo (presentatisi al pubblico a più riprese secondo quanto di competenza per il proprio ruolo): 2 elicotteri HH-101, 2 AMX, 1 Tornado IT-ECR, 1 KC-767°, 2 Eurofigher ed 1 F35-A. Invisibile al pubblico, ma pur sempre in volo, quello che probabilmente è la cosa più complicata: la cabina di regia, cotituita da 1 MQ-1C “Predator A+” ed un Gulfstream “E-500 CAEW”.

Il primo ha dato prova della sua invisibile vigilanza con un collegamento delle proprie telecamere con i monitor del pubblico. Il secondo, invece, è apparso ad operazione conclusa, in silenziosa attesa del suo turno per il rifornimento in volo. Ma il CAEW con il suo straordinario sistema multi-sensore, ha fornito il “posto comando volante” dell’intera operazione, presiedendo a funzioni di sorveglianza aerea, contromisure elettroniche, e controllo e delle comunicazioni. Compito tutt’atro che semplice, quando si deve coordinare una così eterogena moltitudine di assetti aerotattici, ancor più nello scenario bellico reale.

Come detto, Predator e CAW erano praticamente invisibili, ma potevano essere visti con calma e da vicino nella mostra statica, insieme a tutti i mezzi in dotazione all’Aeronautica Militare ed anche ad alcuni altri gioielli di produzione nazionale, questa volta atti a sfrecciare su asfalto senza decollare e dal costo complessivo di qualche T345…!

Tornando alla simulazione dell’operazione aerotattica, due elicotteri HH-101 hanno “depositato” in un hovering parallelo di non semplice esecuzione (vista la classe di peso dell’elicottero), due squadre di incursori del 17° stormo nell’area monitorata dal Predator.

I 2 AMX qui a Rivolto erano dotati di pod da ricognzione, utile per ricognizione tattica ed aerocooperazione con le forze di superficie terrestri e navali ma è un velivolo che permette il necessario supporto ravvicinato (CAS, Close Air Support), mentre il ruolo del Tornado IT-ECR (Electronic Combat Reconnaissance) è ancora più “pesante”: quello della soppressione delle difese aeree avversarie.

Tutte queste operazioni di volo richiedono poi il supporto logistico delle aerocisterne, ma anche della protezione di intercettori ed ecco quindi il turno dei KC-767° e C-130 J per uno scopo, e dell’Eurofigher e l’F35-A per l’altro.

L’F-35 è in verità da solo un sistema d’arma di quinta generazione dotato di capacità operative tale da consentire lo svolgimento contemporaneo ed autonomo di tutte le missioni della dottrina aerotattica, grazie ai i suoi sistemi avionici integrati che forniscono al pilota un quadro completo dello spazio di battaglia, e l'uso di tecnologie atte alla bassa osservabilità. A dire il vero il suo rumore non passa esattamente inosservato ma in occasioni come queste è solo un vantaggio!

Un altro tipo di F35 (la versione B) ha dominato la scena in un successivo contesto, fermandosi a lungo in volo per salutare le autorità presenti (presidente della Repubblica, presidente del Senato, ministro e sottosegretario della Difesa, ma anche la è medaglia d’argento nel K1 200 metri dalla canoa velocità ai Giochi Olimpici di Tokyo, Manfredi Rizza) per poi compiere l’atterraggio in verticale, capacità che insieme al decollo corto (STOVL – Short Take Off Vertical Landing) fa la differenza con la versione A.

La sua presentazione ha fatto tornare alla memoria le presentazioni degli AV8-B della Marina, ma i due velivoli molto differenti, e il “gap tecnologico” che li separa è veramente grande. Restano accomunati unicamente dalla caratteristica di poter essere impiegati in contesti dove un velivolo da caccia non sarebbe altrimenti impiegabile, dopodiché il “35-B” è ancora un F35. È il suo impianto propulsivo, insieme ad i comandi di volo che si è dovuto adattare all’architettura del velivolo “convenzionale”, mentre per l’AV-8 B (evoluzione del più noto “Harrier”) è successo il contrario, essendo stato costruito “attorno” ad una turbo ventole a spinta multipla vettorabile.

Un’architettura che permetteva qualcosa in più nel volo stazionario o verticale, ma che penalizzava le prestazioni globali del velivolo rispetto all’F-35B per il quale vale la descrizione già fatta per l’F35-A.

L’”F35-B” dispone invece di un colossale motore dotato di cono di scarico orientabile all’occorrenza verso il basso, e di una ventola mossa dall’unico motore presente posta dietro al cockpit che bilancia la spinta veticale davanti al baricentro del velivolo.

Al vantaggio “operativo” di avere prestazioni e capacità impensabili per l’AV-8B, va aggiunto quello industriale di poter condividere sinergicamente la medesima piattaforma progettuale. Un vantaggio enorme, sotto ogni punto di vista.

La presentazione in volo dell’F-35 ha sicuramente catalizzato l’attenzione di ogni spettatore, ma non ha tolto certo interesse alle sempre magnifiche le presentazioni del Reparto Sperimentale di Pratica di Mare, che mostrando le qualità dei mezzi in dotazione alla nostra Aeronautica Militare, espone anche le capacità della nostra industria nazionale, che fa bene alle esportazioni.

Un momento “sentimentale” della manifestazione era in realtà avvenuto già nel passaggio fra la prima e la seconda parte della giornata: la “Formazione Legend”, che raggruppa i rappresentanti più significativi della gloriosa tradizione italiana nella formazione dei piloti, dal FIAT G46 fino al T346, ha ospitato l’unico esemplare volante di Aermacchi MB 326-K, velivolo mai avuto in forza all’Aeronautica Militare, ma esportato in tutto il mondo in centinaia di esemplari.

Ovviamente in quella formazione c’erano anche gli MB 339-A e MB339-C, ma il “339” più apprezzato della manifestazione non poteva che essere il festeggiato: quello delle Frecce Tricolori, nella magnifica livrea ideata da Mirco Pecorari.

Il designer ha commentato la sua idea di assegnare alla deriva di ogni aeroplano un richiamo ad una pattuglia storica precedente alla costituzione delle Frecce Tricolori: i “Lanceri Neri”, le “Tigri bianche”, i “Diavoli Rossi” i “Cavallini Rampanti” e i “Getti Tonanti”, spiegando anche il perché di quei cerchi olimpici modificati, già negli originali, nella livrea di questi ultimi, a indicare l’unione fra i piloti.

E proprio ai piloti dell’attuale formazione, è stato destinato lo scherzo di far trovare appena prima dell’evento, il proprio casco decorato per metà la consueta verniciatura, e per metà con la colorazione della pattuglia acrobatica “storica” assegnata alla deriva del proprio aeroplano.

Idea geniale e risultato magnifico!

Non resterebbe ora che parlare dei festeggiati, ma in tutta sincerità, cosa si può ancora aggiungere che non sia già stato detto più e più volte?

Sono sempre loro: cambiano i piloti, si dice da tempo che debbano anche cambiare l’aeroplano, ma l’eccellenza della qualità della loro esibizione e la capacità di inondare di orgoglio nazionalistico il cuore di ogni italiano resta immutato da 60 anni.

Foto: Giuseppe Lodi / autore