Mezzi logistico-militari, l'Italia fa scuola anche in una Tunisia sulla via della democratizzazione?

(di Gianluca Celentano)
14/05/20

Dalla caduta di Ben Alì nel 2011 la politica tunisina sta facendo un ammirevole sforzo per garantire al paese un processo di democratizzazione condiviso dalla popolazione. Purtroppo, nonostante la volontà del neo presidente Kais Saied di rilanciare e modernizzare uno stato con una costa strategica, anche per la vicinanza con la Libia, per il commercio e per l’aspetto militare il problema principale è l’enorme crisi economica che la Tunisia sta attraversando.

È l’industria legata principalmente alle miniere di fosfato, come mi racconta Giovanni, un giornalista che da qualche tempo vive ad Hammamet, a trainare parte dell’economia del paese, oltre a qualche multinazionale - oggi in crisi - e a qualche giacimento di petrolio e gasdotto. Per questo motivo e per l’importanza dei rapporti diplomatici che questo paese intrattiene, l’economia tunisina viene sostenuta in buona parte da aiuti provenienti dalla Francia e da altri stati europei. La stessa Italia, così come Germania e Francia, rappresentano importanti partner commerciali di questo paese in quanto il delicato rapporto geopolitico tra Tunisia ed Europa ha lo scopo di non isolare i paesi islamici con nascenti stabilità interne.

Ai suoi tempi, lo stesso Berlusconi seguendo un concetto di democratizzazione in terra islamica, era riuscito a creare investimenti interessanti anche per l’Italia, ma poi sapete meglio di me come è andata a finire.

È da ricordare il meeting di una delegazione militare tunisina, ricevuta dal generale Faraglia nell’ottobre 2019 presso la Scuola di Fanteria di Cesano, alla quale era stato illustrato il metodo italiano per le attività addestrative e formative.

Un cambiamento anche nei mezzi tattici e logistici

A tal proposito ci è giunta una notizia ufficiosa che ritengo rientri negli accordi di cooperazione tra Italia e Tunisia (non dimentichiamo che la UE nel 2017 intendeva portare a 300 milioni di euro i fondi per sostenere le riforme e quindi lo sviluppo del paese).

L’indiscrezione fa riferimento alla modernizzazione dei mezzi tattico-logistici militari attraverso la sostituzione degli obsoleti M939, M49 e M35A2 (foto apertura) di fabbricazione americana con 80 autocarri Iveco a cui potrebbero aggiungersi in opzione ulteriori lotti.

I Guerrieri TRAKKER e EUROCARGO

Due nomi e due tipologie che non hanno bisogno di presentazioni, li abbiamo già conosciuti, provati e sono all’apice per la qualità nelle situazioni di lavoro più impegnative offrendo un indovinato incrocio tra prestazioni - potenza, coppia, velocità - maneggevolezza e robustezza. Insomma mezzi con un livello di forza equiparabile ai più costosi e raffinati Mercedes, che reggono senza problemi il confronto con i loro analoghi militari ACTL e VTMM, ma anche con una bella macchina come l’MMW1 rimasta nell’ombra.

Gli autocarri in questione per la Tunisia sono dei Trakker 6x6 da 380 cv ed Eurocargo 4x4 da 280 cv in conformazioni logistiche. I motori per il 6x6 sono i Cursor 6 cilindri, mentre Eurocargo equipaggia il Tector sempre a 6 cilindri, prodotti in America latina. Può essere interessante, sempre se avete seguito la spedizione del programma TV Overland patrocinata da UNICEF, sapere che tra i mezzi partiti in gennaio 2010 per la 12° edizione alla volta dell’Africa, c’era proprio un Trakker 6x6 AD380T45W prodotto dallo stabilimento di Madrid e adibito a officina mobile e assistenza.

Pro e contro: per la tipologia d’impiego logistico e da cantiere Iveco Astra ha pochi concorrenti, mentre ne ha parecchi, ma è una scelta, per il trasporto pesante su strada. Tuttavia a parte i cruscotti, almeno nelle versioni civili, gli utilizzatori segnalano lucine di allarmi cancellabili il più delle volte con un reset batterie e scarsa praticità dello splitter (che Iveco chiama “servoshift”) del cambio ZF Eurocargo rispetto al tradizionale schiaffo equipaggiato sulle versioni precedenti. Perché l’ha eliminato? Forse la risposta potrebbe già esserci se pensiamo alla propensione verso una futura diffusione dei robotizzati sui pesanti.

È bene sottolineare che la linea Eurocargo riservata alla difesa, ha in realtà un feedback positivo sia nell’elettronica (sistema Can-bus) sia nella trasmissione. Le versioni militarizzate e rivisitate, molte delle quali in servizio nella Bundeswehr, possiedono interessanti caratteristiche di guado, una condizione che sta producendo un graduale avvicendamento con i precendenti UNIMOG.

Oltre alla botola sul tetto, è previsto un terzo militare sul sedile posteriore e, sempre analizzando Eurocargo, a Eurosatory2018 è stato presentata la versione da 15 tonnellate di portata e 300 cavalli. Alla sua presentazione a Parigi, il dottor Casilli di IDV, ha citato l’opzione della trasmissione automatica con convertitore (non un robotizzato) in alternativa al sistema manuale ZF.

Veterani pensionati di tutto rispetto

Se Iveco porterà il cambio a un’aliquota dei mezzi logistici, a essere eliminati saranno delle icone storiche della United States Armed Forces, che già prima di noi abbracciavano il concetto della piattaforma unica per i diversi modelli. Nonostante una linea alta essenziale ma soprattutto massiccia e imponente, gli M939 e tutte le sue derivazioni possedevano innovative soluzioni per l’uso estremo del mezzo, tra cui i propulsori pluricarburante.

A colpirmi maggiormente è l’introduzione nella versione M809 (1970) di un sistema di ripartizione della coppia Rockwell che trasferiva all’asse anteriore la motricità appena uno dei due assi posteriori slittava. Un sistema che poteva inserirsi anche manualmente trasferendo la 50% la coppia come un vero off road. Costruiti dalla AM, American Motors Corporation e motorizzati con motori diesel a 6 cilindri Cummins da 14 litri, sono stati l’icona del trasporto tattico-logistico della USAF, ma anche di moltissime altre forze armate considerando le unità prodotte e le successive cessioni. Esteticamente sono caratterizzati dall’ inconfondibile volume anteriore per l’alloggiamento motore che li soprannomina musoni, adatti soprattutto dove lo spazio non è un problema.

Anche da noi presso OM, prese vita il 6600 conosciuto come ACP 56 (foto) costruito su licenza USA su variante del M139 e in dotazione prevalentemente al genio Pontieri di Piacenza. Oltre all’adozione di un cambio manuale sincronizzato Dana-Spicer modello 6453 a 5 marce più ridotte, molti in uso all’esercito americano erano equipaggiati con trasmissione automatica Allison a cinque marce seppur il convertitore di coppia era sprovvisto di frizione d’esclusione. Un particolare importante, soprattutto sui pesanti e inserito, che io ricordi, per la prima volta nel campo automobilistico su Porsche e BMW a fine anni ‘80.

Molti componenti meccanici, grazie a una sorta di uniformità, potevano essere intercambiabili sulle sue varianti anche precedenti al ’70, considerando che la poca elettronica a 24 volt che accompagnava la robusta meccanica era deputata esclusivamente a illuminazione, strumenti e avviamento. Lo spegnimento avveniva chiudendo manualmente la pompa d’iniezione mediante un pomolo da tirare dal posto guida.

M35A2

Costruiti per durare, questa era la prerogativa principale. Un concetto, l’analogia è spontanea, che lo stesso ex blocco dell’Est, con Tatra e Kamaz ha mantenuto inalterato sinora con la sua produzione di trucks.

Comunemente chiamato Deuce M35 da 2½ ptt è un 6x6 medio come capacità di carico con diverse varianti, A1, A2, A3, così come le sue configurazioni. Il progetto è del ‘44 e riprende concetti del precedente CCKW Jimmy del ‘40.

L'M34 possiede 3 assi e 6 ruote singole con tandem posteriore come la maggioranza della gamma tattica del periodo, tuttavia gli autocarri di classe maggiore come ptt, adottavano ruote gemellate o singole ma di diametro maggiore come l’M939, chiaramente più alto. Aggiungerei che l’opzione del motore posto anteriormente alla cabina, potrebbe abbassare la linea di cintura del mezzo (aumentando la stabilità) essendo il posto guida arretrato e non sovrastante al motore, tuttavia il diametro pneumatici, la conformazione del telaio e degli organi di connessione agli assi, creavano ugualmente un ampio angolo di dosso, particolare di non poco conto nel fuoristrada. L’impianto frenante era misto, con attivazione idraulica e azione sui tamburi pneumatica e una trasmissione 6x6 inseribile sull’asse anteriore.

Dalla ricerca effettuata, l’M49A2C è una variante della serie 35A munito di cisterna, mentre il restante della gamma era attrezzata con un semplice pianale trasporto truppa e con allestimenti logistici o sanitari.

Ancora valorizzati

Nonostante i concetti superati questa tipologia di mezzi inarrestabili sono in buona parte ancora ricercati senza troppa difficoltà sul mercato del collezionismo o per i lavori nei campi. L’unico neo, oltre allo scarso comfort, sono i consumi e non è difficile pensare che la Tunisia darà a questi storici veterani un destino diverso dalla sfasciacarrozze.

Il ricordo di questa tipologia di mezzi “analogici” va a ACM80 e 90, ma anche al simpatico VM90.

Foto: web / Esercito Italiano / IDV