Tecnologia occidentale nei missili russi?

(di Fabrizio Minniti)
16/08/22

Si sapeva che lo spionaggio industriale e tecnologico (S&T) sovietico, e poi russo, non si fosse mai veramente fermato. Ma nessuno aveva immaginato quanto e fino a che punto.

I debiti alla tecnologia occidentale e americana sono immensi. È quanto mostra uno studio del Royal United Services Institute for Defence and Security, Silicone Lifeline (2022). Lo studio del RUSI, tra i cui autori ci sono James Byrne (direttore dell’Open-Source Intelligence and Analysis) e dr Jack Watling (Senior Research Fellow), è stato condiviso dalla BBC, Bloomberg e affiancato in esclusiva dalla Reuters. Il Team RUSI ha scrutinato 27 sistemi d’arma differenti trovandoci almeno 450 diversi tipi di componenti di fabbricazione estera (non russa).

La maggioranza di questi componenti sono di origine americana e specificamente di due delle maggiori aziende del settore dei microcircuiti e microcomponenti per calcolatori di precisione (tra cui Texas Instruments, Analog Devices e Xilinx). Le aziende di cui i Russi si “servono” illecitamente per raggiungere le qualità e quantità richieste per produrre sistemi missilistici locali (poi rivenduti anche a potenze straniere) sono le migliori in termini assoluti del mercato dei microcircuiti. Almeno 55 sono le aziende europee di cui si è trovato traccia nei sistemi d’arma russi ispezionati, tra cui l’Olanda (SNXP Semicodunctors) e la Svizzera (con l’Italo-Francese STMicroelectronics) sono le principali seguite dalla Germania, Francia e Regno Unito. Sono stati trovati anche componenti provenienti da aziende asiatiche come Giappone, Taiwan, e Sud Corea. Cina e Singapore pure hanno un ruolo fondamentale nella produzione di tali tecnologie strategiche per i sistemi d’arma.

Lo studio evidenzia, infatti, la dimensione della dipendenza della tecnologia del settore da parte della Russia, che ancora non riesce a produrre microchip di pari qualità o, comunque, non in quantità sufficienti a garantire un prolungato sforzo bellico per quanto riguarda le munizioni ad alta precisione sia di missili da crociera di tipo Kalibr, Kh-101 e Iskander 9M727 (foto). Questo “mercato” del microcircuito occidentale di preferenza U.S. è legale? Naturalmente non lo è.

Il RUSI evidenzia come degli oltre 450 componenti, più di 80 differenti tipologie degli stessi sono soggetti a controlli di esportazione da parte americana con specifici codici ECCN e ancora di più sotto il codice EAR99. Gli autori, infatti, sostengono che questa non sia una novità anche solo nel senso di una sistematica attività russa di evasione dei controlli alle esportazioni di tecnologia critica.

Nulla di nuovo sotto il sole, vien da pensare, giacché il sistema di spionaggio industriale e tecnologico di Mosca si fonda su una permanente attività del FSB per i direttorati S e T, tra i più importanti dell’intero bureau e composti da eccezionalmente qualificati agenti di intelligence. Ma naturalmente questo non può non essere un serio problema specialmente oggi in cui l’invasione russa dell’Ucraina pone delle domane alle quali bisogna pur dare delle risposte.

Lo studio sostiene che la Russia ha speso importanti quantità di munizioni ad alta precisione con sistemi assemblati con la tecnologia che Mosca stessa non è in grado di produrre ma è capace di rivendere (creando qualche imbarazzo), rimane il fatto che questa, paradossalmente, sia una carta da giocare da parte delle potenze coinvolte nel sostegno, politico e/o militare, a Kyiv.

Lo studio del RUSI suggerisce di iniziare dai network di exploitation russa che forse sono correlati ai paesi da cui queste tecnologie arrivano infine in Russia: Cina, USA, Malaysia, Germania, Taiwan e Hong Kong (SAR), Tailandia, Regno Unito, Filippine e Finlandia. Esiste una certa correlazione tra i paesi produttori e i canali attraverso cui la Russia perviene ai semiconduttori e alla microelettronica ma molte e curiose sono le strade per Mosca (come suggeriscono la Tailandia e le Filippine che non hanno una storica produzione di simili tecnologie ad alta precisione sia nella scienza dei materiali che nella manifattura). Rimane però chiara la duplice dipendenza sia della produzione sia del mercato occidentale (sebbene la maggior parte delle migliaia di esportazioni arrivi dalla Cina (147,260), gli USA rimangono anche in questo senso estremamente vicini (141,672), p. 49). USA, Germania, Regno Unito, Giappone, Taiwan, ecc., insomma, ce n’è per tutti. E per l’Italia?

Una delle principali aziende di produzione di microcircuiti e semiconduttori è la Italo-Francese STMicroelectronics di sede in Svizzera (Ginevra), un altro dei paesi in cui prima l’URSS e poi la Russia mantengono un sistematico e costante apparato di intelligence economica e industriale. Della STMicroelectronics si trovano microcontrollori presenti in UAV russi tra cui l’Orlan-10, E95M, Eleron-3SV e il KUB-BLA.

Lo studio mostra come la capacità russa di aggirare i controlli internazionali nell’export di tecnologia strategica sia di lunga durata e costante, ma anche suscettibile di operazioni di contro intelligence. Infatti, se i russi devono sfruttare network, aziende sotto copertura, apparati di supporto, ecc., significa che se appropriatamente protette, l’invio di know how e tecnologie per sistemi d’arma in Russia può essere bloccato.

Secondo il RUSI, un diverso approccio dei dipartimenti e delle agenzie di intelligence coinvolti nel controllo dell’export strategico può significativamente diminuire la capacità di Mosca di operare con armamenti ad alta precisione, così importanti sin dal principio del conflitto dove la Russia ha dimostrato di non disporre di significativa air-dominance.

Foto: MoD Federazione Russa